Il Decameron

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Il Decameron

Nove novelle tratte dal Decameron di Boccaccio e rivisitate da Pasolini in ambientazione partenopea.
hartman ha scritto questa trama

Titolo Originale: Il Decameron
Attori principali: Franco Citti, Ninetto Davoli, Jovan Jovanović, Angela Luce, Vincenzo Amato, Giuseppe Zigaina, Maria Gabriella Maione, Vincenzo Cristo, Pier Paolo Pasolini, Giorgio Iovine, Salvatore Bilardo, Vincenzo Ferrigno, Guido Alberti, Vittorio Vittori, Gianni Rizzo, Patrizia De Clara, Monique van Vooren, Enzo Spitaleri, Luciano Telli, Elisabetta Genovese, Luigi Seraponte, Antonio Diddio, Mirella Catanesi, Vincenzo De Luca, Erminio Nazzaro, Giovanni Filidoro, Lino Crispo, Alfredo Sivoli, Silvana Mangano, Giacomo Rizzo, E. Jannotta Carrino, Annie Marguerite Latroye, Gerhard Exel, Wolfgang Hillinger, Giani Esposito, Franco Marletta, Vittorio Fanfoni, Adriana Donnorso, E. Maria de Juliis, Guido Mannari, Michele Di Matteo, Giovanni Scagliola, Giovanni Davoli, Detlef Uhle, Patrizia Capparelli, Lucio Amatelli, Giuseppe Arrigio, Giuliano Fratello, Francesco Gavazzi, Carmelo Reale, Mostra tutti

Regia: Pier Paolo Pasolini
Sceneggiatura/Autore: Pier Paolo Pasolini
Colonna sonora: Ennio Morricone
Fotografia: Tonino Delli Colli
Costumi: Danilo Donati
Produttore: Alberto Grimaldi, Franco Rossellini
Produzione: Italia, Francia, Germania
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 111 minuti

Dove vedere in streaming Il Decameron

1 Settembre 2022 in Il Decameron

Un po’ come nel vangelo di Matteo, anche qui se ti leggi una delle tante recensioni dei manuali di letteratura scolastici, il film più o meno lo sai già. Ma il Paso ci mette un po’ più del suo e qualche immagine critica o evocativa interessante. Peccato non abbia inserito la cornice, rendendo il film un po’ monco.

8 Ottobre 2014 in Il Decameron

Pasolini rispolvera in salsa partenopea una delle più celebri opere della letteratura italiana. Vengono rappresentate nove novelle (oltre ad una decima che viene soltanto narrata), due delle quali (quella di Ser Ciappelletto e quella dell’allievo di Giotto) fanno da cornice, rispettivamente, alla prima e alla seconda parte del film, mischiandosi con le altre.
Se Boccaccio è famoso per aver descritto situazioni libertine e disinvolte (boccaccesche, per l’appunto), Pasolini enfatizza il tutto rappresentando le scene senza freni inibitori né censure.
Il tema del sesso è centrale e coinvolge pressoché tutte le novelle (eccettuate le due che fanno da cornice). Viene affrontato con disinibizione e ironia, come a voler, da un lato, combattere i tabù e la morale puritana già fortemente intaccata dal ’68, e dall’altro, rappresentare il sesso come un lato gioioso, scanzonato della vita.
Altro tema principale, meno ricorrente ma ugualmente forte, è quello religioso e della morale religiosa in particolare, sempre criticata tra le righe nelle sue varie possibili manifestazioni d’ipocrisia (la castità dei religiosi, l’idea del sesso come peccato, la ricchezza dei prelati, i presunti santi).
Inutile dire che il film si attirò le più aspre critiche dei moralizzatori dell’epoca, oltre a varie richieste di sequestro e censura (fu tra i primi film italiani a rappresentare esplicite scene di nudo integrale maschile).
Il risultato complessivo è suggestivo ed efficace. Pesa particolarmente nella riuscita generale della pellicola, la scelta di far recitare la maggior parte delle scene in dialetto napoletano (spesso assai stretto) nonché l’ambientazione fortemente popolare, che contrasta con quella borghese di Boccaccio, ma che è particolarmente efficace nel restituire uno spaccato d’Italia senza tempo.
Notevole, inoltre, l’accompagnamento musicale delle varie canzoni popolari che si ripetono con regolarità, curato dallo stesso Pasolini con la collaborazione di Ennio Morricone.
La maggior parte degli attori (eccettuati gli onnipresenti attori-feticcio di Pasolini, tra cui Ninetto Davoli nel ruolo di Andreuccio) sono presi dalla strada, ma la recitazione più che peccare di professionalità risalta per innocenza e comicità.
Lo stesso Pasolini interpreta l’allievo di Giotto nell’episodio che regala la morale poetica dell’opera, l’ideale artistico del regista, nella frase che conclude il film: “Perché realizzare un’opera quando è bello sognarla soltanto?”.

