Recensione su Bellas Mariposas

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“Ma dove voli, farfallina? (…) Fossi in te, mi appoggerei per raccontarmi, per esempio, come vivi tu” – L. Carboni / 3 Dicembre 2013 in Bellas Mariposas

(Sette stelline e mezza)

A metà strada tra la fiction e l’opera documentaria, il lungometraggio di Mereu sfrutta il contesto reale (e realistico) di un quartiere periferico di Cagliari per raccontare il coraggio di vivere di anime belle che, citando ancora Sergio Atzeni (proprio da un suo romanzo breve, infatti, il regista dorgalese ha tratto quest’opera), passano sulla terra leggere.

Scavalcando le brutture del mondo che la circonda e in cui si trova immersa e a cui resiste con stoicismo incantevole, la protagonista, Cate, afferma continuamente cosa vorrà fare della propria vita: Cate ha dei progetti, il degrado con cui si trova a contatto quotidianamente non l’ha privata della capacità di immaginare alternative possibili e praticabili.
Le sue reiterate affermazioni (rimarrò vergine, diventerò una cantante, ecc.), pronunciate con disarmante naturalezza e convinzione, sono nettamente contrarie e speculari al modus vivendi imperante nel suo piccolo mondo: a tratti, suonano come una disperata preghiera; in altri momenti, sono vere dichiarazioni d’intenti.

Nel quartiere in cui è ambientata la vicenda, sembrano esistere solo le persone e le loro vicende, avulse da qualsiasi contesto sociale noto: istituzioni, scuola, Chiesa, luoghi di lavoro, con conseguenti obblighi e doveri, sono entità completamente assenti.
Anche il concetto di famiglia è particolarmente labile: le mamme paiono gatte, impegnate a sopportare uomini incivili e ad allevare cucciolate spesso ingrate; i padri sono fatui, inconsistenti, mediocri e perfino pericolosi; i fratelli condividono spazi e cose, o sperano di condividerle (ah, la casa a Molinu Becciu), uniti tra loro dalla consapevolezza di vivere in condizioni deprecabili.

E’ anche per questo che la reattività di Cate e della sua amica Luna nei confronti di questa situazione diffusa muove all’immediata simpatia: si tifa per loro e, nonostante la volgarità di alcune situazioni, ci si diverte.

Il film di Mereu pecca di alcune ingenuità (la sequenza notturna nel cortile condominiale, per esempio, è lunghissima e si dilata più volte, senza raggiungere mai un climax certo), ma il risultato è, comunque, godibilissimo ed il valido uso del dialetto cagliaritano frammisto alla lingua italiana non è solo una nota di colore.

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