Recensione su Aladdin

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Ottimo, ottimo lavoro / 11 Luglio 2019 in Aladdin

Rifare un classico non è mai facile. Bisogna saper mantenere il nocciolo duro del precedente film, ovvero ciò che l’ha reso un classico, ma allo stesso tempo capire ciò che funzionò nel 1992 e che non funzionerebbe oggi, quindi cambiarlo, in meglio. Aladdin 2019 riesce sicuramente nel primo intento, e anche, sorprendentemente, nel secondo, seppur con qualche dubbio ineludibile.
L’ambientazione arabeggiante è prepotente qui più di quanto non lo sia nel cartone animato: capire che la materialità del film girato “in vivo” (live action) poteva essere un vantaggio e non un limite è stata un’intuizione non da poco. E così la scenografia respira, la sabbia si insinua nella macchina da presa, gli incensi quasi di percepiscono, i colori, i mercati. Sembrerebbe che Guy Ritchie abbia voluto farsi ispirare in questo più dalle fiabe de “Le mille e una notte” che non dal cartone animato.
Poi c’è la storia di Aladdin, fondamentalmente una storia romantica: amore e amicizia. Qui la scelta di cast è stata sorprendente. Naomi Scott (Jasmine) riesce a donare bellezza multietnica – si certo, ancora molto adatta al gusto occidentale – e azione al personaggio, e soprattutto una femminilità sincera, femminista sino alla rabbia in quegli occhi iniettati di sangue in “La mia voce”.
Will Smith, un Genio sorprendete che ricorda anche i tempi di “Willy, il principe di Bel Air” e che usa il suo carisma per creare un genio della lampada non dissimile dall’originale, ma che diverta e commuova allo stesso modo dopo 27 anni.
Mena Massoud (Aladdin) forse è la scelta più debole (dopo il Jafar di Marwan Kenzari, personaggio che perde profondità e anni, e di questo mi dispiaccio), ma è una debolezza che ha a che fare con i ruoli più che con l’interpretazione. In questo senso mi pare che la sua fisicità contenuta e la sua ingenuità giovanile sia un limite nell’operazione del “bucare lo schermo” (ciò che solitamente si chiede ad ogni attore), ma un grosso vantaggio per l’opera finale, che diventa un’opera corale e non più ad un solo protagonista-frontman. È una dettaglio presente in certa misura anche nel classico, a tutto favore del Genio, e che oggi invece si spalma anche e in egual misura su Jasmin, la solita Naomi Scott che riesce a far tesoro di questo spazio offerto e conquistato.
Poi la scelta di mantenere le musiche originali con qualche variazione ( o ammodernamento, si potrebbe dire). Direi ottimo lavoro, c’è l’effetto “tuffo nel passato” ma anche l’effetto sorpresa del tutto piacevole nella maggior parte dei casi.
Nell’insieme un remake davvero riuscito, che aggiunge conservando il classico, e che tramuta i punti critici in forza. Personalmente mi ha catturato.

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