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L'intervallo

/ 20127.021 voti

Qualcosa sta cambiando… / 2 Marzo 2013 in L'intervallo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dopo Gomorra di Garrone, l’attività di denuncia relativa agli ambienti camorristici, ha preso piede nel cinema napoletano. Sarà un caso però, che nessuno dei suddetti registi proviene dal contesto della Napoli usurpata e stuprata? Ho avuto il piacere di incontrare ad un cineforum sia Di Costanzo, che i due giovani attori Alessio e Francesca: il primo proveniente dall’isola di Ischia, e gli altri due residenti ai Quartieri spagnoli di Napoli. Come questi mondi così distanti (non geograficamente, chiaro!) siano riusciti ad unirsi, lo sa solo Dio. Fatto sta, che mescolando realtà diverse (come già abbiamo visto succedere in Gomorra) si riesce “facilmente” a creare un manifesto di denuncia verso la società che Napoli fa finta di non vedere. Sì, perché il nuovo cinema di denuncia napoletano ha personaggi che ricordano vagamente i “Vinti” creati dal Verga, e come tali essi sono obbligati a subire le decisioni e le leggi di un disegno nettamente più grande.
Veronica è costretta ad abbandonare colui con cui stringeva una giovanile e tenera relazione, magari neanche tale, forse solo una semplice “ammoccata”, come si dice qui. Ma, ai signorotti manzoniani della città, tanto basta. Perché la città non è di persone come Salvatore e Veronica, non più. La città, è di chi ha la forza di prendersela. Ma forse, ben presto, tutto questo cambierà.

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14 Dicembre 2012 in L'intervallo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un ragazzo-vendigranite è costretto dai camorristi del quartiere a fare la guardia per un giorno intero a una ragazza, Veronica, che ha non si sa quale colpa. La prigione, in cui entrambi e il film sono rinchiusi, è una roba che credo fosse un enorme ospedale abbandonato e decadente. Per gran parte del film i personaggi si muovono da soli tra le macerie dell’edificio, confrontandosi e raccontando pezzi di se stessi. Alla fine della giornata la ragazza china la testa davanti al boss locale (no, non nel senso che gli fa un pompino), e tutto ritorna nell’ordine prestabilito.

L’intervallo del titolo è il tempo sospeso che i due trascorrono insieme, che diventa un lungo momento speciale in cui le miserie della vita quotidiana perdono significato e i due giovani protagonisti passano dalla favola, al racconto, al gioco, alla confessione, a tutto quello che dovrebbe essere proprio di una giovinezza spensierata e che invece si capisce è loro negata dalla povertà in cui si trovano a vivere. L’ospedale diventa foresta da esplorare, mare da percorrere e ostacolo da superare, dove tutto sembra possibile. Poi si ritorna alla realtà ed è quella che ti fotte e ti mette i piedi in un bidone di cemento e ti lascia lì. Prova a muoverti ora, se riesci.

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