Recensione su Happy Days

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serie tvHappy Days
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14 Luglio 2013

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Quando Ron Howard aveva una chioma da pubblicità dello shampoo Vidal, quando una giacca di pelle era quella di Fonzie e non quella di Renzi(e), quando “Heeey” era sinonimo di figaggine, quando tutti desideravamo entrare in una paninoteca (con il drive in!) come l’ “Arnold’s”, con il juke box e i tavoli con i divanetti a spalliera alta, quando “La loggia del leopardo” era un sinonimo cool per il circolo dei pensionati, era l’epoca di Happy Days, un telefilm che ha consolidato definitivamente la mitologia di un’epoca e di uno stile di vita, the American Way of Life, con leggerezza ed allegria.
Non a caso, la fiction ha iniziato a perdere colpi quando, involvendosi, ha cominciato a trattare tematiche troppo “reali” (il matrimonio e l’arruolamento di Richie Cunningham, Fonzie che intende adottare un bambino, l’eterna vicenda sentimentale tra Joanie e Chachi, ecc.).

Anni più tardi, fu un piacere ritrovare Tom Bosley ne La signora in giallo.

Lode agli Weezer e a Spike Jonze per questo amarcord particolarmente originale:

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