C'è ancora domani

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C'è ancora domani

Roma, primo Dopoguerra. La città è divisa: da una parte, c'è una spinta emotiva positiva, seguente alla Liberazione dal nazifascismo; dall'altra, c'è la miseria dovuta alla guerra. In questo contesto, Ivano è, letteralmente, il capo e il padrone della propria famiglia, un uomo che lavora duramente per guadagnare quanto necessario per il sostentamento dei figli, altrettanto duro con la moglie Delia.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: C'è ancora domani
Attori principali: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni, Alessia Barela, Francesco Centorame, Raffaele Vannoli, Paola Tiziana Cruciani, Yonv Joseph, Federico Tocci, Priscilla Micol Marino, Maria Chiara Orti, Silvia Salvatori, Mattia Baldo, Gianmarco Filippini, Mostra tutti

Regia: Paola Cortellesi
Sceneggiatura/Autore: Furio Andreotti, Paola Cortellesi, Giulia Calenda
Colonna sonora: Lele Marchitelli
Fotografia: Davide Leone
Costumi: Alberto Moretti
Produttore: Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa, Ludovica Rapisarda, Saverio Giuseppe Guarascio, Mandella Quilici, Gianluca Mizzi
Produzione: Italia
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 118 minuti

Dove vedere in streaming C'è ancora domani

Estetica e morale / 5 Aprile 2024 in C'è ancora domani

È un vecchio dilemma: dobbiamo giudicare un film principalmente per il suo messaggio e per i valori morali di cui si fa veicolo, oppure per i suoi aspetti estetici? Il dilemma è particolarmente spinoso nel caso di C’è ancora domani, un film che denuncia in modo sincero la brutalità dell’oppressione patriarcale e celebra una vittoria storica delle donne italiane, ma che al tempo stesso deve essere considerato un fallimento dal punto di vista estetico.

È facile dare conto dell’ultima affermazione: la metamorfosi in balletto dell’aggressione di Ivano è inefficace a smorzare la brutalità della scena, che riesce a rendere solo estremamente grottesca; quasi altrettanto discutibile è la cinepresa che in precedenza si mette a vorticare intorno a Delia e Nino, mentre i rumori esterni scompaiono. L’attentato dinamitardo è una delle svolte narrative più improbabili che io abbia mai visto (possibile che non si sia trovato un mezzo più verosimile?); Paola Cortellesi non sembra del tutto a suo agio in un ruolo drammatico; la fotografia è deboluccia; e si potrebbe continuare. Non mancano naturalmente gli aspetti positivi: Valerio Mastandrea è bravissimo; la trama nell’ultima parte si fa serrata e avvincente; c’è qualche battuta felice e alla fine per un attimo ci si commuove; ma nel complesso il film esteticamente non funziona.

Che fare allora? Come giudicare quest’opera? Conviene qui tornare al messaggio del film. Come si sa, la trama di C’è ancora domani sembra puntare verso un certo finale, per poi bruscamente svoltare in una direzione imprevista. Ma lo spettatore non può non chiedersi cosa succederà idealmente dopo l’ultimo fotogramma: che ne sarà di Delia, quanto durerà il suo orgoglio ritrovato? E la risposta non può che essere una sola. Perché concludere allora il film su quella nota celebrativa, su quell’evento certo fondamentale, ma che non ha potuto salvare le Delie di allora e neppure, quasi ottanta anni più tardi, le ancora troppe Delie di oggi? Non è questo in un certo senso un tradimento della protagonista, così fiera alla fine, e, in piccola parte, anche dello spettatore commosso? Forse i problemi di C’è ancora domani non sono, dopotutto, soltanto estetici.

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Gradevole e con un messaggio importante / 21 Febbraio 2024 in C'è ancora domani

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ho seguito questo film con interesse e curiosità, non avevo letto nessuna recensione prima e di solito preferisco così, per evitare di essere influenzata. Mi è piaciuto ma non mi ha convinto completamente, ho apprezzato moltissimo il finale, che a parere mio, alza di parecchio il livello del film. Ottimo Mastandrea, Cortellesi nel ruolo non proprio a suo agio, nonostante il film sia suo, forse perché la sua impronta di comica emerge comunque. Ho apprezzato anche l’idea di rappresentare la violenza fisica come una specie di danza, ha così reso meno devastante l’argomento, senza sminuirlo. Alcune mancanze o buchi di trama ci sono, ma il film tutto sommato risulta gradevole e il finale è davvero emozionante, e a sorpresa, poiché nello spettatore è un altro il finale che si aspetta. Non ho apprezzato molto la scelta del bianco e nero, le scene con i bambini che risultavano ripetitive e poco reali, e alcuni momenti in cui il film scorre piuttosto lento. In conclusione per me è un bel film, da vedere e fare vedere. Ma non un capolavoro.

