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Il cattivo tenente

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Vivere da mostro o morire da uomo per bene? / 21 Settembre 2019 in Il cattivo tenente

Il tenente della polizia di New York(Harvey Keitel) è un uomo avvezzo a qualsiasi tipo di vizio, usa droghe di ogni tipo, scommette tutto quello che ha in partite di baseball, viola la legge a suo piacimento e abusa del suo potere. Sembra che niente lo stravolga, anche quando vengono ritrovate due ragazze morte ammazzate in macchina.
Intanto le scommesse che perde lo fanno entrare in debito con un pezzo grosso della criminalità, che minaccia di ucciderlo se non dovesse restituire il denaro che gli è stato prestato, ma lui se ne frega perché neanche la paura più recondita, quella di morire sembra apparentemente spaventarlo.
Qualcosa sembra smuoversi in lui quando una bellissima suora viene violentata da due ragazzi, riconosciuti dalla vittima perché frequentatori dell’oratorio. Viene messa una taglia di 50000$ sulle teste dei due stupratori. Il Tenente è intenzionato a farsi dire dalla suora i nomi dei due aggressori per riscuotere la ricompensa e pagare cosi i suoi debiti.

Il Tenente è un personaggio molto particolare, sembra non provare empatia o tristezza o rimorso, sembra solamente perso, un’anima in pena che vaga nel marasma della sua esistenza e che non ci è dato sapere come arrivi a quella condizione di perdizione. Non a caso il regista, credo, ha scelto di non dare un nome vero e proprio a questo personaggio, ma semplicemente Il Tenente, come a sottolineare la sua completa alienazione dalla realtà(ma questa è solo una mia idea).
Il film mi ha un po annoiato: regia ok, fotografia ok, sceneggiatura senza infamia e senza lode, niente di cosi eccelso a mio avviso, sembra quasi che il film sia lo specchio del protagonista che lo interpreta e viceversa. Devo però dire che mi è piaciuto molto il messaggio che ha voluto mandare il regista: in fondo anche la persona più meschina, il peggiore figlio di puttana può fare una scelta giusta, qualcosa di buono. Mai mi sarei aspettato un finale del genere, un atto caritatevole che segna il suo unico momento di lucidità, la sua redenzione, il suo profondo rammarico per una vita di sbagli e una conscia scelta della fine che gli si prospetterà di li a breve.

Qui prendo in prestito le parole che Di Caprio rivolge Mark Ruffalo in Shutter Island : ” Cosa sarebbe peggio, vivere da mostro o morire da uomo per bene?”. Credo che il Tenente se lo sia domandato e abbia fatto la sua scelta.

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Il bambino perduto / 29 Ottobre 2018 in Il cattivo tenente

Del cinema di Ferrara ci si può lamentare per via di un certo abuso stilistico, più che altro un’idea un po’ sovradimensionata della provocazione che poi va a discapito del film stesso. Ma di questo film rimane indelebile la prova di Harvey Keitel nei panni di un personaggio mai così tormentato, così disintegrato, del quale più che gli eccessi rimangono impressi i lunghi, infantili gemiti di disperazione. Gagliarda anche la colonna sonora.

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.. / 29 Giugno 2016 in Il cattivo tenente

Cattivo , oltraggioso, blasfemo, ma anche mistico e spirituale. Grandissimo film

Il buon cattivo Ferrara / 13 Maggio 2016 in Il cattivo tenente

E’ sicuramente un film che ha fatto scaturire parecchie critiche … Forse perché inusuale, forse perché non ben diretto o forse perché semplicemente appare forzato. Ma, di sicuro, è il miglior lavoro del “buon cattivo” Ferrara. Oltre a parecchi rimandi auto-biografici, la pellicola esamina attentamente il mondo marcio della polizia e del sotto-traffico creato dai cops americani. La conversione di Keitel è, però, un gesto di ripresa della sua vita che, ormai, apparentemente, non ha più senso (la scena con la ragazza tossico-dipendente è un chiaro esempio illustrato). Alla fine, il “cattivo tenente”, come l’Innominato, diventa buono ma, purtroppo, deve pagare le conseguenze …

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The Abjection. / 27 Aprile 2014 in Il cattivo tenente

Se, al mondo, c’è una cosa abietta, brutta, laida e sporca, beh, LT la pratica, la fa, la pensa e prova anche un certo senso di colpa per averla praticata, fatta, pensata, ma ne pratica, ne fa e ne pensa anche altre che, in condizioni psicofisiche regolari, non sovverrebbero neppure a lui.
E perché?
Perché (si) è perso.

Si è perso dentro di sé, in complessi inviluppi personali e famigliari, va a sapere quali, precisamente, in smarrimenti interiori che, chissà, forse derivano da quella religione dietro cui si ripara, nella quale, a parole, cerca protezione (“Schivo pallottole da quando avevo quattordici anni. Io sono benedetto. Sono cattolico”), della quale non comprende (ma ne invoca) l’utilità.
Si è perso nei meandri della sua professione, priva di carattere, rettitudine ed identità, assuefatta ad una depravazione assurta a routine.
Si è perso nei dedali di una città degradata, incolore, sporca, Gomorra rediviva, nemica della grazia.
Si è perso nei colori pastello e nelle superfici laccate di una casa asfittica che lo rigetta come un corpo estraneo.

La componente narrativa del film non mi è affatto dispiaciuta, ma non ne ho apprezzato il montaggio, forse troppo frammentario per i miei gusti.
Assurda e kitsch la scena dell’aggressione in chiesa, tanto estrema da risultare ridicola. In un certo senso, questa forzatura potrebbe rientrare nella filosofia estetica di Ferrara, ma non l’ho comunque apprezzata.
Curioso che i volti della donna con cui LT si droga e quello della suora si somiglino vagamente e che entrambe le attrici che le interpretano abbiano i capelli lunghi e rossi: è solo una mia suggestione, o (a voler esser maliziosi) Ferrara gioca con il dualismo peccato/santità in maniera didascalica?

