8 Recensioni su

The Place

/ 20176.7229 voti

Voto 7,5 / 13 Dicembre 2020 in The Place

Mastandrea… una certezza!

Tutti a tavola / 28 Febbraio 2018 in The Place

Altro Genovese attorno alla tavola, stavolta c’è Mastrandrea lupus in fabula della girandola di inciuci, ma il dr.House de noi atri ne sa una più del diavolo appunto e si sa già al giro di boa purtroppo che melenso pezzo tirerà al volgere dei simpatici sketch e a rompere le uova nel paniere di un soggetto senza dubbio controverso che però non trova piena soddisfazione.

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Non vedevo l’ora che finisse.. / 5 Gennaio 2018 in The Place

La prima metà del film è godibile, ma la seconda parte è di una noia mortale.

La tana dei desideri / 27 Dicembre 2017 in The Place

“The Place”, il posto dei desideri, è l’ultima opera di Paolo Genovese che schiera in campo gli attori italiani più acclamati degli ultimi anni. Di sicuro è una sorpresa di genere, ma è da sottolineare che è stato scopiazzato dalla sconosciuta serie televisiva “The Booth at the End”, ma lasciando da parte le storie di copyright quest’opera è riuscita, con sforzo ma è riuscita. Il regista del successo “Perfetti Sconosciuti” sceglie per interpretare il volto principale della pellicola Valerio Mastandrea, perfetto nella parte del serafico “uomo” il quale gioca con le vite delle persone. Non mi spingo oltre a raccontare la vicenda del film, ma posso soltanto dire che questo film si spinge oltre, e gli interpreti ancora di più. La curiosità, l’angoscia, l’ossessione e l’amore sono i temi. Soltanto dieci personaggi sono il film. Ancora un grande incasso per il nostro Cinema.

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Un viaggio dentro se stessi / 19 Novembre 2017 in The Place

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Altra affermazione di Paolo Genovese, che dopo Perfetti sconosciuti porta al cinema un altro film degno di nota.
Cast pazzesco, interpretazioni straordinarie da parte di Mastandrea, Giallini, Papaleo e così via…
Film ambientato e completamente svolto in un semplice bar, sorretto unicamente dai dialoghi.
Sorgono molti dubbi dato che l’opera non ci serva di tante spiegazioni, va sicuramente interpretato, analizza la psiche dell’uomo, i suoi desideri e ciò che si è disposti a fare per raggiungerli.
Mastandrea seduto sempre nello stesso posto, nello stesso angolo a ogni ora, analizza i desideri che la gente espone e da un compito per far sì che si esaudiscano.
Ognuno alla fine trae le proprie conclusioni, arrivando a delle verità personali.
È come se Mastandrea fosse uno specchio della coscienza di ogni personaggio, e chiunque si sieda davanti a lui analizzi la propria interiorità, mettendosi alla prova, trovando i propri equilibri, arrivando forse a concepire una soddisfazione, una felicità personale.
Arriva però anche il momento dell’attore protagonista di fare la propria analisi di coscienza.
Facendo capire che anche lui, essere misterioso e forse entità superiore, ha comuqnue bisogno di un’analisi interiore.
Un viaggio dentro se stessi.
Il bar potrebbe benissimo essere la mente di ognuno, con cui confrontarsi.
9

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Però è copiato / 16 Novembre 2017 in The Place

Tante storie potenti e un concept originale, quello dell’ambientazione in un’unica stanza, che cerca di ripetere il successo di Perfetti sconosciuti ma non ci riesce, e che rischia di appesantire il film, facendo chiedere allo spettatore quando finirà quell’andirivieni di persone in una scena (quasi) sempre uguale. Il film andrebbe premiato anche solo per le verità che dischiude e per le riflessioni che provoca. Capisco anche la scelta di non rivelare nulla sul misterioso Uomo al tavolo – non è importante la sua storia, non è importante chi è né cosa sia quella sua agenda, i riflettori sono puntati sulla natura umana che emerge dalle storie. Però, c’è quel fatto che Genovese ha preso tutto da una serie uscita qualche anno fa, The booth at the end, che personalmente per me rovina (quasi) tutto. Mi sento un po’ presa in giro. Dopo averlo scoperto ho abbassato il voto da 8 a 7. Rimane comunque un ottimo film.