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Potente ma troppo leggero / 28 Dicembre 2023 in C'è ancora domani

Anni post seconda guerra mondiale. L’Italia è nella piena povertà e la trama narra si una famiglia romana che vive nella violenza domestica di un marito pessimo e una moglie zerbino, come purtroppo se ne vedevano a quel tempo ma che ancora oggi non siamo riusciti a eliminare (violenza fisica o psicologica viaggiano a braccetto).
Un film che doveva essere un pugno nello stomaco ma che poi alla fine del film lascia poco e niente del dramma e rimane una commedia, anzi una dramcomedy. L’argomento è pesante, drammatico, attuale e lasciarlo così leggero non gli fa onore. La violenza è tutt’ora, un cancro nella nostra società e sarebbe dovuto essere trattato con molta più realtà e crudeltà. Mi rendo conto che addolcire alcune scene è volutamente stato scelto per far capire la psicologia che la donna si crea nel suo immaginario per non affrontare la realtà di essere considerata dal marito una nullità ed essere usata solo per andare a letto e sfogare i suoi istinti primordiali maschili.
La Cortellesi non spicca di grande espressività, molto meglio quando fa la comica, la parte drammatica pecca molto. Ma anche il bravissimo Mastrandrea in questo film l’ho trovato proprio non adatto. Spesso sembrava che si stesse per mettere a ridere. Qui doveva esserci un volto da vero bastardo, da volerlo odiare con tutto il corpo ed invece a volte risultava quasi simpatico.
Per l’argomento trattato è un film interessante ma per come è stato trattato doveva essere diverso.
Sufficienza striminzita.
Ad maiora!

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Compromesso / 27 Novembre 2023 in C'è ancora domani

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Paola Cortellesi esordisce alla regia con un film paraculo ma allo stesso tempo estremamente coraggioso.
Paraculo perché il film è in un periodo storico florido per il femminismo.
Coraggioso perché portare un film nel 2023 in Italia in B/N e in formato 4:3 potrebbe essere un bel modo per darsi la zappa sui piedi(in termini meramente economici ovviamente) e fare un bel flop, invece questa è la dimostrazione che il pubblico è solo diseducato e che i film hanno solo bisogno di essere spinti un po’ di più da pubblicità e critici.

Ciò che ha funzionato a livello commerciale è ciò che a me ha fatto storcere un po’ il naso.

Questo film è un grosso compromesso.

Mi spiego meglio: il film superficialmente funziona e racconta la storia di una famiglia romana molto povera, nello specifico di una donna sottomessa da un marito violento nella Testaccio del ’46, poco prima del suffragio femminile.

Dico superficialmente perché ad un occhio poco attento o anche solo meno “esperto” o forse è solo una questione di gusti, comunque questo film potrebbe sembrare un’opera maestosa perché sotto il punto di vista della recitazione c’è poco da dire: Mastrandrea è ottimo, cosi come la Cortellesi, i loro figli, Colangeli, la Fanelli, veramente nulla da dire anche se a tratti ho trovato alcune battute eccessivamente forzate e i caratteri un po’ manichei;
la vena comica che esce fuori funziona quasi sempre, in sale ridevano tutti e ammetto che anche io mi sono divertito abbastanza, a momenti;
ottimo l’utilizzo della CGI per il ringiovanimento, tra l’altro di produzione italiana;
regia estremamente solida;
è un film che ha una sua morale ma non è moralista e invita lo spettatore a riflettere sulla società in cui ci troviamo oggi, perché non è vero che “se stava meglio quando se stava peggio”.

