La magnifica ossessione. / 25 Luglio 2014 in Il Magnifico Cornuto

Benché il protagonista sia maschile, anche qui Pietrangeli non disdegna di tratteggiare un paio di ritratti femminili intriganti e sfaccettati, sfruttando il personaggio della moglie (Claudia Cardinale) e dell’amante (Michèle Girardon), l’una stupefacentemente bella ma letteralmente all’antica, l’altra intrigante e felina, “moderna”, disinibita ma con estrema classe.

Nella descrizione di una certa borghesia d’arrembaggio, che si critica blandamente ed è criticata aspramente (vedi, il discorso dell’architetto sui dettagli d’arredo della nuova casa degli Artusi, come la lampada “marinaresca”), Pietrangeli anticipa i toni (ben più apertamente caustici) adottati da Pietro Germi in Signore e signori (1965), in cui alla rappresentazione di una classe sociale nuova ed imprevista, il cui sviluppo è legato al boom economico di quegli anni, si accompagna una profetica lettura degli eventi reali a venire.

È curioso che l’emancipazione femminile delle opulenti mogli arricchite si esplichi, qui, solo nella sfera sessuale e che assuma più il valore di una ripicca che di una conquista: è un affrancamento malato, distorto, che quasi mortifica queste creature. Legate ai privilegi derivanti dalla loro posizione all’interno del borgo in cui vivono ed agiscono e dal benessere economico dei coniugi, sembrano concepire l’evasione dal matrimonio come unico scopo di una vita apparentemente priva di scopo.

Pietrangeli la tira un po’ per le lunghe e, nel complesso, il film sarebbe risultato più godibile se leggermente sfoltito. In compenso, il regista regala magistrali movimenti di macchina, con la camera mobile, fluente, in perenne movimento.
L’ossessione del tradimento extraconiugale tornerà con Tognazzi in Cattivi pensieri (1976) un semi-pruriginoso film interpretato insieme alla Fenech, dove le fantasie sui tradimenti muliebri sono davvero spassose.

La Cardinale mostra qui un corpo da favola, è sofisticatissima e mai volgare anche nella scena al limite della censura dello spogliarello à la Salomè. Sorride sempre, sempre, adorabile, ma -con grande bravura- riesce a perdere la smagliante leggerezza della prima metà del film, quando, prima semplicemente adombrandosi, e poi incupendosi, quando concepisce definitivamente la follia del marito. Il sorriso riacquistato nella sequenza finale ha un sapore diverso, una palpabile amarezza di fondo.
Ruolo minuscolo per Gian Maria Volontè, assessore all’edilizia amante della bella società.

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