Recensione su Anatomia di una caduta

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Thriller psicologico molto equilibrato ed efficace / 30 Ottobre 2023 in Anatomia di una caduta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Il film della Triet, Palma d’Oro a Cannes 2023, è costruito in modo egregio, per instillare dubbi e scatenare riflessioni nel pubblico.

La messinscena è scarna ed essenziale, azzardo naturalistica.
La “caduta” del titolo non è solo quella dell’uomo ritrovato cadavere nella neve. È anche, forse, soprattutto, quella di una relazione sentimentale piombata nel baratro delle recriminazioni continue e infinite, autorigeneranti. Quando è iniziato il loop? E vai, scava, scava, scava, per trovare motivazioni più o meno serie all’acredine.
Solo che, come accade nei procedimenti legali, i fatti privati diventano pubblici.
Non credo che sia un caso che, per materiali in uso e disposizione degli arredi, l’aula del tribunale dove si svolge la parte centrale del film ricordi le antiche sale anatomiche.

Nel corso del film, che, in sostanza, a voler parlare di generi cinematografici, è un legal thriller psicologico, lo spettatore è un membro della giuria chiamato a prendere una posizione razionale e motivata nei confronti dell’accusata, avendo a disposizione lo stesso materiale indiziario e documentario fornito alla corte (benché il pubblico cinematografico possa vedere alcune scene “extra” – per esempio, i dialoghi con l’avvocato – ha a disposizione gli stessi elementi di giudice e corte, per trarre – eventualmente – le proprie conclusioni).
La risoluzione del processo è, appunto, pieno appannaggio della razionalità.

Infatti, come – in modo incredibilmente brillante – argomenta il giovane figlio dell’accusata, laddove non sopperiscono le prove oggettive, quale sarebbe il movente? Qui, esso appare molto labile, per sostenere una condanna giuridica.
Ma Sandra (la brava Sandra Hüller) è un personaggio correttamente ambiguo ed è l’unico (oltre al morto) a sapere effettivamente della propria colpevolezza o meno.
Il film si mantiene in perfetto equilibrio, narrativo e formale, per non far propendere lo spettatore a favore di nessuna teoria solutoria, tra quelle possibili.
La sua ambiguità complessiva mi ha ricordato (positivamente) quella del film Il sospetto di Vinterberg (2012).

Con una specie di calcolata nonchalance, Anatomia di una caduta lavora ai fianchi chi guarda anche parlando di stereotipi di genere. Al termine della proiezione, all’uscita del cinema, ho colto un brandello (decontestualizzato, certo) di una conversazione tra spettatori. Uno di loro, un uomo italiano più o meno coetaneo del morto nel film, stava dicendo: “Comunque, lei era insopportabile”. Ho avuto l’impressione che il signore si stesse esprimendo in modo pregiudizievole.
Personalmente, credo che entrambi i membri della coppia protagonista siano insopportabili, come è normale che sia, perché entrambi hanno richieste ed esigenze egoistiche che non sempre, per volontà o incapacità del partner, l’altro/l’altra non può o non vuole soddisfare.
Dal canto mio, alla luce di quanto raccontato, sono incline a pensare che il marito, afflitto da una forma di depressione non curata, si stesse adoperando per esasperare e colpevolizzare la moglie in modo passivo aggressivo, affinché lei se ne andasse. Cosa sia successo, in definitiva, non lo so. Ma seguo la logica giuridica e, in mancanza di prove materiali, fino a prova contraria, appunto, Sandra è innocente.

Eppure, il dubbio non m’abbandona.
Brava Justine Triet, così (cinematograficamente parlando) si fa.

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