Recensione su Gli spietati

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Epitaffio del western / 7 Novembre 2012 in Gli spietati

Il western invecchia bene, come il whisky, ed Eastwood ne è la riprova. In realtà il suo film si presenta un po’ come una sorta di pietra tombale, di epitaffio del genere; ha in sè qualcosa di definitivo, oltre ad essere uno straordinario omaggio ai suoi maestri (Leone in primis).
Il vecchio West si spoglia dell’eroismo convenzionale, perchè non c’è nulla di eroico nell’ammazzare a sangue freddo. Il protagonista, l’ormai vecchio Will Munny, torna nella spirale della violenza dopo un cammino di redenzione tirato il più a lungo possibile, in memoria della moglie defunta ed in virtù dei due figli piccoli. Ma i soldi chiamano, il sangue pure. Assistiamo alla decostruzione di una integrità drammaticamente posticcia, una sovrastruttura morale che non appartiene al vecchio Munny ed al suo feroce passato.
Notevoli le interpretazioni; per signorile perfidia svetta quella di Bob l’ Inglese / Richard Harris (per lui una piccola ma pesantissima parte; egli rappresenta la profonda inutilità dell’arrivo trionfale, del gran personaggio e le sue eleganti colt, perchè spesso ciò che si reputa leggendario è sostanzialmente vano), e per repubblicana brutalità quella del tutore della legge Little Bill / Gene Hackman, forse nel ruolo migliore della sua onorata carriera.
Forse il film sarebbe stato perfetto se Eastwood non avesse ceduto alla “necessità” di un finale alla John Wayne, che in fondo sembra sempre un po’ rincuorante; esigenza di mercato o suo retaggio personale? Chissà.

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