Recensione su The Way Back

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The Way Back
Regia:

2 Agosto 2012

Due anni di ritardo ed un’uscita in sala in sordina gli ultimi giorni di giugno per l’ultimo lavoro del regista australiano Peter Weir (Truman Show, L’attimo fuggente, Master & Commander) mi sembrano un pò irrispettosi, specialmente di fronte ad un buon lavoro come quello di The Way back.
Non è un modo per far sempre polemica ma è davvero triste che a film di grande valore storico come questo (il regista ha lavorato mesi per ricostruire la vicenda ed assicurarsi della sua verdicità) siano relegati ai margini della programmazione cinematografica italiana per fare spazio alle tante cazzate estive (cito Biancaneve e il cacciatore e Lincoln ammazzavampiri anche se non li ho visti perchè tanto mi gioco l’intero stipendio di agosto che sono delle cagate pazzesche!).
Detto ciò, il film di Weir è la storia vera di un gruppo di uomini in fuga da un gulag siberiano, che hanno attraversato deserti, tempeste di ghiaccio, catene montuose e laghi sconfinati, hanno sofferto la fame, il freddo, gli stenti, la fatica e hanno percorso seimila km per arrivare in India.
Peter Weir realizza un ottimo film, con una bella fotografia che inquadra paesaggi sconfinati, all’interno dei quali l’uomo sembra davvero piccolo e misero. La natura ha una parte importante nel film (Malick apprezzerebbe) e lo spirito di sopravvivenza e la volontà di ferro che guida quel pugno di uomini così diversi (americani, russi, polacchi…) si integra perfettamente con i quadri selvaggi e feroci che descrivono il loro percorso.
I volti segnati, i corpi martoriati dalla fatica, arsi dal sole e gelati dai rigori dell’inverno sono ciò che più sottolinea la fiera resistenza di questo manipolo di uomini in fuiga.
Cast molto eterogeneo su cui spiccano Jim Sturgess, Colin Farrell e un grande Ed Harris.
Se all’inizio fa ripensare alla Grande Fuga, alla fine forse, si arriva a pensare che l’abbia pure superata.

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