Il Settimo Sigillo

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Il Settimo Sigillo

Il cavaliere Antonius Block, di ritorno dalle crociate in una terra devastata dalla pestilenza e dalla disperazione, trova la Morte ad attenderlo per portarlo con sè. Decide di sfidarla a scacchi: se vincerà potrà aver salva la vita. La partita si svolgerà a tappe lungo il cammino del cavaliere, che avrà modo d'incontrare diversi personaggi e di osservare le reazioni di questi di fronte alla Morte.
scimmiadigiada ha scritto questa trama

Titolo Originale: Det sjunde inseglet
Attori principali: Max von Sydow, Bengt Ekerot, Gunnar Björnstrand, Nils Poppe, Bibi Andersson, Inga Landgré, Åke Fridell, Inga Gill, Maud Hansson, Gunnel Lindblom, Bertil Anderberg, Anders Ek, Gunnar Olsson, Erik Strandmark, Lars Lind, Benkt-Åke Benktsson, Tor Borong, Gudrun Brost, Harry Asklund, Ulf Johansson, Sten Ardenstam, Gordon Löwenadler, Karl Widh, Tommy Karlsson, Siv Aleros, Bengt Gillberg, Lars Granberg, Gunlög Hagberg, Gun Hammargren, Uno Larsson, Lennart Lilja, Monica Lindman, Helge Sjökvist, Georg Skarstedt, Ragnar Sörman, Lennart Tollén, Caya Wickström, Catherine Berg, Mona Malm, Tor Isedal, Josef Norman, Gösta Prüzelius, Fritjof Tall, Nils Whiten, Lena Bergman, Marc Smith, Mostra tutti

Regia: Ingmar Bergman
Sceneggiatura/Autore: Ingmar Bergman
Colonna sonora: Erik Nordgren
Fotografia: Gunnar Fischer
Costumi: Manne Lindholm
Produttore: Allan Ekelund
Produzione: Svezia
Genere: Drammatico
Durata: 96 minuti

Dove vedere in streaming Il Settimo Sigillo

Come scrive Bergman ce n’è pochi / 8 Maggio 2020 in Il Settimo Sigillo

Pellicola senza tempo del maestro Ingmar Bergman che porta sul grande schermo il dramma teatrale, scritto dallo stesso Bergman, “Pittura su legno”, creando un’opera straordinaria e più attuale che mai.
Caratterizza da un’incredibile fotografia in B/N che fa del gioco di luci e ombre una delle sue caratteristiche più evidenti. Ineccepibile la sceneggiatura che critica aspramente la meschinità dell’uomo e descrive brillantemente la sua paura più recondita, quella della morte. La ricerca continua di un capro espiatorio per giustificare l’ingiustificabile, di “gettarsi nelle braccia dei preti” ogni qual volta la paura della fine si avvicina e dell’ipocrisia della guerra sono alcune delle critiche mosse all’umanità, raccontate con un’eleganza d’espressione e un’eloquenza che solo pochi altri cineasti ne hanno avuto la capacità nel corso della storia del cinema. Le ottime interpretazioni attoriali sono la ciliegina sulla torta di un’opera imprescindibile per chiunque si definisca un cinefilo.

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Intenso e suggestivo / 12 Novembre 2018 in Il Settimo Sigillo

Visto al cinema (è bello che alcuni cinema ancora trasmettano, ogni tanto, dei classici), non mi aspettavo fosse così bello.
E’ molto intenso, riflessivo nei dialoghi e suggestivo nelle immagini.
Non credo che fosse possibile trattare un tema così difficile, in maniera migliore. Pur nella sua, inevitabile, cupezza, non è privo di umorismo e non è per nulla pesante.
L’unica cosa che non mi è piaciuta, o per meglio dire, ho trovato un po’ incongruente con il memento mori che permea il film, è la famigliola che ricorda vagamente la famiglia di Gesù. Ma è solo una piccola impressione negativa personale.
Il film è meraviglioso e da vedere, ed anche rivedere.