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17 Marzo 2013 in Il Decameron

« Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato Prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in dieci dì dette da sette donne e da tre giovani uomini. » [incipit Decameron, Boccaccio]
Rivive l’immortale opera trecentesca del maggiore intellettuale italiano dell’epoca, Giovanni Boccaccio, grazie all’ingegno e alla penna del maggior intellettuale italiano del novecento: Pier Paolo Pasolini. E’ una libera interpretazione, graffiante, stralunata, provocatoria, votata al piacere dei sensi, quella che il poeta e regista emiliano. Il mondo medievale e borghese della raccolta di novelle del Boccaccio, viene trasferito da Firenze in quel di Napoli, luogo in cui comunque, l’autore dell’opera aveva soggiornato agli inizi della propria carriera. Il film è in dialetto napoletano, a tratti anche molto stretto. L’interpretazione di Pasolini è libera, ed essendo libera permette all’autore di calcare la mano principalmente su alcuni punti, quale l’ipocrisia del mondo creato da Boccaccio, sostituendo l’erotismo casto e bucolico delle novelle, in erotismo spinto e veramente poco casto. Le novelle raccontate sullo schermo sono variegate e si susseguono in ordine temporale, a parte una, quella della ricerca dell’ispirazione da parte di un allievo di Giotto, interpretato dallo stesso Pasolini, che verrà ripresa più volte tra le varie storie. Si raccontano vicende di vita comune per il trecento, tutte legate da un filo conduttore sessuale, o avente a che fare comunque con un vizio umano. Ad esempio, c’è la novella di Masetto, uno spaccalegna che si finge sordomuto in un convento di suore, al fine di poter soddisfare ogni proprio desiderio sessuale e anche i desideri sessuali delle suore, salvo poi pentirsene quando si ritrova a dover soddisfare anche quelli della Madre Superiora, rivelandosi. Per non destare lo scandalo, le suore lo faranno credere miracolato. Altra novella molto ben portata sullo schermo è quella di Meuccio e Tingoccio, i due timorati della morte, che hanno paura di avere rapporti sessuali poiché temono l’inferno. Quando Tingoccio muore, rivela a Meuccio che non v’è alcun peccato nel fare sesso, e quello corre dalla moglie per soddisfare ogni piacere. Il film si conclude con la realizzazione dell’affresco da parte dell’allievo di Giotto. Pervaso da una incredibile vitalità, il film è intriso di tutta la pacatezza formale del mondo, che si ricongiunge all’idea sessuale di Pasolini, come concentrazione di ogni proprio stimolo animalesco. Nei corpi che si uniscono sessualmente, il poeta e regista costruisce tutti i simboli della corruzione trecentesca, tutti i vizi, che appartengono ad ogni ceto sociale, dai più elevati, ai poveri, addirittura agli ecclesiastici. Pasolini destrutturizza il potere, ricordandoci che davanti al sesso anche le classi sociali scompaiono, e che desideri carnali sono desideri comuni a tutti gli esseri umani. Il film è il primo della cosiddetta “Trilogia della vita”, che accompagnerà la produzione cinematografica di Pasolini per un lustro. L’opera pasoliniana è una delle prime in Italia a trattare il sesso così liberamente, proponendo scene di nudo integrale maschile e femminile. Il poeta, attraverso una colta provocazione intellettuale, muove una pesante critica alla visione sporca del sesso della società di fine anni sessanta, proponendo una versione innocentista del desiderio sessuale e del sesso in generale. C’è uno sdoganamento sessuale, forte, certo provocatorio e provocante, ma infinitamente vicino allo stesso modello dell’opera originaria. Così come Boccaccio quasi elogiava il sesso, trattandolo con leggerezza, Pasolini assolve completamente chi lo pratica, chi lo sogna, chi lo vuole. Il sesso è naturale, checchè ne dicano religiosi e benpensanti di tutto il mondo e tutte le epoche. Accentuato è il gusto del moderno di Pasolini, che riesce a rendere quasi contemporanee le novelle del trecento. Si distacca invece dall’opera del Boccaccio, per quanto riguarda il mondo raffigurato: aristocratico quello del Boccaccio, sporco, sottoproletario quello di Pasolini, e per questo si spiega anche il ricorso a un dialetto, quello napoletano, che ben si presta al contesto in cui l’opera è inserita. Il gusto per il decadente, lo sporco, il laido, in modo che ogni bruttura, ogni parte scura dell’epoca in cui ci troviamo, fintamente rappresentata nello squallore medievale, sia messa in risalto, ha da sempre affascinato Pasolini, ma in questo primo capitolo della sua trilogia, è tema principale. Dunque, il poeta, tramite un pervertivismo artistico molto accentuato, provoca, come ha sempre fatto e cerca di scuotere un mondo piatto e senza vita, un’epoca morta, distrutta dai mass-media, che demonizzano qualunque cosa. Il film è di gran lunga il migliore della trilogia, e si serve di un cast di attori noti (Ninetto Davoli, Silvano Mangano) e di molti attori meno noti, i soliti che Pasolini riesce a trovare scrutando la periferia. Alla fine, questo Decameron è quasi una battaglia, tra mondo borghese e sottoproletariato. La borghesia ne esce distrutta nella rivisitazione pasoliniana, ne esce con le ossa tutte rotte e senza più nulla da dire. Non ha vinto nessuno, nemmeno il sesso. Anzi, forse ha vinto l’arte.
« Perché realizzare un’opera quando è bello sognarla soltanto? »

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