Recensione su Nebraska

/ 20137.4295 voti

Voglia di tenerezza. / 28 Gennaio 2014 in Nebraska

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Sette stelline per un soffio)

Payne è un gran furbacchione.

Col pretesto di raccontare, attraverso una metafora toccante, l’attuale condizione incerta e nebulosa degli Stati Uniti fiaccati dalla crisi economica, il regista usa con competenza i più abietti cliché: 1) il vecchio bacucco (ovviamente, incompreso dai più) insopportabile nella realtà, ma empaticamente amabile sul grande schermo (la presenza fisica di un ottimo Bruce Dern, in questo senso, fa metà del lavoro) ; 2) cattivi, cattivoni e cattivelli che sbucano da ogni dove, soprattutto in seno alla famiglia, per infierire su un uomo che, durante la sua vita, tanto (e silenziosamente) ha dato e patito; 3) un figlio accomodante, santo subito, tanto buono da essere incapace di dimostrare di avere una vera personalità, anche quando, finalmente, abbatte un odioso e laido ciarpame d’uomo (Stacy Keach senza baffi!); 4) una madre petulante (anch’essa difficilmente tollerabile, in carne ed ossa), ma devota e sincera.

Le semplificazioni, qui, sono la cifra della sceneggiatura, eppure il film funziona e, da un certo punto in poi, ti artiglia allo stomaco e non ti molla fino alla fine: vorresti trovarti al posto del figlio (inde)fesso che tenta di comprendere un padre fino a quel momento alieno e sconosciuto, oppure, forse ancor meno realisticamente, vorresti correre fuori dalla sala, per “fare la pace” con i piccoli incubi famigliari, perché il sollievo e l’edificazione personale sono pur sempre bei palliativi.

Quindi, in questo senso, riconosco a quel ruffiano di Payne ottime capacità di sospendere adeguatamente la realtà.

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