Parlavo di compromesso prima perché quello che ho trovato debole, tanto per cominciare da una cosa, è l’utilizzo del bianco e nero, si ok, dona quell’aspetto retrò ma non c’è un studio vero e proprio ne di conseguenza un buon utilizzo di luci e ombre come poteva essere per un film di Bergman, o, senza andare a scomodare Bergman, per L’uomo che non c’era dei Cohen, quindi hanno applicato il filtro e basta.
La messinscena è troppo pulita, non si percepisce abbastanza la povertà, non basta un vestito un po’ scucito o poco prosciutto nel panino per capire certe realtà, la Cortellesi è troppo serena in volto, i capelli sono sempre a posto, per me non ha proprio il viso adatto, se ha provato a trarre ispirazione dal neorealismo ha fallito perché è completamente l’opposto.
Un film che tratta certi temi dovrebbe essere tutto fuor che patinato, faccio un esempio: Pasolini era naif e probabilmente inferiore tecnicamente su tutti i fronti rispetto a questo film ma quando finivi di vedere Accattone ti veniva il disgusto, capivi cos’era la fame e la disgrazia, con C’è Ancora Domani si prova una pallida tristezza e vedere la Cortellesi che dopo aver fatto da Pungiball per Valerio Mastrandrea non ha un livido in faccia a me da un po’ fastidio, poi non ho capito la logica di lividi e ematomi, se sono nascosti sul collo e sulle braccia vanno bene basta che sono coperti e si può decidere quando mostrarli mentre sul viso no, perché?
Perché nell’unica scena di violenza(perché le altre sono tutte fuori campo) utilizzano quel sistema del ballo?
Non ha voluto spingere per fini commerciali o per gusto personale?
Io credo che un tema del genere meriti un po’ più di seriosità e un maggior coraggio di esplicitazione della violenza e della povertà, è troppo diluito.

Altro problema, come chiede al soldato americano il “favore” se non spiccica una parola di inglese?
La domanda mi è sorta spontanea anche se devo dire che è un dettaglio non mi ha infastidito per nulla.

Concludo dicendo che consiglio la visione, il mio è un giudizio un po’ cattivo ma positivo di un film, per me, però, nel complesso modesto, la Cortellesi ha ripreso un tema fuori dai canoni del cinema italiano moderno e ha fatto molto bene sia alle persone che alle sale.

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UN PUGNO ALLO STOMACO! / 2 Novembre 2023 in C'è ancora domani

Non vedevo un film cosi da tantissimo…. Per fortuna il cinema italiano vive ancora!
La Cortellesi passa dietro la macchina da presa, ma restando anche davanti, con la sua espressività unica.
La cornice familiare è variopinta: lei, Delia, madre, schiava, umiliata, succube, remissiva, che “manco ‘a serva sa’ fa’”, ma dentro talmente forte da tenere le redini della sua famiglia in silenzio; il marito Ivano (un ottimo Mastandrea), padre padrone dispotico e “nervoso”, rude e manesco.
I figli Marcella (bravissima anche Romana Vergano), innamorata di Giulio e in procinto di fidanzamento, e due maschietti/diavoli a cui vengono lasciate parecchie situazioni più divertenti (il pranzo della domenica è il top!); a contornare il tutto, Ottorino, padre di Ivano, di cui Delia deve occuparsi perchè costretto a letto, ma impossibilitato a tenere la bocca chiusa….
Il quadretto familiare è accerchiato da personaggi minori ma non d’importanza: l’amica “fruttarola”, le vicine di casa, il meccanico ancora innamorato, le varie “signore” dove Delia svolge parecchi lavoretti per racimolare qualche lira…
Il film ha un incipit davvero unico: girato in 4:3, si svolge dal risveglio a tutta la giornata di Delia, dando un quadro generale molto intenso e ben chiaro. Il film prosegue drammaticamente in un susseguirsi di vicende che mi hanno tenuto col le lacrime sul bordo degli occhi, sentite, doloranti e sofferenti, tanto da starci male, alternate a sarcasmo e macchiette da strappare una risata.
L’aria evocativa e drammatica mi ricorda molto i film della Magnani, come anche gli occhi di Delia, la vera forza espressiva della Cortellesi, dando un tono neorealista stupendo.
Ho adorato tutto: dalla regia, alla fotografia, alle scenografie, le recitazioni e la scelta musicale: le scene violenza domestica sono girate a tempo di musica, per sdrammatizzare il dolore e attenuare quella sofferenza, che può sembrare ridicolo ma ha un forte impatto visivo, nascondere la violenza, proprio come avviene dentro le mura di casa (Ivano che prima di picchiarla chiude le finestre e le vicine che dal cortile ascoltano afflitte e inermi….)
Un film potente, un pugno allo stomaco, con un finale inaspettato e carico di significato, un inno alle donne forti che purtroppo hanno sofferto (come le nostre nonne o mamme…) in un epoca in cui essere donna era sinonimo di schiava e fabbrica di figli.
Era da tanto che non sentivo applaudire in sala. Commovente.
Non vedo l’ora di rivederlo.
9/10.

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