Recensione su L'uomo che cadde sulla Terra

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22 Aprile 2018

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’uomo che cadde sulla Terra (The Man Who Fell On the Earth, 1976) del britannico Nicholas Roeg, mette in scena in modo suggestivo e innovativo il primo contatto dell’umanità con un extraterrestre, inquadrandolo però dal punto di vista dell’alieno (tanto che sarebbe più giusto dire il primo contatto di un alieno con l’umanità). Tratto dall’omonimo romanzo di Walter Tevis del 1963, che a differenza del film racconta l’odissea del protagonista da una prospettiva oggettiva e non soggettiva, la pellicola narra le vicende di un extraterrestre giunto sulla Terra come ultima speranza per la salvezza del proprio pianeta, reso inabitabile da una grave siccità. Il tempo a sua disposizione è limitato e deve fare in fretta. Assunto il nome di Thomas Jerome Newton, grazie alle sue superiori conoscenze scientifiche fonda un impero finanziario ma, ingenuo e spaesato com’è, non ha fatto i conti con la naturale diffidenza del genere umano e, stimolata dai grandi trust industriali che non vedono di buon occhio la sua scalata al potere, entra nel mirino della CIA (gli enti governativi americani fanno spesso la parte del cattivo, sintomo del clima di sospetto in cui versavano gli USA dopo lo scandalo Watergate e la pubblicazione dei Pentagon Papers). Tradito dalla donna cui si era innamorato, la cameriera Mary-Lou, e da un dipendente, Nathan Bryce, che avevano scoperto il suo essere extraterrestre, è sottoposto a diversi esami tra cui uno della retina ai raggi X che, vista la sensibilità del suo occhio alieno, lo rende praticamente cieco. Dichiarate fallite le sue imprese, è rilasciato ma Newton è ormai un relitto umano in preda all’apatia e all’alcool, costretto a vivere sulla Terra come un umano mentre per il suo pianeta di origine non c’è più speranza di salvezza.
Un film che è una raffinata, ma anche sovraccarica, esperienza visiva, fatto com’è di stacchi, flashback e scene visionarie e allucinatorie. Un racconto morale e allegorico sull’impossibilità di essere diversi e di guardare il mondo con occhi diversi senza cadere, è il caso di dire, nell’alienazione. Il termine “alieno” ritrova qui la sua accezione originaria di “straniero”, “estraneo” e “avverso” e non solo di forma di vita extraterrestre, cosa che in realtà Newton è. Una sorta di angelo caduto che viene corrotto progressivamente dal nostro mondo. Un essere pallido, senza peli, orecchie, unghie, capezzoli e con gli occhi da felino, nascosto sotto sembianze umane. A interpretare l’androgino alieno, mai scelta fu più azzeccata, c’è l’efebico David Bowie che nel periodo spopolava nell’ambito della musica glam rock con il suo alter ego Ziggy Stardust , un giovane che grazie a un aiuto extraterrestre diventava l’ultima rock star di un mondo sull’orlo dell’apocalisse, insieme alla sua band The Spiders from Marse e che aveva all’attivo alcuni brani “fantascientifici” come Space Oddity (1969) e Life on Mars (1973). L’uomo che cadde sulla Terra rappresentò il suo esordio da protagonista nel mondo del cinema dove si ricorderà anche per i ruoli del Maggiore Jack “Strafer” Celliers in Furyo (1983), del vampiro John Blaylock in Miriam si sveglia a mezzanotte (The Hunger, 1983) e nella serie televisiva omonima (1999), di Jareth in Labyrinth (1986) e di Ponzio Pilato in L’ultima tentazione di Cristo (The Last Temptation of Christ, 1988). Alla fantascienza tornerà solo nel 2006 interpretando Nikola Tesla nel film di Christopher Nolan The Prestige. Incredibilmente l’artista londinese non firmò la colonna sonora del film, scartata da Roeg in favore di brani di Stomu Yamashta e John Phillips.
Il regista Nicholas Roeg, celebre allora per un altro allucinatorio film come A Venezia… un dicembre rosso shocking (Don’t Look Now, 1973), mai più toccherà in futuro vette di tale visionarietà e psichedelia e il suo nome non sarà più accostato a un’opera di fantascienza (in precedenza era stato diretto della fotografia di Fahrenheit 451 di François Truffaut).
Il romanzo omonimo di Walter Stone Tevis, famoso soprattutto per Lo spaccone (The Hustler, 1959) e Il colore dei soldi (The Color of Money, 1984), ambedue trasposti in film con Paul Newman come protagonista, è probabilmente il più famoso tra quelli di fantascienza scritti dall’autore. Tevis dichiarò di sentirsi un corpo estraneo della società e scrivendo la parabola di Newton, scriveva praticamente di se stesso.
Lo stesso romanzo è stato adattato nel 1987 nel film televisivo S.O.S. Terra (The Man Who Fell to Earth) di Robert Roth, per quello che doveva essere il primo episodio di una serie televisiva poi mai realizzata.

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