Sacro GRA

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Sacro GRA

GRA sta per “Grande Raccordo Anulare”, l’anello autostradale corre intorno alla città di Roma. Il documentario mostra schegge di vita di personaggi che vivono e lavorano all’ombra della grande arteria. Leone d'Oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2013.
jossi ha scritto questa trama

Titolo Originale: Sacro GRA
Attori principali: Roberto Giuliani, Franceso De Santis, Paolo Regis, Amelia Regis, Principe Filippo Pellegrini, Cesare Bergamini, Gaetano Finocchi, Patrizia Torselli, Daniel Ona

Regia: Gianfranco Rosi
Sceneggiatura/Autore: Gianfranco Rosi
Fotografia: Gianfranco Rosi
Produttore: Marco Visalberghi, Roberta Ballarini, Paolo Del Brocco
Produzione: Italia
Genere: Documentario
Durata: 93 minuti

Dove vedere in streaming Sacro GRA

Il documentario recitato / 24 Febbraio 2016 in Sacro GRA

Quale poesia potrà mai esserci in un alveare di vite che gravita attorno al grande raccordo anulare? Ambulanze, cubiste, pescatori del Tevere e attoruncoli da fotoromanzo, interni di case popolari e suite barocche, piazzaloni di periferia dove il pomeriggio ballano gli ecuadoriani e porchetterie ambulanti.
Eppure c’è, anche Fellini aveva intuito l’enorme potenziale poetico del kitsch, del freak, del popolano; Rosi ne ripercorre la strada con un mezzo molto diverso, quello del documentario recitato. Un sottogenere rischioso, perchè gioca con il fragilissimo equilibrio tra documentario e finzione mettendo a rischio la propria credibilità.
Qui non si tratta di dire “è tutto vero” o “è tutto finto”; si tratta di dire “è raccontato bene” o “è raccontato male”. Onde, per un inspiegabile paradosso, l’impersonificazione un po’ forzata e innaturale di sè stessi e della propria vita reale rischia di essere meno tollerabile della peggior menzogna scenica.
Così come il dramma – vero, tangibilmente vero – dell’operatore di ambulanza con la madre malata di Alzheimer risulta un po’ sgualcito da un vago sentore di “mo’ ce metto passione”, allo stesso modo il fascino un po’ braminico che emana il padre con squisita parlata piemontese coabitante con la figlia sempre al computer, riesce ad avvolgere magicamente anche quando raccoglie l’acqua piovana o si toglie le braghe.
Rosi maneggia questo materiale umano apparentemente senza gli elementari accorgimenti della fiction (l’uomo delle palme oggettivamente non funziona, è noiosetto e sembra perfino ricevere i suggerimenti in cuffia; eppure c’è), ne emerge un quadro disarmonico con alcuni spunti indovinati.

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6 Agosto 2014 in Sacro GRA

Come romano che quotidianamente prende il GRA per andare a lavoro posso dire che certe scene sono belle da vedere.
Ma il docu/film in oggetto vuole far conoscere cosa gira intorno all’anello di Roma.
E devo dire che non mi ha per nulla entusiasmato.
Non porta a nulla, non da nulla.
Tante storie indipendenti di realtà diverse.
Perché questo film?…
Bah…
Inutile.
Una cosa però è veramente bella: IL CIELO di Lucio Dalla, la sigla finale…
Ad maiora!

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24 Febbraio 2014 in Sacro GRA

Senza un presidente di giuria italiano Sacro Gra non avrebbe vinto di certo il leone d’oro. Non impressiona, non si distingue, non aggiunge nulla e non ha nessun pregio. Dopo un’ora di mero vagare intorno al raccordo anulare di Roma già vien voglia di prendersi a schiaffi per rimanere svegli.
Sembra di addentrarsi nelle favelas, par che gli unici personaggi degni di nota siano vecchie carampane abbandonate su relitti d’auto a bordo strada o pescatori d’anguille incartapecoriti.
La Roma di Rosi non è quella di Sorrentino, siamo d’accordo, ma lo spirito con cui Rosi l’attraversa non comunica nulla. Questa specie di abbraccio che è il raccordo anulare e che contiene tutto e tutti non trova un significato e non è metafora di nulla.
Sarà anche un documentario ben realizzato ma non lascia nulla a chi lo guardi.

