Recensione su Oppenheimer

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Un mondo di energia e paradossi / 11 Settembre 2023 in Oppenheimer

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni sparse)

Sono abbastanza convinta che l’assunto e il perno intorno a cui ruota lo sviluppo di Oppenheimer di Nolan sia riassunto nella prima battuta pronunciata da Kenneth Branagh (nel ruolo di Bohr) pochi minuti dopo l’inizio del lungometraggio, che recita pressapoco così: “(Le scoperte di Einstein contengono) Un mondo di energia e paradossi che tanti non potranno capire”.

Oppenheimer è costruito come una messinscena cinematografica di fatti e discorsi rappresentati prima in modo parziale, per orientare in una direzione percezione e riflessioni del pubblico, e, poi, in maniera completa, per permettere -sempre al pubblico- di completare il puzzle e trarre, finalmente, conclusioni fondate – infine – su una visione (drammaturgica) dei fatti completa.
L’energia è la materia narrativa. I paradossi sono i comportamenti ambivalenti dei protagonisti -anzi, la loro rappresentazione- che costruiscono realtà alternative, confliggenti fra loro.

Così, quelli che, all’inizio, sembrano alleati poi si dimostrano ben diversi, viceversa accade con le persone inizialmente ostili e, poi, mogli isteriche diventano indispensabili chiavi di volta. E così è, anche se in maniera molto più ambigua e sicuramente meno didascalica, per il protagonista, Oppenheimer, che, per gran parte del film, sembra uno scienziato pazzo pronto a sacrificare il mondo pur di confutare teorie complicatissime e la cui figura (cinematografica), via via, si stempera in quella di un uomo afflitto da dubbi morali che, al contrario di quanto appare inizialmente nel racconto, hanno sempre moderato ogni sua scelta. Secondo la rappresentazione che ne fa Nolan (non ho idea se le cose siano andate così), Oppenheimer non ha mosso mai un dito, in vita sua, senza calcolare pro e contro, cause ed effetti di ogni singola azione, compresa – ovviamente – la progettazione della bomba atomica.
L’unica cosa che sembra essergli sfuggita di mano è la relazione con Jean Tatlock (Florence Pugh, letteralmente incarnazione del caos, dell’imprevedibilità incalcolabile). A proposito di didascalismi che, per me, hanno il sapore di una inutile indulgenza nei confronti del pubblico, beh, il parallelo che il protagonista fa spesso tra la morte della Tatlock e la bomba è uno di questi.

Il film Oppenheimer è un’altra matrioska di Nolan in cui – sbaglierò, ma… – i temi (ricorrenti e insistiti, nella sua filmografia) del tempo e della percezione della realtà mi sono sembrati trattati in maniera meno sofisticata e interessante che altrove.

Fatto sta che, per me, Oppenheimer si rivelata una esperienza cinematografica (sonoro, fotografia, montaggio) esteticamente bella, ma fisicamente insopportabile.
Davvero, ho faticato a vedere questo film (e non perché non sia abituato ai film di lunga durata). Al di là del minutaggio, infatti, ho patito la (calcolata) artificiosità dei dialoghi, la loro arguzia costruita a tavolino, il continuo botta e risposta sempre illuminato tra i personaggi che, personalmente, mi ha concesso poco tempo (proprio con Nolan…) per assimilare alcuni snodi narrativi in contemporanea con ciò che accadeva sullo schermo.

Bravo Cillian Murphy, che ve lo dico a fare (Nolan l’avrà fatto apposta a far vedere i suoi occhi così giganteschi e, a tratti, spaventosi tanto da sembrare simili alle biglie che, nella boccia, rappresentano la quantità di uranio accumulata per la bomba?).
Ma bravi un po’ tutti, sì, e di “gente famosa”, in questo film, ce n’è davvero tanta, pure troppa.

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