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“Sei in mostro…” “Diciamo che do da mangiare ai mostri…” / 13 Novembre 2017 in The Place

Un uomo seduto in un locale esaudisce i desideri della gente con un prezzo da pagare molto spesso troppo alto.
In sintesi questa è la trama di THE PLACE, il nuovo film di Paolo Genovese.
Partiamo dagli attori. Sono piacevolmente sorpreso per la ottima recitazione di Rocco Papaleo, attore che proprio non mi è mai piaciuto. E’ in questo film bravissimo. Una recitazione perfetta nel suo ruolo.
Menziono lui su tutti ma non certo gli altri sono stati da meno. Mastrandrea una certezza (anche se ormai rinchiuso in un personaggio troppo spesso ripetitivo in tutti i suoi film…), Giallini, la Ferilli, Muccino… Beh tutti molto bravi.
Il film…
La trama è sicuramente accattivante. Si svolge tutto nel locale, praticamente tutto dove sta il tavolo del protagonista.
Sono tutti mini-sketch che s’intrecciano tra loro ma non sempre. E questo aspetto non l’ho trovato molto piacevole, anzi anche fastidioso. Come se fossero tutte piccole mini puntate di quelle storie. Lo svolgimento tiene bene come anche le musiche.
Il finale ci porta verso diverse interpretazioni che però non mi dispiacciono molto. Il bello viene dopo, quando uscito dal cinema si apre un dibattito riguardo a come uno può aver interpretato il finale. Il lato mistico non ho gradito, non amo questo genere di argomento.
Le scelte che si fanno comportano inevitabilmente sempre delle conseguenze, negative o positive. A quale prezzo però? Spesso ti trovi a dover scegliere il male minore ma spesso mai ci si chiede: Ma questa mia azione fa bene a me (spero) ma agli altri? E qui il dilemma del film. Le richieste fatte dai protagonisti comportano delle azioni da parte di loro quasi estreme che mai avresti pensato. Eppure in certe situazioni non vedi oltre ma solo il tuo ipotetico benessere.
Molto psicologico e molto duro anche nelle scelte, oltre che di Mastrandrea anche degli altri.
Non un film da urlo ma sicuramente un piacevole film.
Consiglio la sua visione.
Ad maiora!

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Suggestivo / 13 Novembre 2017 in The Place

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Sei stelline e mezza)

Sono combattuta. Il soggetto è intrigante, ma alcune forzature narrative mi hanno fatto storcere il naso. In particolare, la voluta “incertezza” tra realismo e metafora non mi ha convinta granché.

Il concetto di libero arbitrio viene presentato qui in una confezione decisamente originale. Gli argomenti affrontati sono battuti dalla notte dei tempi, ma non per questo girano a vuoto: ciascuno è artefice del proprio destino, a ogni azione corrisponde una reazione e la ricerca di una giustificazione o di un capro espiatorio a cui addossare l’esito delle proprie scelte è una inutile scappatoia che mette a tacere la propria coscienza in maniera vanamente gratuita.

Il film di Genovese, quindi, solleva questioni decisamente stimolanti, ma, a parer mio, si risolve in un gioco narrativo un po’ annacquato e, soprattutto, già visto.
Il debito di contenuti e di natura dell’intreccio nei confronti del primo Iñárritu (Amores perros, 21 grammi, soprattutto Babel, ma pure Biutiful, va…), di Crash di Paul Haggis e perfino di 6 gradi di separazione di Schepisi mi è parso abbastanza evidente. Di parzialmente inedito c’è il fatto che il “deus ex machina” si palesa da subito (nel personaggio di Mastandrea, un po’ cristologico, nel suo reiterato “Non l’hai fatto per me, ma per te” che suona come “Tu l’hai detto”, e un po’ luciferino, à la Louis Cyphre del De Niro di Angel Heart, insomma), mostrando l’umanità e la possibilità di cadere in fallo di chi accetta il ruolo di giudice super partes delle tenzoni terrene.

Per il resto, le connessioni fra alcuni personaggi volutamente forzose (però, ho trovato bella e “naturale” quella fra Giallini e la Puccini) e il finale aperto non mi hanno soddisfatta. Ecco, per quanto riguarda il finale, io, il mio compagno di poltrona e una signora seduta qualche poltrona più in là con cui abbiamo parlato a fine film ne abbiamo formulate almeno tre, tutte plausibili: non è un po’ eccessivo lasciare tante incognite inespresse? Probabilmente no, però a me la cosa non è piaciuta molto (e torno alla labilità fra realismo e metafora di cui accennavo all’inizio).

Buona la prova del gruppone di attori, azzeccata la scelta di articolare la vicenda in un solo ambiente (quasi un “film da camera”), lasciando alla fantasia dello spettatore la possibilità di creare il resto dei contesti, buona la resa tecnica generale (anche se non ho apprezzato la prevedibilità di certe musiche cariche di pathos piazzate in maniera didascalica in due-tre momenti del film).

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