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Il Settimo Sigillo è un’opera d’Arte / 9 Marzo 2016 in Il Settimo Sigillo

E’ difficile muovere una qualsiasi critica per questo film, un capolavoro indimenticabile, intramontabile, tra i più bei dipinti della “Settima Arte”.
L’uomo è al centro di quasi tutte le opere del “Magno” Bergman e lo è anche qui. L’uomo con i suoi dubbi, con la sua interiorità sconvolta da problemi di natura religiosa, sociale, sempre alla ricerca di quei valori che si nascondono proprio nell’ esistenza stessa, fatta di amore, solidarietà e fratellanza. Bergman analizza e muove critiche precise contro la borghesia o la Chiesa e le istituzioni ecclesiastiche. Antonius Block è il cavaliere che diventa metafora dell’uomo di Bergman: davanti al nulla interiore e intraprendendo una partita a scacchi con la Morte, prende tempo per capire qual è la vera essenza del suo viaggio nella terra, per capire e risolvere molti dubbi prima che la Morte lo possa strappare via da quella Vita. E ci riesce incontrando una famiglia di attori di teatro, nei quali letizia e fiducia nell’avvenire sopravvivono a ogni umiliazione, ogni tristezza. Ed egli accetterà volentieri di perdere la partita a scacchi, pago d’esser riuscito a distrarre la Morte consentendo così alla famigliola di sfuggire; pago di aver ritrovato un rapporto di solidarietà coi propri simili: “Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri visi colti su cui discende la sera, Michael che dorme sul carro, Jof e la sua lira… cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si può versare, E sarà per me un conforto, qualcosa in cui credere.”
Ne deriva un accurato e ben orchestrato rapporto tra tutti i personaggi, tra Antonius e la famigliola, e la Morte, e il suo “servo”, e tra tutti questi a loro volta. Figura importante questa del servo, al quale Bergman affida il compito di regalarci perle di saggezza, su vari temi, tra tutti l’amore, inteso come amore in senso lato, ma anche come amore tra uomo e donna: “Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l’amore è invece perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione”…, o addirittura inteso molto terra terra: “Addio fanciulla, avrei potuto violentarti ma è un genere d’amore che non mi va, troppo faticoso tutto sommato.”
E’ un film onirico e contemplativo. Davanti a Il Settimo Sigillo Bergman ci fa rimanere sbalorditi come si rimane guardando un bellissimo quadro. Bergman diventa il pittore. Il film con tinte chiare e scure, il paesaggio che fa da sfondo in modo stupendo diventa un elemento portante di tutta l’opera, tra la spiaggia dell’inizio e la montagna nel finale, dove si stagliano le figure, scena diventata famosissima: una perfetta collocazione dei personaggi in una ambientazione paesaggistica, ma non solo, anche storica: il Medio evo del Settimo Sigillo è rappresentato in maniera perfetta, in tutti i suoi elementi più importanti, tra la peste che sconvolge tutti gli equilibri naturali e dell’uomo, le rappresentazioni teatrali, la Chiesa corrotta e priva di valori, le crociate, o lo stesso gioco degli scacchi. Bergman ha saputo amalgamare tutti questi elementi creando un film completo sotto tutti i punti di vista: nel suo “quadro” ogni particolare acquista un pieno risalto plastico; e con la macchina da presa sempre al posto giusto e al momento giusto, e una fotografia in b/n che modella tutto si può solo creare scene capolavoro che si susseguono di continuo sullo schermo, e che rimangono bene impresse nella memoria: la processione dei flagellanti, ad esempio, e la prima presentazione della giovane strega, rantolante, incatenata alla gogna, o ancora la perfetta scena della taverna…
Rimane un grande capolavoro, esempio di cinema altissimo. Rimane soprattutto un film che ci dà la testimonianza vera e la consapevolezza di non sbagliare nel considerare il cinema come un’ Arte, nel vero senso della parola. Perchè Il Settimo Sigillo è un opera d’Arte.

