Recensione su The Hateful Eight

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Otto magnifici cattivoni, ma niente di più… / 4 Luglio 2016 in The Hateful Eight

The Hateful Eight è stato considerato da molti fan di Tarantino un film molto sottovalutato, specie alla notte degli oscar. Forse perché effettivamente il film non presenta una benché minima sbavatura stilistica o tecnica.
Il film ha una trama abbastanza semplice inizialmente, durante una tormenta di neve due cacciatori di taglie che si ritrovano a viaggiare insieme grazie a una lettera scritta da Lincoln, e si rifugiano nell’emporio di Minnie dove rimangono bloccati con gli altri ospiti. E con grande calma verranno fuori i vari risvolti e colpi di scena. Sinceramente mi aspettavo un opera più matura dal punto di vista registico. In Bastardi senza Gloria e in Django Tarantino aveva fatto dei passi non proprio perfetti, ma senz’altro innovativi. Questo film invece sembra una sintesi dei due. Popolato da magnifici cattivoni e rigorosamente western, è rinchiuso però tra quattro mura per dare vita a qualcosa che sarebbe dovuto essere davvero grandioso. Perlomeno per come me lo aspettavo io. Invece mi ha un po’ deluso, Forse è stato il fatto che ha suddiviso di nuovo la storia in capitoli, cosa che mi è sembrata superflua. Forse il fatto che ha inserito flashback come suo solito, ma senza lo stesso impatto che avevano prima. Forse perché ha fatto proprio quello che mi aspettavo fin dall’inizio dal film.
Sia chiaro non è che Tarantino faccia proprio quello che ci aspettiamo in questo film. E’ che fa quello che ci aspettiamo da Tarantino. Mentre di solito in ogni suo film Tarantino ci rifila roba che non ci aspettiamo e che non vogliamo, e per ripicca ce lo fa pure piacere. I film di Tarantino, i suoi dialoghi, le sue dinamiche, i suoi personaggi fuori dalle righe, sono film che in qualsiasi momento riguarderei, i suoi sono film da consumare. Mentre questo film è semplicemente meno consumabile. meno masticabile. Ottimo cinema, ma non memorabile.
Oltretutto mi ha molto deluso il personaggio scritto per Tim Roth, che sembrava una pallida imitazione del Christopher Waltz di Django.

P.S Non condivido affatto la scelta di girarlo in pellicola 70 mm, che secondo me per quanto sfavillante potesse essere come formato, non rendeva accessibile la visione a chiunque, e la limitava. Perché se il cinema è uno strumento per comunicare, ha l’obbligo di farlo nel linguaggio corrente, che in questo caso è il digitale. La nostalgia è controproducente. E’ come se adottassimo il sanscrito in letteratura solo perché ha degli idiomi carini.

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