Recensione su ParaNorman

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21 Ottobre 2012

Premessa: sostengo con fervore l’assunto per cui i film di animazione non sono necessariamente destinati ai bambini. Perlomeno, non a tutti. Quindi, prego i genitori che amano andare in sala coi loro bambini (ottima abitudine! 😉 ) di non dare per scontato che i cartoni animati siano tutti adatti al loro pargolo, anche se sono iper-colorati e “ci sono i mostri che piacciono a lui”.

ParaNorman è un ottimo prodotto realizzato in stop-motion che ha per protagonisti dei ragazzini, ma non è assolutamente adatto agli under 10: si tratta di un lungometraggio evocativo e complesso, sia dal punto visivo che narrativo, che richiede un animo poco impressionabile ed una serie di conoscenze “base”, sia letterarie che cinematografiche. E, ovviamente, richiede che lo spettatore sia in grado di scindere in maniera elementare finzione e realtà.

Detto questo, ritengo che ParaNorman sia una bella pellicola: divertente, intrigante, interessante, sia per contenuti che per risultati formali.
Mi ha ricordato tantissime cose: solo per citarne alcune, dall’ovvio Il sesto senso di Shyamalan a The Ring, da I Goonies a tutte le serie animate di Scooby Doo, passando per la letteratura gotica americana di Washington Irving, per esempio, ed alcune storie di Elizabeth Gaskell dedicate alle streghe-bambine di tradizione puritana.

Il film, però, non si risolve in uno sterile citazionismo: il tema della diversità e dell’affermazione di sé vengono riletti con sensibilità e tatto. Vi confesso che, mentre Norman affermava sconsolato: “E’ il mio papà. Non dovrebbe avere paura di me”, mi è venuto un groppo in gola.

L’artificio narrativo che prevede il tema del paranormale al centro del racconto cela la paura che troppi bambini hanno quando temono di non essere accettati dalla comunità di cui fanno parte per via di qualche personale peculiarità: la cruenta punizione inflitta alla piccola Agatha e l’isolamento in cui sono confinati Norman e lo strambo zio sono il simbolo della repressione che la società (rappresentata da una cittadina composta da personaggi assai mediocri) infligge ai “diversi”.

Bel commento musicale, originale, mai invasivo, e nota di merito per la scelta di Little Ghost dei White Stripes sui bei titoli di coda.

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