Recensione su Un giorno di pioggia a New York

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Insisto: meglio l’Allen di oggi. / 9 Dicembre 2019 in Un giorno di pioggia a New York

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Io continuo a dirlo: l’Allen degli ultimi anni mi piace di più dell’Allen del passato. Sarà che il suo isterismo patologico degli anni d’oro, con il quale con tanta sapienza è sempre riuscito a disegnare parabole grottesche, oggi si stempera con qualcosa che assomiglia molto al bello di vivere, o sarà che di cinismo ne posso assorbire ben poco alla volta, a me sembra che i film degli ultimi anni abbiano meno di dichiarato e molto più di celato, sottinteso o velato, e che questa cosa abbia appunto a che fare con la bellezza delle relazioni umane. Il modo che ha di dipingere le varie città in cui si imbatte (New York questa volta) è tanto parziale quanto piacevole. In quest’ultimo film Allen compone un quadro umano caotico in potenza, semplice nella risoluzione. Il contrasto tra ciò che poteva essere e ciò che è stato entusiasma, e in tutto questo un protagonista pittoresco colora il mondo di dettagli poetici, romantici. Una cosa, forse, e non poco importante, avrei fatto diversamente dal regista: l’ultima sequenza, il lieto fine, stavolta l’avrei sospeso, evitato, perché quel prefinale sulla carrozza dolce-amaro, quel disvelamento del trucco dell’amore che rovinava il lieto fine ma sapeva tanto di realtà.. ecco, secondo me sarebbe stato meno dolce ma più intenso.

11 commenti

  1. Stefania / 10 Dicembre 2019

    A proposito del finale, secondo me è uno dei passi falsi maggiori di questo film che, pure, ho trovato gradevole. Il mood generale è romantico, ma, come dici anche tu, l’amaro della scena della carrozza, sarebbe stato un epilogo ideale. è proprio questo che rimprovero a questo Allen: la ricerca della comfort zone. In questo film, Allen non ha osato niente, non ha provato a “inventare” niente, a partire dal plot.

    • Joel / 10 Dicembre 2019

      Condivido con te, come ho scritto, la critica sul finale. Condivido anche la questione sulla comfort zone, ma al contrario di te ne do un’accezione positiva, data anche l’età del regista. è come se ormai ciò che di innovativo poteva dare al cinema l’avesse già dato, e ora si dedicasse a “dipingere” quadri molto più umili. Solo che questa “rassegnazione alla comfort zone” la trovo ricca di una tranquillità che gli permette di creare parabole umane tangibili e delicate (oltre alle varie dediche d’amore a città e stili musicali), cosa che nei “vecchi film” non faceva, ossessionato com’era dalle idiosincrasie e le psicopatologie della vita quotidiana newyorkese.

      • Stefania / 10 Dicembre 2019

        Ho notato anch’io che Allen è più “tranquillo” e, in realtà, non mi dispiace. Cioè, l’ora e mezza passata al cinema è stata piacevole, mi sono divertita, è quello di cui ho bisogno quando entro in sala 🙂 Ma mi aspetto sempre un Basta che funzioni (perché, in effetti, ho bisogno anche di “quel” cinismo alleniano) o di un Irrational Man (cioè, di un Allen che, pur pasticciando un po’, sappia anche spiazzarmi). Aspetto il prossimo 😉

  2. Riccardo Armonti / 20 Dicembre 2019

    Condivido il disappunto già snocciolato da voi per quanto riguarda il finale. Questo piccolo grande sbaglio di sceneggiatura mi ha fatto ricordare quanto ho amato il precedente [i]Wonder Wheel[/i] (film che si meriterebbe un riscatto bello e buono) e il suo finale con quella Kate Winslet crucciata e afflitta, con lo sguardo basso e una leggera brezza che le scompiglia i capelli. Ma non importa, un film di Allen con New York come protagonsita è sempre un dono inestimabile. Woody, ti amo per sempre.

  3. Lebowski / 16 Gennaio 2020

    Se posso permettermi di dire una cosa che credo che Allen abbia già spiegato perchè mette finali “positivi” in Io e Annie, perchè almeno nell’arte prova ad arrivare alla perfezione

    • Joel / 16 Gennaio 2020

      Che ci sia un “perché” dei suoi finali positivi non lo metto in dubbio (in realtà non è sempre così nemmeno nei suoi film più recenti, ricordo finali più o meno agrodolci in La ruota delle meraviglie, Café Society, Blue Jasmine, Irrational Man e Match Point), ma critico proprio questa scelta. Volendo, potrei criticare anche l’associazione “lieto fine – perfezione”.

      • Lebowski / 16 Gennaio 2020

        quello che volevo dire che mi ha portato alla mente Io e Annie (che è metacinematografico)dove il personaggio di Allen Alvin singer non finisce positivamente la sua storia nella vita reale, e nel film che fa invece la fa finire positivamente dicendo almeno nell’arte punto alla perfezione, nel senso già la vita è misera racconto questa storia dolce

  4. Lebowski / 16 Gennaio 2020

    Per me invece, Allen fa sempre film gradevoli con qualche scivolone, ma quello degli anni passati si mangia quello odierno che ricade negli stessi meccanismi e stesse storie.

  5. Lebowski / 16 Gennaio 2020

    piccola postilla secondo me negli ultimi venti anni ha fatto due film molto cinici i più cinici della sua carriera : basta che funzioni e match point

    • Stefania / 17 Gennaio 2020

      @tylerdurder: infatti, personalmente, mi aspetto sempre di vedere ancora “qualcosa” come quei due film e… ciccia 🙂 (anche se Irrational Man, in qualche modo, ci si avvicina)

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