Recensione su XX - Donne da morire

/ 20175.819 voti

25 Febbraio 2018

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film a episodi il cui filo conduttore, abbastanza disomogeneo in realtà, è dato dal fatto che ogni segmento è stato realizzato da una donna e ha una donna al centro della narrazione. Composto da quattro cortometraggi, inframmezzati dalle perturbanti sequenze in stop-motion realizzate da Sofia Carrillo, cui solo il primo, The Box, ha un’origine letteraria essendo l’adattamento dell’omonimo racconto di Jack Ketchum vincitore del Bram Stoker Award nel 1994. L’episodio è probabilmente il più terrificante e originale del lotto. Una madre e i suoi due figli Jenny e Danny, stanno tornando a casa da una gita a Manhattan. Sulla metropolitana siedono accanto a uno sconosciuto che porta sulle ginocchia una scatola avvolta in carta rossa. Al più piccolo, curioso di sapere cosa c’è dentro, l’uomo permette di guardare dentro. Danny non dirà mai ciò che ha visto, ma da quel momento rifiuterà sistematicamente di mangiare andando incontro a un veloce deperimento. Qualsiasi cosa stia corrodendo l’anima del ragazzo, si diffonde subdolamente in tutta la famiglia. Il cortometraggio deve molto all’atmosfera che si respirava in alcuni episodi della serie Ai confini della realtà e adatta fedelmente il racconto di origine. L’unica differenza è nel focus della narrazione che passa dalla figura del padre a quello della madre, cosa funzionale al tema della pellicola e che permette di far emergere le ansie e le pressioni della maternità, diverse da quelle della paternità, poste davanti alla lenta disgregazione della famiglia. Il contenuto della scatola, classico MacGuffin cinematografico, non sarà mai rivelato instillando nello spettatore il tarlo della curiosità ma anche la consapevolezza che qualunque cosa sia, conoscerlo equivarrebbe far perdere fascino al racconto.

Lascia un commento