Recensione su C'è ancora domani

/ 20237.7179 voti

Estetica e morale / 5 Aprile 2024 in C'è ancora domani

È un vecchio dilemma: dobbiamo giudicare un film principalmente per il suo messaggio e per i valori morali di cui si fa veicolo, oppure per i suoi aspetti estetici? Il dilemma è particolarmente spinoso nel caso di C’è ancora domani, un film che denuncia in modo sincero la brutalità dell’oppressione patriarcale e celebra una vittoria storica delle donne italiane, ma che al tempo stesso deve essere considerato un fallimento dal punto di vista estetico.

È facile dare conto dell’ultima affermazione: la metamorfosi in balletto dell’aggressione di Ivano è inefficace a smorzare la brutalità della scena, che riesce a rendere solo estremamente grottesca; quasi altrettanto discutibile è la cinepresa che in precedenza si mette a vorticare intorno a Delia e Nino, mentre i rumori esterni scompaiono. L’attentato dinamitardo è una delle svolte narrative più improbabili che io abbia mai visto (possibile che non si sia trovato un mezzo più verosimile?); Paola Cortellesi non sembra del tutto a suo agio in un ruolo drammatico; la fotografia è deboluccia; e si potrebbe continuare. Non mancano naturalmente gli aspetti positivi: Valerio Mastandrea è bravissimo; la trama nell’ultima parte si fa serrata e avvincente; c’è qualche battuta felice e alla fine per un attimo ci si commuove; ma nel complesso il film esteticamente non funziona.

Che fare allora? Come giudicare quest’opera? Conviene qui tornare al messaggio del film. Come si sa, la trama di C’è ancora domani sembra puntare verso un certo finale, per poi bruscamente svoltare in una direzione imprevista. Ma lo spettatore non può non chiedersi cosa succederà idealmente dopo l’ultimo fotogramma: che ne sarà di Delia, quanto durerà il suo orgoglio ritrovato? E la risposta non può che essere una sola. Perché concludere allora il film su quella nota celebrativa, su quell’evento certo fondamentale, ma che non ha potuto salvare le Delie di allora e neppure, quasi ottanta anni più tardi, le ancora troppe Delie di oggi? Non è questo in un certo senso un tradimento della protagonista, così fiera alla fine, e, in piccola parte, anche dello spettatore commosso? Forse i problemi di C’è ancora domani non sono, dopotutto, soltanto estetici.

3 commenti

  1. Federico66 / 5 Aprile 2024

    Concordo su tutto.

  2. rust cohle / 27 Aprile 2024

    Magari fossero stati solo estetici, mi trovi d’accordo con tutto ciò che hai detto.
    Io credo che in Italia purtroppo abbiamo un problema con un certo tipo di finali, soprattutto con i film così pubblicizzati, le cose alla fine devono sempre risolversi per il meglio, sempre tarallucci e vino, sembra che se non trattiamo il pubblico in maniera infantile non siamo contenti.

    Pensa a un regista come Haneke o Lanthimos, in Italia sarebbero morti di fame, nessuno avrebbe mai prodotto i loro film senza una svolta positiva finale delle loro storie.

  3. forseclaudio / 27 Aprile 2024

    Ovviamente la situazione per Delia non cambierà, così come il voto alle donne non ha di certo cambiato in un giorno la condizione femminile in Italia. Ma quello è il principio, il primissimo passo di un lungo cammino a cui Delia, in quell’istante, sta partecipando per il bene del futuro e ne festeggia la conquista: è in questo che consiste l’orgoglio ritrovato – almeno io ho trovato che Delia non trovi una realizzazione tanto a livello personale quanto a livello condiviso e solidale. Il lieto fine non è il suo, ma di chi verrà dopo di lei. E se dopo 80 anni (che è praticamente ieri considerando la storia millenaria della civiltà) esistono ancora troppe Delie, è perché il cambiamento è ancora in essere – fermo restando che le enormi differenze rispetto ad allora sono innegabili e hanno radici nelle piccolezze del passato.

Lascia un commento