La classe operaia va in paradiso

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La classe operaia va in paradiso

Ludovico Massa, detto Lulù, è il miglior operaio a cottimo del reparto della fabbrica in cui lavora: ha solo trentun anni, ma lavora da quindici, ha due famiglie da mantenere, ha avuto due intossicazioni da vernice, soffre d'ulcera e l'alienante vita della fabbrica condiziona pesantemente anche la sua vita privata. Dopo un infortunio abbastanza grave, la sua visione del lavoro cambia radicalmente.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: La classe operaia va in paradiso
Attori principali: Gian Maria Volonté, Mariangela Melato, Salvo Randone, Gino Pernice, Luigi Diberti, Mietta Albertini, Donato Castellaneta, Adriano Amidei Migliano, Guerrino Crivello, Ezio Marano, Giuseppe Fortis, Corrado Solari, Flavio Bucci, Luigi Uzzo, Federico Scrobogna, Nino Bignamini, Carla Mancini, Antonio Mangano, Lorenzo Magnolia, Alberto Fogliani, Orazio Stracuzzi, Marisa Rossi, Renzo Varallo, Eugenio Fatti, Renata Zamengo, Giacomo Concina, Vincenzo Martorana, Ennio Morricone, Sergio Negri, Gilberto Pagani, Massimo Patrone, Mauro Quaglia, Pucci Veronica, Mostra tutti

Regia: Elio Petri
Sceneggiatura/Autore: Elio Petri, Ugo Pirro
Colonna sonora: Ennio Morricone
Fotografia: Luigi Kuveiller
Costumi: Franco Carretti
Produttore: Ugo Tucci
Produzione: Italia
Genere: Drammatico
Durata: 113 minuti

Dove vedere in streaming La classe operaia va in paradiso

La classe operaia va in paradiso / 27 Luglio 2020 in La classe operaia va in paradiso

“La classe operaia va in Paradiso” è uno dei film più iconici degli anni ’70. Tutto in questa film si fa alienazione: alienazione sul posto di lavoro, sicuramente, nelle scene dove gli operai vengono trattati come delle macchine. Ma alienazione anche dalla vita, a causa di rapporti famigliari sempre più invasi dal Capitale. In tutto ciò la lotta tra l’idealismo studentesco(in realtà Petri descrive il fenomeno di quelli che noi oggi chiameremmo “Radical Chic) ed il sindacalismo sempre più colluso col potere.
Unico difetto del film è forse l’essere eccessivamente schierato, e ciò a volte va a cozzare con la narrazione degli eventi: ma in generale si tratta comunque di grande cinema.

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Ciò che non esiste più. / 7 Gennaio 2018 in La classe operaia va in paradiso

Alienato ed alienante.
Elio Petri divide il mondo della sinistra, raffigurando in modo “fotografico”il mondo operaio, immerso nella propria classe sociale e conteso fra sindacati, movimenti studenteschi e padroni.
Pur considerandolo un capolavoro, resta difficile per una persona nata nell’ultimo decennio del 20 secolo immedesimarmi a pieno nella coscienza di chi ha vissuto quei anni, sia da un lato che dall’altro.
Può però apprezzarsi la lungimiranza di Petri in alcuni tratti, specie per quanto concerne il ruolo dei sindacati (da Mani Pulite in poi, si scoprirà anche penalmente la complicità fra dirigenti sindacali e imprenditori).
Ahimè, ancora attuale la misoginia di alcuni uomini.

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20 Gennaio 2014 in La classe operaia va in paradiso

“Piange ciò che muta, anche per farsi migliore”. (Pier Paolo Pasolini)

Te lo do io il socialismo / 14 Novembre 2013 in La classe operaia va in paradiso

Il cinema di Petri non è cinema sociale alla Loach, non è il cinema socialista alla maniera di Bertolucci. E’ cupo realismo. Gli operai di Petri sono sballottati tra il parùn e i sindacati, sono una massa e contano solo in quanto “classe sociale”. L’amara solitudine del crumiro pentito Volonté è il premio per aver fatto un passo verso quei megafoni, un passo troppo deciso che mina il “comodo” contrappeso dell’unità sindacale. Petri viene perfino accusato di essere un reazionario, nella folle bolgia degli ideologismi, ma è stata una voce fuori dal coro e dalle barricate.
Quanto al cinema, quello “tecnico”; questo film vanta momenti indimenticabili, su tutti l’amplesso verista e goffo nella Seicento e il dialogo dentro le mura del manicomio tra il protagonista ed un vecchio ex-operaio internato, un magnifico Randone.
E’ un film urlato, rumoroso, spesso molto buio, con interni di vivida luce azzurrina catodica mentre si ode in sottofondo la mitica voce di Mike Bongiorno. I primi piani di Petri sono perfino invadenti, impietosi; c’è una ricercatezza scabrosa nei primi piani a Volonté, un rossore del volto butterato che conferisce aggressività alla recitazione sempre oltre le righe dell’attore. In altre occasioni, vedasi i film di Leone, non apprezzai questi isterismi ritenendoli eccessivi; qui invece rasenta la perfezione, col suo accento milanese e il suo bofonchiare un po’ pirlone, misantropo e misogino.

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Il Paradiso quando ? / 8 Gennaio 2013 in La classe operaia va in paradiso

http://www.youtube.com/watch?v=ZkF2ZMfiDvw

Il film è molto profondo, tratta dell’Italia operaia.
L’Italia capitalista e anticapitalista ,la società degli anni ”70, il mondo degli operai e di uno in particolare. il protagonista è Lulù , soddisfazione e orgoglio del suo capo. Egli vive per/con/di (la) fabbrica. Lulù Massa (Gian Maria Volontè ), è un lavoratore che ha passato più della metà della sua vita a lavorare in fabbrica. Ha soli 30 anni.
Sopporta i ritmi infernali del suo lavoro, è il campione del cottimo, con questo mantiene non una ma ben due famiglie, oltre a permettersi dei beni che gli altri si sognano.
Certo, arriva distrutto a casa la sera, si aliena di fronte al televisore ma è soddisfatto della sua posizione.. finché un incidente gli fa perdere un dito. Da superoperaio, il primo della fabbrica, instancabile produttore passa a supercontestatore.
Perde. Perde tutto, primo fra tutti, il posto di lavoro. Poi l’amante. Di male in peggio, Lulù aderisce a quelli che sono gli ideali degli studenti, più decisi rispetto al sindacato della fabbrica dove lavora. Ma viene abbandonato anche dagli studenti, (il suo è un caso individuale e non di ‘classe).
Si ritrova solo. Fra pazzia e l’ultimo barlume di lucidità, grazie al sindacato che gli fa riottenere il posto di lavoro, torna in fabbrica. E’ segnato. Ma tornando in fabbrica, siamo sicuri che Lulù va in Paradiso ?

Note del Don.
Adoro Petri, il quale dirige un bel film, fortemente critico. Purtroppo però le scene di delirio e di grida del protagonista, rendono la pellicola alquanto pesante.
Non è il tema a mio avviso a rendere la pellicola pesante ma proprio le scene di grida di Volontè.

DonMax

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