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Cattivissimo lui. / 19 Giugno 2013 in Il cattivo tenente

Ma è lo stesso regista che solo tre anni dopo ha fatto The Addiction?Bah.
Questo film è molto più crudo,asciutto ed efficace.
La visione cattolica che lo permea è sostenibile anche per chi non la condivide
(a differenza di quanto avviene in The addiction).
La metafora qui non soffoca la storia ma serve a raccontarla.
Le puntate della scommessa venale precedono quelle della scommessa dell’anima.
Il sacro e il profano si fondono in una bellissima danza.

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É davvero così cattivo ? / 24 Aprile 2013 in Il cattivo tenente

Questo film del 1992 è una sorta di lettura attenta della vita che svolge il tenente (interpretato da Harvey Keitel) e della pedagogia del personaggio che è il protagonista assoluto del film.
In effetti il film non si stacca quasi mai dal tenente che è sempre al centro della scena, qui non prevale la storia del film ma quella del personaggio.
Mentre si visiona il film si rimane concentrati tutto il tempo sul tenente e su quello che fa.
La sua vita può sembrarci monotona e forse lo è ma, anche se si corre il rischio di far annoiare lo spettatore, per ultimare ciò che probabilmente Abel Ferrara si fosse prefissato di fare in questo film correre il rischio era d’obbligo.
Lo spettacolo vero e proprio in questo film è ogni volta che il tenente si droga o che arriva a gesti troppo spinti come nella scena con le due ragazze nella macchina…
questi momenti rappresentano sempre la spannung del film.
Ad un tratto il tentativo di Abel Ferrara può sembrare fallito invece scopriamo che qualcosa accade e paradossalmente succede proprio nel punto in cui noi (noi spettatori) non ci saremmo aspettati: nella psicologia del protagonista !
O meglio non cambia la sua psicologia ma il modo in cui noi pensavamo che era fatta in realtà si distorce…i parametri cambiano.
NON É SOLO UN MANIACO E SADICO BASTARDO COME PENSAVO !
è questa la frase che ci viene in mente quando scopriamo che il tenente è triste per tutte le vittime di violenza e si chiede perché Dio permette questo (nel film appare spesso Gesù sotto forma di allucinazione).
Crede dunque in Dio ma non si spiega perché permette certe cose, ebbene sì, il dubbio che affligge tutti i fedeli attanaglia anche lui.
Ma è davvero sufficiente per far sì che il protagonista arrivi a scommettere tutti i soldi inventando scuse assurde, si droghi e arrivi addirittura a masturbarsi in luogo pubblico ?
Probabilmente la risposta è sì.
Poi le sue passioni morbose lo avranno tormentato fino alla fine del film (non svelo niente sul finale).
Bisogna poi anche considerare che egli ha assistito IN PRIMA PERSONA a scene del delitto con corpi mutilati e donne stuprate e poi ammazzate efferatamente.
Ciò che ricorderò di questo film è sicuramente il personaggio (Harvey Keitel è straordinario) ma soprattutto la novità. Basti pensare che lo scopo del film era anche parlare di problemi importanti come la fede in Dio e la cattiveria di alcune persona anche tra i poliziotti…e se ha senso perdonare l’altro (lo sceneggiatore doveva essere Nicholas St. John ma rifiutò perché pensava che il film metteva in gioco interrogativi troppo grossi).
Per chi è interessato hanno fatto anche un remake nel 2009 ( tra l’altro è abbastanza diverso lo sviluppo della trama in questo remake).
Il film mi è piaciuto tantissimo e velo consiglio caldamente anche se “butterete un po’ la testa”.

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13 Marzo 2012 in Il cattivo tenente

Duro, estremo come pochi altri, psicologicamente sofferto, volgare, blasfemo, iperbolico, e chi più chi ne metta.
Il film di Abel Ferrara con Harvey Keitel è un concentrato della negatività dell’anima, dei suoi istinti peggiori e dell’immmoralità dell’uomo, nella personificazione di un poliziotto corrotto e disastrato, magistralmente interpretato da Harvey Keitel.
E’ un film parossistico, che sconfina un pò nel manierismo con la chiara intenzione di calcare la mano sulle vicende che portano al baratro il cattivo tenente di Keitel.
Finale indiscutibile e logico quasi, che ci si aspetta e che si desidera. A riprova di come gli istinti fetidi si annidino ovunque.

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Esiste la regola del perdono? / 15 Febbraio 2011 in Il cattivo tenente

Il tenente della polizia, vive due vite parallele. Davanti alla sua famiglia è quasi una comparsa di padre e marito assente. I suoi familiari, nei suoi confronti nutrono quasi un senso di compassione per l’inettitudine di quest’uomo. Distaccato e cinico davanti ai colleghi, pensa più alle scommesse che ad altro. La sua vita più autentica è quella che vive a contatto con gli scempi dell’esistenza. Dove, vive la strada. Frequenta puttane e spacciatori, sgraffigna soldi in giro per pagarsi il gran consumo di droga. Si mette al livello dei derelitti. Probabilmente vuole arrivare a distruggersi perché li disprezza. Forse disprezza se stesso al punto di voler essere come loro. E’ peccatore. Non è una debolezza. Non lo subisce, seglie lui di esserlo fino al massimo, fino a dove la natura umana può portare. Una natura cruda, iniqua. Egoismo, odio, vendetta. Come è possibile perdonare? Come può una suora stuprata farlo?

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