Recensione su Anni felici

/ 20136.681 voti

Anticonvenzionale o convenzionale perché ormai tutto è anticonvenzionale? / 23 Ottobre 2013 in Anni felici

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La famiglia cinematografica di Luchetti è certamente tutto fuorché usuale e, tra un padre che si sforza di non esserlo perché sinonimo di “schifo”, una madre prigioniera di un rapporto che crede possa darle sicurezza -tentando a sua volta di imprigionare un marito di vedute troppo aperte quando si parla di lui, e troppo chiuse quando il soggetto è sua moglie- e due bambini quasi invisibili agli occhi di un genitore assente e di uno che, troppo presente, finisce per non capirli davvero, a mala pena si trova un equilibrio per andare avanti.

Una famiglia particolare in cui regnano sovrani l’insoddisfazione, il senso di mancata realizzazione di sé stessi -ognuno nei propri ruoli-, la voglia di provare il nuovo -per reale curiosità o perché portati a farlo-.
Una famiglia che ci fa storcere il naso e scuotere la testa, perché un marito che lavora con modelle nude, una moglie che si innamora di un’altra donna e l’accettazione di entrambi dei rispettivi tradimenti, due famiglie che hanno tutto fuorché sostegno per i rispettivi figli e due bambini che hanno come esempi quelli che i genitori incredibilmente danno loro… beh, questa non è normalità.
Ma cosa è davvero la normalità? C’è davvero qualcuno che ha vissuto o vive nella casa della mulino bianco?

“Erano anni felici, ma non ce ne siamo accorti”.
Allo stesso modo noi abbiamo assistito a tutto il film, ma fino alla fine non ci siamo accorti di quello che il regista voleva rendere protagonista: l’essersi reso finalmente visibile agli occhi dei genitori, per la prima volta. E ripropone la scena del tuffo in mare del bambino proprio per questo, perché prima non ci avremmo dato conto e sarebbe stata una scena come un’altra. Non avrebbe avuto lo stesso effetto illuminante.

E’ solo una famiglia insicura, che si adatta come può ai ruoli che la vita gli ha affidato, e comunque andranno le cose i suoi componenti non riusciranno mai ad essere totalmente certi di loro stessi e delle loro azioni.
Per questo, quando usciremo dalla sala, avremo quella strana sensazione di vuoto, come se mancasse qualcosa, come se non fossimo completamente realizzati. Perché: come il libro ci legge, come la poesia ci meraviglia, così il film ci ha guardati dentro, e ci ha trasmesso quello che le sue persone -perché non parliamo di personaggi, ma di vere persone- provavano.

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