Recensione su Escape from Tomorrow

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Escape from Tomorrow: non-luoghi e leggende metropolitane / 27 Marzo 2015 in Escape from Tomorrow

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni sparse)

Angoscioso e disturbante, il delirante film di Randy Moore sembra portare sul grande schermo gli assiomi della teoria dei non-luoghi di Augé che, riferiti in particolare a Disneyland, parlano di spazi apparentemente pianificati per il divertimento dei bambini, ma che, in realtà, sono stati pensati in ogni minimo dettaglio per una fruizione alienata da parte degli adulti.
È evidente fin dalle prime battute del film, infatti, che i due bambini protagonisti, a prescindere dalle proprie inclinazioni e caratteri (invero introversi e piagnucolosi), non sembrano divertirsi davvero, nonostante le fantastiche giostre a loro disposizione e la presenza dei personaggi dei loro cartoni animati preferiti: genitori e figli rappresentano coppie di “monadi galleggianti” da un’attrazione all’altra, spinte fuori dall’albergo solo perché il (presunto) divertimento è d’obbligo.

L’identità delle persone che si muovono come ospiti all’interno del parco è letteralmente azzerata dall’imperativo che fonda l’universo di Disneyworld, secondo cui, varcata la soglia, ogni pensiero legato al mondo reale deve essere abbandonato. Nelle ultime sequenze del film, viene mostrato esattamente l’istante in cui scocca questa “magia” e, alla luce di quanto si è appena visto nella pellicola, pare di assistere ad una mattanza cerebrale collettiva.

Complice un bianco e nero oppressivo e cupo che sottrae al parco di divertimenti qualsiasi barlume di poesia o di aura favolistica trasformandolo in uno spazio onirico essenzialmente pauroso, l’esperienza allucinata del protagonista coinvolge immediatamente lo spettatore, disorientato quanto colui che arranca in scena. Se il presupposto dell’architettura fisica e sensoriale del parco è quella di illudere chi lo attraversa di avere a che fare con una situazione monitorata, rassicurante in virtù della sua efficienza, il film mostra il lato oscuro di questa pianificazione estrema che, sottilmente, sottrae al fruitore qualsiasi scampolo di libertà.
I pensieri del protagonista, incapaci di fluire autonomamente, si incanalano in direzione di alcune ossessioni, come il sesso, o in comportamenti meccanici, come il consumo smodato di cibi e bevande o l’acquisto di gadget inutili.

La folla è onnipresente, ma -vista anche la tecnica corsara con cui sono state realizzate le riprese- è quantomai mera e soffocante tappezzeria in movimento.
Alcuno interagisce con qualcuno: ogni nucleo famigliare, pur esploso, si relaziona solo con i membri costituenti, quindi al proprio interno, generando con i componenti delle altre aggregazioni solo conflitti verbali e/o fisici.

La molteplicità di sottotrame create all’ombra della vicenda principale (la pandemia circoscritta al parco, la rapitrice di bambini seriale con un passato da figurante, l’esistenza di un reparto tecnico segreto, le principesse Disney impersonate da prostitute, ecc.) è un’impressionante sequela di leggende metropolitane che acuisce il senso di surrealtà della storia. Miti generati dalla paura che l’incontrollabile, teoricamente impensabile in un (non) luogo del genere, possa squarciare il velo di incoscienza indotta dei visitatori.

Sovviene, poi, un ultimo incongruente pensiero: e se, all’estremo, si trattasse “solo” degli ultimi guizzi dei neuroni del protagonista? La rapitrice seriale gli domanda se ha mai visto una testa decapitata e, forse non a caso, viene riproposta la sequenza iniziale del film in cui si vede uno dei treni del parco infilarsi in una galleria: viene inquadrata la testa bruna di un passeggero, forse il protagonista, poi si sente un rumore tra il metallico ed il sordo. La testa del passeggero ha battuto contro qualcosa? Le norme di sicurezza del parco non sono riuscite ad evitare un terribile e sanguinoso incidente?
Ciò che segue, quindi, è il sogno distorto di una testa mozzata?

4 commenti

  1. 42IsTheAnswer / 29 Marzo 2015

    Eccolo! Bella recensione ! 🙂

    • Stefania / 30 Marzo 2015

      @42istheanswer: mi è piaciuto! Cioè, mi è piaciuto nella misura in cui può piacere qualcosa di estremamente fastidioso.
      Senti, per caso, è venuto in mente anche a te che potrebbe trattarsi di un sogno? Anche la struttura circoscritta del luogo, mi ha fatto venire in mente la geografia di un incubo o di un videogame.

  2. 42IsTheAnswer / 31 Marzo 2015

    Ci starebbe, richiama un po’ a mullholand drive. E cioè, intendi che il sogno sia del [SPOILER] suo “ego” da magnate?[/SPOILER}

    • Stefania / 1 Aprile 2015

      @42istheanswer: non ho capito cosa intendi con “ego da magnate”. Diciamo che sono portata a supporre si tratti di un sogno elaborato dai suoi neuroni ancora in attività: potrebbe essere morto, entrato in coma, vallo a sapere…

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