Recensione su Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

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Birdman, i tormenti di un ex-supereroe / 22 Gennaio 2015 in Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

Ciò che siamo stati, ciò che abbiamo fatto, creato e distrutto in passato influenza sempre in un modo o nell’altro il nostro futuro, le nostre scelte, i nostri piccoli schemi di vita. Potrebbe essere questa l’essenza chiave di Birdman, ultima fatica di Alejandro González Iñárritu. Un film che è in primo luogo un bel racconto di nostalgia, di voglia di rivalsa e di rinascita, sociale e spirituale. Ma è anche un approccio intelligente e originale ad una figura come quella del supereroe, ad un lato tormentato che non comprende un costume, qualche frase pomposa e dei cattivoni da mandare in gattabuia. E’ un lato fatto di esigenze di show business, di una famiglia a cui pensare, di un riuscire finalmente a voltare pagina. Qualcosa che raramente si vede di questi tempi sull’argomento.
La regia di Iñárritu è schematica ma assolutamente elegante. Si affida ad una telecamera che riprende costantemente i protagonisti di spalle, cercando di seguire i loro passi negli stretti corridoi del dietro le quinte di uno spettacolo di Broadway. Nessuna dissolvenza, nessuno stacco improvviso si preoccupa di separare le scene, che danno quasi l’impressione di fermare lo scorrere inesorabile del tempo. L’accompagnamento musicale è curiosamente affidato quasi interamente all’utilizzo di una batteria.
Sicuramente è la storia dal tono semi-surreale, sicuramente è il lavoro in cabina di regia. Ma è altrettanto sicuro che è la forza degli interpreti ad elevare il valore di questa pellicola. Le buonissime prove dei vari Emma Stone, Edward Norton, perfino quella in un ruolo minore come quello di Zach Galifianakis, si aggiungono all’estro di Michael Keaton, assolutamente esaltato e galvanizzato da una parte sentitissima e che sembra semplicemente cucitagli addosso.

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