Recensione su L'intervallo

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14 Dicembre 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un ragazzo-vendigranite è costretto dai camorristi del quartiere a fare la guardia per un giorno intero a una ragazza, Veronica, che ha non si sa quale colpa. La prigione, in cui entrambi e il film sono rinchiusi, è una roba che credo fosse un enorme ospedale abbandonato e decadente. Per gran parte del film i personaggi si muovono da soli tra le macerie dell’edificio, confrontandosi e raccontando pezzi di se stessi. Alla fine della giornata la ragazza china la testa davanti al boss locale (no, non nel senso che gli fa un pompino), e tutto ritorna nell’ordine prestabilito.

L’intervallo del titolo è il tempo sospeso che i due trascorrono insieme, che diventa un lungo momento speciale in cui le miserie della vita quotidiana perdono significato e i due giovani protagonisti passano dalla favola, al racconto, al gioco, alla confessione, a tutto quello che dovrebbe essere proprio di una giovinezza spensierata e che invece si capisce è loro negata dalla povertà in cui si trovano a vivere. L’ospedale diventa foresta da esplorare, mare da percorrere e ostacolo da superare, dove tutto sembra possibile. Poi si ritorna alla realtà ed è quella che ti fotte e ti mette i piedi in un bidone di cemento e ti lascia lì. Prova a muoverti ora, se riesci.

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