Recensione su Il filo nascosto

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Alma e Reynolds / 14 Luglio 2018 in Il filo nascosto

In una scena deliziosa di amore a prima vista, tra le più originali e sincere della storia del cinema (quel rossore improvviso!): così ci vengono mostrati per la prima volta insieme Alma e Reynolds. Ma il loro rapporto non si sviluppa come l’inizio – col suo erotismo cameratesco, da pari a pari – lascerebbe presagire; è invece un rapporto ineguale, in cui la gentilezza di Alma, la sua intelligenza, la sua inesauribile capacità di prendersi cura, ma anche – a rendere più vero il personaggio – le sue occasionali imbronciature e gelosie (p.es. nell’episodio della principessa) vanno a scontrarsi con l’egocentrismo dell’uomo, le sue nevrosi, il suo bisogno di essere lasciato solo, tranne che nelle crisi periodiche di regressione semi-infantile e negli occasionali slanci amorosi. Reynolds è il più convenzionale dei due personaggi, malgrado la consueta eccezionale interpretazione di Daniel Day-Lewis; ma è Alma che a un certo punto della vicenda sembra distruggere improvvisamente l’autenticità del proprio personaggio, con un gesto di amour fou o, se ammettiamo che sappia molto bene cosa sta facendo, di estrema manipolazione, che comunque in nessun caso le appartiene. Ma anche passando sopra a questa incoerenza, risulta impossibile digerire il bizzarro colpo di scena quasi alla fine del film, che distrugge stavolta la credibilità del personaggio di Reynolds – anche se in cambio con la sua improbabilità rende Phantom Thread ancora più memorabile.

Il risultato è un’opera piacevolissima (anche se un po’ lunga), che alterna il dramma alla commedia (vedi l’episodio esilarante di Barbara Rose), dai toni comunque leggeri (salvo qualche piccola caduta di gusto, come la visione della madre defunta), ma che non riesce a trovare il modo per risolvere in modo originale e credibile il contrasto di caratteri che mette in scena. Bravissimi tutti gli interpreti, anche se la mia preferenza va alla stupefacente Vicky Krieps. Notevole infine il modo in cui il regista si è sforzato di creare un film che non fosse solo sugli anni Cinquanta, ma che apparisse anche come degli anni Cinquanta, con le sue atmosfere vagamente hitchcockiane, una certa generale pudicizia, la colonna sonora pervadente e persino i titoli di coda in stile rétro.

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