Recensione su Poeti dall'inferno

/ 19956.6141 voti

4 Gennaio 2015

Sarà che la passione per i versi di Rimbaud mi ha tenuto incollato a questo film, visto per l’ennesima volta, come se fosse stata la prima.
Sarà che ho trovato grandiosa l’interpretazione di un Di Caprio solitamente a me inviso, ma che del resto ha sempre dato il suo meglio nei ruoli da vero o finto adolescente.
Sarà che il Verlaine di David Thewlis non è da meno.
Sarà che il Rimbaud di Di Caprio ricorda particolarmente quell’immagine resa immortale da Étienne Carjat.
Sarà tutto ciò, quello che mi ha fatto apprezzare tantissimo questo film della Holland, che del resto non ha alcuna pretesa se non quella di tratteggiare la biografia di due grandissimi artisti, descrivendo il loro morboso e violento rapporto, in modo crudo, ma il più possibile veritiero.
Questo film è stato massacrato dalla critica e francamente non me ne capacito.
Pensandoci e ripensandoci, non vedo dove una pellicola del genere, così perfettamente quadrata e definita, avrebbe potuto essere migliorata.
Non si esagera con le citazioni (anche se qualunque appassionato, io per primo, non avrebbe disdegnato qualche verso in più regalato qua e là).
La regia e la fotografia sono adeguatamente calate in un contesto tardo ottocentesco, senza improvvisazioni o inutili originalità.
Non capisco perché questa love story debba essere “imbarazzante” (Mereghetti), se non per le pulsioni omofobiche (magari inconsce) di chi si è in tal modo affrettato ad etichettarla (conferma che arriva puntualmente quando la coppia viene definita “due gay sciroccati e ridicoli”).
Non capisco queste critiche, non capisco come si possano vedere gli attori “spaesati” (sempre lui) o come si possa paragonare la pellicola al “peggior sceneggiato televisivo”.
Semplicemente non lo capisco.
Ma tant’è.
Per me resterà il film di riferimento sulla vita del grande Arthur Rimbaud, magari finché qualcuno di questi critici da salotto non si metterà dietro la macchina da presa e ne girerà uno migliore.

Lascia un commento