Recensione su Quella casa nel bosco

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Viaggio nei sotterranei dell’horror / 17 Maggio 2013 in Quella casa nel bosco

In ogni film horror che (non) si rispetti, arriva il momento in cui i protagonisti, braccati da creature più o meno spaventose, decidono di dividersi.

Succede anche in Quella casa nel bosco, diretto da Drew Goddard e scritto e prodotto da Joss Whedon.

Solito film con un gruppo di studenti vittime delle peggiori efferatezze? Per niente.

A differenza di tanti altri lungometraggi dell’orrore, Quella casa nel bosco non si limita a riproporre prevedibili cliché, ma li spiega anche.

Spiega perché i protagonisti non ascoltano gli avvertimenti di un sinistro benzinaio, spiega perché non si può fare a meno di aprire porte o botole che farebbero bene a rimanere chiuse e, sì, spiega anche perché tutti sentono l’irrefrenabile bisogno di dividersi.

Whedon e Goddard mettono in piedi un film a metà tra il divertissement e un’ironica riflessione sul genere.

C’è il tentativo di leggere, dietro gli stereotipi, un’ancestralità rituale che affonda le proprie radici nel mito e nei riti di passaggio, c’è una riflessione su quello che il pubblico, entità inafferrabile, pretende di vedere sul grande schermo, in combutta con sceneggiatori e registi incapaci di compiere scelte narrative coraggiose.

Ma quanto davvero si può cambiare un genere? Fino a che punto si può mescolare, contaminare, smontare senza perdere di vista l’obiettivo finale, la paura?

Whedon e Goddard sembrano conoscere la risposta. Una casa nel bosco insinua molteplici riflessioni senza mai annoiare, complice anche una folle, geniale parte finale, un tour zoologico dal sapore demoniaco che arriva fino agli Antichi di lovecraftiana (o buffyana) memoria . Un film horror, insomma, che non si vergogna di essere tale.

E se i cottage nei boschi continueranno a fare paura, il merito sarà anche di questo film.

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