Recensione su The Bourne Legacy

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The Bourne eccetera / 8 Settembre 2012 in The Bourne Legacy

Spin-off (più che sequel) della saga di Jason Bourne (interpretato da Matt Damon in “The Bourne Identity (2002)”, “The Bourne Supremacy” (2004) e “The Bourne Ultimatum” (2007)), per la regia di Tony Gilroy (“Michael Clayton” (2007)), sceneggiatore della saga anche in questo capitolo, che sostituisce alla regia Paul Greengrass, questo spy-movie non arriva alla sufficienza, zavorrato dalla sua eccessiva somiglianza in alcuni tratti con il primo film della serie (possibile nuova trilogia?) e dalla durata eccessiva: 135 minuti sono tanti se non li sai gestire con continuità e dosando l’altalenarsi delle situazioni, e qui gli scarti sono veramente notevoli (considerando soprattutto l’inizio un po’ arrugginito): lo spettatore medio potrebbe faticare e annoiarsi, e questo costituisce la morte del film; inoltre si sente un po’ il mancato supporto di una regia che è sì sufficiente ma che forse avrebbe potuto mostrare più qualità in alcuni frangenti invece di limitarsi al compitino. La sceneggiatura è la classica “bournata” piena di intrighi, (evitate il film se non avete visto almeno uno dei precedenti, l’ideale sarebbe averli in mente tutti e tre) con badilate di nomi e personaggi utili per gli aficionados in modo da mantenere il trait d’union con gli altri, ma difficili da digerire almeno inizialmente per i neofiti. Nuovo protagonista della saga caratterizzata dalla enorme fantasia dei titoli è Jeremy Renner (che nonostante sia stato candidato all’Oscar come protagonista per “The Hurt Locker”, miglior film del 2008, e come non protagonista per “The Town” nel 2010, verrà ricordato per l’Hawk-Eye di “The Avengers” (2012), film rilevante come le mutande in un porno) che a fare l’eroe d’azione salva-situazioni-impossibili è bravo, ma vista la sua bravura a recitare con lo sguardo sarebbe forse un peccato si limitasse a quello; al suo fianco la Bourne girl Rachel Weisz (primi due episodi de “La Mummia” (1999 e 2001), assieme a Brendan “Indiana Jones dei poveri” Fraser, oltre ai più interessanti “Agora” e “Amabili resti” nel 2009) che interpreta la scienziata tutta testa che si ritrova in una situazione più grande di lei, personaggio clichè ma in film di questo tipo è ciò che passa il convento; il cattivo è il brizzolato (e redivivo) Edward Norton (“American History X” (1998), “Fight Club” (1999), “La 25a ora” (2002)), che a differenza dell’inguardabile “L’incredibile Hulk” (2008) salva la baracca interpretando con vigore patriottico un Tom enormemente avvantaggiato rispetto al suo Jerry, avendo a disposizione praticamente tutta la tecnologia esistente sul pianeta e sfruttandola in maniera asfissiante nei confronti dei protagonisti. Dal punto di vista tecnico spiccano in positivo la fotografia di Robert Elswit (vincitore dell’Oscar per “Il petroliere” (2008)) che passa in maniera abbastanza disinvolta dalle montagne alla città, da un continente all’altro, dal Manzanarre al Reno, e le musiche di James Newton Howard (5 nomination all’Oscar per la miglior colonna sonora, tra cui quella de “Il fuggitivo” (1993) più 2 nomination per la miglior canzone) che sottolineano adeguatamente i ritmi conciatati della seconda parte di film.

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