Recensione su Pontypool - Zitto o muori

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23 Luglio 2012

“Il linguaggio vi fotte, vi trafora, vi trapassa e voi non ve ne accorgete”.
Questa celebre citazione di C.B., Carmelo Bene per l’anagrafe, potrebbe essere tranquillamente uno slogan promozionale per questo intelligente e sorprendente horror. Prendendo spunto dal celebre episodio de La Guerra Dei Mondi recitato per radio da Orson Welles, il regista McDonald riesce a confezionare un ottimo zombie movie in cui il virus e la fonte maggiore di terrore non è altro che il linguaggio. Ma se nel caso di Welles era il racconto radiofonico a innescare l’isteria di massa, al contrario in Pontypool è ciò che accade all’esterno di una piccola stazione radio di paese a insinuare lo spavento nel dj, nel resto del personale e, conseguentemente, nello spettatore. Dove pellicole come The Blair Witch Project rimediavano sapientemente e furbescamente alla povertà di mezzi decidendo di non mostrare, di trasmettere il senso del pericolo imminente tramite l’oscurità e uno stile gonzo volto a incentivare l’immedesimazione, Pontypool usa magistralmente la sola narrazione e dimostra tutto il potere che hanno le parole di evocare immagini e sensazioni, in un crescendo di tensione. Il soggetto del film avrebbe potuto tranquillamente essere stato scritto da Umberto Eco. Al di là del puro intrattenimento, infatti, è possibile leggere il film come una parabola apocalittica sul potere del linguaggio nella nostra società e sulla capacità delle parole e delle narrazioni di distorcere le idee e di trasformarsi di fatto in veri e propri virus, che alterano la nostra percezione degli eventi e della Storia. La letteratura in merito è sterminata, ma personalmente, per chi volesse approfondire, consiglio il libro del succitato Eco, che sicuramente ne sa più del sottoscritto, “Sei passeggiate nei boschi narrativi”, in particolare la parte in cui si discute la genesi dei protocolli dei savi di Sion e la copertura mediatica della guerra delle Falkland. Ma anche per chi non fosse interessato alla semiotica e alla linguistica, Pontypool resta comunque un bel prodotto che riesce a spaventare con intelligenza e originalità, utilizzando temi complessi senza farli apparire tali e mettendo il tutto al servizio film e non viceversa. Consigliato.

4 commenti

  1. ottima rece, mi trovo d’accordo in pieno. solo due appunti… per quanto riguarda eco si può dire che è tutta la sua produzione letteraria a girare intorno a questo unico tema; e posso aggiungere che, nonostante lo spunto per il film sia azzeccato e svolto anche senza troppi moralismi, non ci farei grosse riflessioni sociali dal momento che questo dare eccessivo peso alle parole (rispetto alla realtà, ti ricordi moretti? “le parole sono importanti, cazzo!) è un tantino maoista e moralista e spero venga soppiantato da una quintalata di ironia socratica! perché, come diceva quel tale, le parole e i concetti sono solo semplificazioni della realtà.

  2. Socrates gone mad / 19 Agosto 2012

    Ti ringrazio per il contributo. Dovrei approfondire i miei studi in merito e spero di farlo, dato che sto per riprendere gli studi in lettere, ma così d’istinto ritengo che tra realtà e linguaggio ci sia un rapporto ambivalente e che finiscano per influenzarsi l’un l’altra. Soprattutto credo che il linguaggio influenzi inevitabilmente la realtà per quanto riguarda la nostra percezione della stessa e nel modo in cui ci rapportiamo. Ciao 🙂

  3. linguaggio e realtà si influenzano? di certo eco sarebbe d’accordo con te, e anche hegel (che pensava con la sua opera di aver messo definitivamente la parola fine sulla storia del pensiero), io decisamente meno ma tant’è…anche io mi ero iscritto a filosofia un paio di anni fa ma non sono riuscito a starci dietro…spero tu sia più fortunato di me (e più volitivo soprattutto). 😉

  4. Socrates gone mad / 20 Agosto 2012

    Ripensandoci, se consideriamo il linguaggio parte della realtà e la realtà come quello che in matematica chiamano “l’insieme universo”, allora potremmo dire che sono diverse componenti della realtà a interagire e influenzarsi vicendevolmente. Ma qui sto andando molto a braccio 🙂 Hegel non mi ha mai ispirato, mi è sempre sembrato troppo dogmatico e metafisico (tutta quella questione pseudo-cristiana dello spirito). Grazie per l’augurio, speriamo bene.

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