Recensione su Capri-Revolution

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Noi siamo la rivoluzione / 10 Maggio 2019 in Capri-Revolution

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

«Noi siamo la rivoluzione», dice Seybu in “Capri-Revolution”. Mi sono chiesto cosa significhi pensare se stessi come una rivoluzione. Mi sono chiesto quale sia la rivoluzione che ciascuno di noi può fare, e fa.
La prima rivoluzione riguarda le nostre radici profonde, il mondo da cui veniamo che, come un treno sui suoi binari, ci impone una direzione. Possiamo cambiarla, è un fatto di scelta. Possiamo scegliere, e non è sempre un processo indolore. Anzi, il più delle volte scegliere è un atto di profondo egoismo e significa fare del male, anche a chi ci ama. E poi c’è una rivoluzione che va oltre noi stessi ma che non possiamo fare se non abbiamo sperimentato la rivoluzione personale e privata di cui probabilmente il mondo non si accorgerà nemmeno, ma che è propedeutica a tutto ciò che potrà venire dopo.

Siamo a Capri, inizi Novecento. Tutto sta per accadere; sta per scoppiare la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa si sta preparando anche lì, con la scuola per esuli di Maksim Gor’kij.

Sull’isola si è insediata anche una comunità speciale. Sono artisti, poeti, filosofi, pittori, musicisti. Una comunità che come una calamita attrae Lucia, giovane guardiana di capre, l’unica sull’isola in grado di vedere davvero quello che la comunità straniera rappresenta: la possibilità di una rivoluzione. Il film è incredibilmente profondo, è un’occasione che Mario Martone ci dà, l’ennesima, per riflettere sul mondo in cui viviamo attraverso la lente del passato.

A cosa serve la speculazione filosofica? Come declinarla in tempo di guerra? E cosa si contrappone al pensiero libero? Quanto ci salva il pragmatismo quando gli uomini sono chiamati a servire la patria? Energia e materia, parti del tutto che non sono in contraddizione ma che rappresentano due diversi stadi della stessa sostanza.

Capri-Revolution è un dono che dovete farvi. Primo, è la storia di incontri: si incrociano destini di persone diverse tra loro, che in comune non hanno molto, forse niente, hanno però la volontà di ascoltare e di raccontare; concedono tempo a se stessi e agli altri. Secondo, mostra quanto sia importante lo studio, quanto sia fecondo, quanto ci renda liberi, quanto il sapere e la sua condivisione generino diverse forme di libertà. Ultimo: Lucia.
Lucia ha sempre badato alle capre, non ha istruzione, ama suo padre: è malato e se ne prende cura. Lucia vive in contemplazione della natura anche se non ne ha consapevolezza. Per Lucia l’incontro con la comunità di artisti è come concime. È una donna curiosa e quei corpi nudi, che danzano liberi da inibizioni tra gli alberi, le sembrano la cosa più naturale che possa accadere a pochi passi da casa sua, una casa tradizionale, umile, contadina, che invece considera depravazione quella libertà.
Lucia non è un foglio bianco. La comunità non agisce su di lei incidendo su una tavola vergine. Tutt’altro. Lucia è la sua terra, le capre, il mare nel quale non si bagna, il sole dal quale si ripara. Lucia è i suoi fratelli che la vorrebbero sposata, che la immaginano come le capre con cui passa il suo tempo, testarda ma in fin dei conti mansueta. Basta prenderla per le corna e indirizzarla. E invece no. Lucia si permette di scegliere e di operare la prima grande rivoluzione che è sua personale.

Ma Lucia va oltre e riesce a coniugare la speculazione filosofica al pragmatismo di una vita che si libera dai dogmi, quantomeno da quelli ereditati e imposti. Riesce a compiere un miracolo: il miracolo della rielaborazione; è come se riuscisse a capire i percorsi di chi ha davanti e a prevedere le conseguenze delle loro azioni.

Lucia è una donna della terra, anzi è una donna di terra e di aria. Una donna di carne e di spirito. Una donna meridionale che ha avuto una opportunità irripetibile e l’ha presa al volo.

Il film è talmente fluido che quasi ci si dimentica che è un film, che è “finzione” e che davanti a noi abbiamo attori. Attori bravissimi e consapevoli di essere la malta che, mattone su mattone, parola dopo parola, pensiero che supera pensiero, costruisce questo dono che Mario Martone ci ha fatto.

di Roberto Saviano
( tratto da : http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2018/12/27/news/oggi-ho-incontrato-la-rivoluzione-1.329982 )

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