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Tanto rumore per nulla / 11 Novembre 2013 in Sacro GRA

Non sono un grande appassionato di DocuFilm ma , non fosse altro che per curiosità , non potevo perdermi il film vincitore del Leone d’oro dell’ultimo festival di Venezia . Però devo confessare di essere uscito dalla sala piuttosto perplesso . La bravura di Gianfranco Rosi come documentarista è fuori discussione , ma il Grande Raccordo Anulare , che grazie ad un titolo così ammiccante si supponeva fosse il grande protagonista del lungometraggio , a mio giudizio è rimasto seminascosto , quasi anonimo se non per qualche inquadratura, qualche raro scorcio interessante (mi è piaciuto il gregge di pecore intente a brucare l’erba incuranti del rumore delle auto che sfrecciano sulla strada) e ben poco d’altro . E poi i vari personaggi che con le loro storie forniscono lo spunto alle carrellate sono quelli che si possono trovare nelle periferie di qualsiasi grande città. Insomma , una sostanziale delusione e , ahimè , anche una certa noia per un’opera che mi è parsa più velleitaria che riuscita .

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21 Ottobre 2013 in Sacro GRA

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Documentario vincitore di generiche cose, sul raccordo anulare di Roma. Due anni, ha passato il Rosi-regista, a raccogliere materiale in quella zona di periferia indefinita e sterminata e circolare dove la città sfuma nella sterpaglia prima della campagna tout court. E l’umanità, eventuale e varia, che puoi trovare lì in mezzo, figurati. La scelta è rinunciare a una cornice in qualche modo narrativa, rassegna di persone e personaggi a loro modo peculiari o strampalate, outsiders, invisibili, losers, maddafackers, flaneurs, decaduti (nobili), decadenti (travoni), volgarità, antichi mestieri (e mi riferivo alla pesca, non al meretricio -.-), nuovi mestieri.
Il risultato, al di là della margherita di vite che si spetala (?), interessanti anzichenò, è discutibile. Il documentarista rinuncia a parlare con i suoi soggetti, lasciandoli parlare, e fin lì più che legittimo. Ma con chi parlano, perché parlano, troppo spesso la spontaneità non abita qui. Pescatore che parla, in casa sua, della coltura di anguille. Sei in casa tua, perché ne parli, con chi ne parli? A noi? No, alla compagna che non ti ascolta e non ne sa un’anguilla? Chiaramente no, questo discorso non può essere la tua quotidianità, al documentarista no perché si mette invisibile, a chi ca**o stai parlando?
E il salvapalme, vogliamo parlare del salvapalme? Che arriva a dire che gli insetti sono un po’ come gli umani, on est tous censés repondre “uuuuhhhh, che cosa profonda”? Ma no, basta, che bestialità, anche, toh, le buse di vacca sui sentieri di montagna, se ci si impegna un minimo, si riesce a dire che sono come gli umani, sotto qualche rispetto. Ogni cacca è sola! Nasce al caldo e muore al freddo e sola!
“Uuuuuhhhh”.
No, pliz, lasciamole al fabiovolismo, per dirla in una parola, queste cose -.-’
Nondimeno, ci sono alcuni personaggi azzeccati e stupendi, tipo i due trans di una certa età che vivone nella roulotte abbandonata tra la polvere, con quello che canta in continuazione e non si capisce come l’altro lo sopporti; anche se per me (ma immagino di non essere il solo) è il fu-nobile barbogio e sapone, che non sta zitto mai e parla su tutto mentre la figlia zitella sta appiccicata a fb e ogni tanto gli dice “mhmh” oppure “e quindi?” a vincere.

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