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Vince l’attore o la trama? / 16 Febbraio 2016 in Il Settimo Sigillo

Film d’altri tempi, purtroppo oggi una pellicola del genere non esisterebbe e quindi nostro doveroso obbligo tentare durante l’intera ora e 1/2 di viaggiare e predisporci alla fine degli anni 50, riuscirci penso sia impossibile per la maggiorparte di noi e quindi andiamo a trattare e commentare cio’ che spicca:
Lo scopo dell’idea, dopo la morte, cosa avverrà?
Il terrore riesce a non farci distogliere lo sguarda da una paura antica e immortale, quindi “il faro sulle cose della vita” riesce a ben porsi su quest’idea, che pero’ tutti affrontiamo a nostro modo, quindi cosa ci espone a farci piacere l’opera di Bergman?
Il protagonista e la morte, una partita a scacchi che significa piu’ di quanto vorremmo.
Posso dire con certezza che se il film intero si fosse basato sui discorsi dei due veri protagonisti della storia, sarei rimasto impalato allo schermo apprezzandolo anche di piu’, certe vicende, seppur d’atmosfera, distolgono lo sguardo dalla purezza del messaggio, macchiandolo di un’epoca storica che già eccheggia nell’aria sin dai primi minuti di film.

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Bibibibibibibi / 18 Agosto 2015 in Il Settimo Sigillo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Su una spiaggia riversi si trovano un cavaliere e lo scudiero. Il cavaliere, name’s Antonius Block – Max von Sydow che da addormentato è talmente statuario da sembrare un busto funebre romano appoggiato per terra, si sveglia, e trova un tipo vestito da suora (no, just kidding) che è Lamorte, ed è venuto a prenderlo. Antonius propone invece di giocarsela a scacchi e Lamorte, di scacchi ghiotto, non sa resistere. La partita prosegue nel corso del film. Intanto i due si risvegliano e percorrono la costa di una non precisata Scandinavia, tra un fiordo, una chiesa e un villaggio anzichenò, del ‘300. Sono appena tornati dalle Crociate (aka li avevano fregati) e in quel periodo la peste fa faville. La popolazione sconvolta rivolge gli occhi al cielo, tra preghiere e processioni di flagellanti, oppure si abbandona ai peggio istinti umani, nell’attesa della fine del mondo imminente. Sconvolgente una scena di flagellazione con tanto di clero millenarista che urla penitenziagite e memento mori vari. Questo bianconero, come la scacchiera e i suoi pezzi, paesaggio della disperazione attraversano i due, e simile percorso segue una coppia di saltimbanchi, che con i primi due incroceranno i destini: lui visionario e simpa (e infatti è l’unico altro che potrà vedere Lamorte) e lei gnocca (e infatti proprio in quel periodo, non per essere volgari, ma se la bombava Bergman, Bibi Andersson u_u) e gentile. Hanno un piccoletto di essere umano e vivono in armonia con tutto, unici a sembrare felici e appagati dell’amore reciproco.
Bergman ha raccolto una serie di ricordi della sua infanzia al seguito del padre, che come i protagonisti vagava per le campagne, ma da una chiesa all’altra, a predicare. L’iconografia degli affreschi delle chiese, con demoni, Lamorte, crociati e Beate Vergini, si è sedimentata e ha fornito al regista il materiale per dare corpo alla sua vicenda; quello di superficie, perché tutto è poi legato nella ricerca di un senso, a cui la morte, Lamorte, non vuole e non sa rispondere, come un impiegato deresponsabilizzato e intento a svolgere secondo procedura il compitino. Il contesto storico, le tante scene strazianti a cui i protagonisti si trovano a dover assistere, amplificano le domande che si pone Antonius, il quale non è meschino e spaventato come gli abitanti dei villaggi che percorre ma lo è al livello più profondo, quello dell’anima e della fede che ora teme di vedere tradita. Cerca il diavolo negli occhi delle streghe che stanno per essere messe al rogo, affinché almeno lui possa testimoniargli l’esistenza di Dio, e non lo trova. Accanto a lui, lo scudiero incarna il pragmatismo. Accanto a loro, la famigliola è l’unica ad avere la prospettiva per il futuro, e si salva infine dalla selva (dantesco!), mentre Antonius trova (maybe) il senso nel sacrificio per permettere loro di sfuggire la falce (oh, comunque non per dire ma c’è anche un fabbro, quindi il martello).
D’altronde gli scacchi è un gioco di sacrificio, e vorrei vedere la morte contro Deep Blue.

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