Recensione su The Place

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Però è copiato / 16 Novembre 2017 in The Place

Tante storie potenti e un concept originale, quello dell’ambientazione in un’unica stanza, che cerca di ripetere il successo di Perfetti sconosciuti ma non ci riesce, e che rischia di appesantire il film, facendo chiedere allo spettatore quando finirà quell’andirivieni di persone in una scena (quasi) sempre uguale. Il film andrebbe premiato anche solo per le verità che dischiude e per le riflessioni che provoca. Capisco anche la scelta di non rivelare nulla sul misterioso Uomo al tavolo – non è importante la sua storia, non è importante chi è né cosa sia quella sua agenda, i riflettori sono puntati sulla natura umana che emerge dalle storie. Però, c’è quel fatto che Genovese ha preso tutto da una serie uscita qualche anno fa, The booth at the end, che personalmente per me rovina (quasi) tutto. Mi sento un po’ presa in giro. Dopo averlo scoperto ho abbassato il voto da 8 a 7. Rimane comunque un ottimo film.

3 commenti

  1. Stefania / 16 Novembre 2017

    Per pura curiosità: perché ti senti presa in giro? 🙂 Ti succede la stessa cosa, quando al cinema o in tv vedi in scena l’adattamento di un libro o di un’opera teatrale?
    Forse, in questo caso, “ti fa strano” perché la traccia è già arrivata in altra forma sullo schermo?

  2. eleblack / 16 Novembre 2017

    Sì, adattare in un film un’opera disponibile in un’altra forma è diverso che adattare un format televisivo a uno cinematografico o viceversa. Ma non è quello il punto: di solito, il fatto che sia un adattamento viene ‘sbandierato ai quattro venti’. Secondo me qui si è giocato, probabilmente in maniera intenzionale, sul fatto che l’opera da cui è tratto il film non è molto conosciuta, e quindi si poteva far passare il film come un prodotto di Genovese. Non ho visto la serie in questione citata nei titoli di apertura, ma magari non l’ho notata io. In ogni caso, sono andata al cinema senza sapere che si trattava di un adattamento. Ho pensato che la bellissima cosa che ho visto fosse merito di Genovese e farina del suo sacco. Lo stesso Genovese dice di essersi ispirato, ma ne ha tratto molto più che un’ispirazione, da quello che ho potuto vedere guardando spezzoni della serie. Insomma, delusa perché pensavo di dover ringraziare lui per questo prodotto e invece diciamo che l’unica cosa per cui ringraziarlo è di averlo portato sugli schermi italiani, altrimenti non l’avremmo conosciuto. Meglio di niente.

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