Recensione su Fronte del porto

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Fronte del porto
Regia:

Brandocentrismo / 17 Luglio 2016 in Fronte del porto

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni sparse)

Regia impeccabile di Elia Kazan, fotografia da noir da manuale di Boris Kaufman, Eve Marie Saint debuttante azzeccata, Karl Malden, Rod Steiger e Lee J.Cobb estremamente efficaci: in questa produzione, tutti hanno indiscutibili pregi e meriti, ma Fronte del porto è un film che trova la propria ragion d’essere pressoché esclusivamente in Marlon Brando e in quella sua fisicità assolutamente peculiare capace di diventare impressionante forma interpretativa fin dalla prima inquadratura.

In una battuta, Edie (la Saint) dice che, nonostante i suoi modi rudi, negli occhi di Terry (Brando) c’è qualcosa di buono ed è quello sguardo tagliente ma sornione, infatti, a definire l’interpretazione da Oscar dell’attore di Omaha: il trucco sulle palpebre volto a camuffare i tratti originali di Brando per renderli simili a quelli di un pugile suonato porta costantemente l’attenzione sul lavoro fatto dall’attore sul personaggio, che, dietro i muscoli e l’aria da bullo di periferia, è, in realtà, un ragazzo già stanco, finito, un libro aperto per tutti, buoni e (soprattutto) cattivi che, non a caso, si approfittano di lui e della sua triste dedizione nei confronti di un fratello accecato da un barlume di potere.

A posteriori, ho scoperto che la scena del taxi, in cui i fratelli Malloy si confrontano forse come mai prima d’allora, è stata improvvisata da Steiger e Brando (già compagni all’Actor’s Studio): guardando il film, ero rimasta colpita dalla gestualità di Steiger (gli occhi improvvisamente volti al tettuccio del taxi in un moto di disperazione che rende d’un botto umano l’odioso “fratello che ha studiato”) e, soprattutto, da quella di Brando. Quando Charley impugna la pistola puntandola verso il fratello, Terry è sinceramente sgomento, ma non reagisce in maniera violenta, né fa alcunché per disarmare Charley. Semplicemente, appoggia una mano sull’arma, scostandola, mostrando una vulnerabilità e una dolcezza inattesa in un uomo così “materiale”.
Solo a visione ultimata, appunto, ho letto una dichiarazione di Kazan su quella scena: anche il cineasta restò impressionato da quel gesto di Brando, che, in una “carezza” alla pistola, aveva definito completamente il suo personaggio come, probabilmente, nessun altro avrebbe potuto.

Parallelismo d’accatto: realizzo adesso che il bel film The Drop di Michaël R. Roskam (2014) è particolarmente debitore di questa pellicola di Kazan, non solo per via del contesto proletario in cui i due film sono ambientati, ma soprattutto per la definizione del personaggio interpretato da Tom Hardy, “cugino” di Terry Malloy (anche nell’aspetto), e dei suoi rapporti con quello di Gandolfini.

Non sapevo/non ricordavo/non avevo realizzato il ruolo di Kazan nella storia del Libro Nero di Hollywood e devo dire di esserne rimasta dispiaciuta, perché ho sempre apprezzato i suoi film, alcuni dei quali visti e rivisti fin da ragazzina (come La Valle dell’Eden): in qualche modo, pensare che Kazan ha contribuito consapevolmente alla caduta di colleghi e altri artisti mi addolora e, nonostante abbia apprezzato anche questo suo lavoro, non so davvero come interpretare la sua incoerenza. Fronte del porto è da intendersi come una richiesta di scusa, di redenzione? Tra l’altro, ciò basterebbe, a fronte di carriere interrotte e, perfino, di vite spezzate?

8 commenti

  1. Nadja / 30 Agosto 2020

    Ho scoperto recentemente Kazan e sto amando i suoi film, che cosa intendi con “…nella storia del Libro Nero di Hollywood “?

    • Stefania / 30 Agosto 2020

      @elisa1996: Kazan fu una delle spie di McCarthy, il senatore repubblicano che, negli anni Cinquanta, scatenò la “caccia alle streghe” dei comunisti negli USA, arrivando fino a Hollywood. Kazan, che pure era stato un simpatizzante comunista (fu iscritto al partito per un certo periodo), denunciò ai maccartisti alcuni colleghi, condannandoli alle liste di proscrizione, il che voleva dire essere arrestati e/o non poter più lavorare (magari, sai già di che si tratta, ma ti segnalo che, per esempio, una di queste storie è raccontata nel film L’ultima parola sullo sceneggiatore e regista Dalton Trumbo).
      Ti passo il link di un video in cui si vedono vari attorie e registi che, alla consegna dell’Oscar alla carriera a Kazan, nel ’99, reagiscono in maniera diversa alla proclamazione: c’è chi si alza e applaude, come Warren Beatty e Kurt Russell, e chi non fa niente, come Ed Harris e Nick Nolte, per protesta, diciamo. Pare che Brando, per esempio, abbia rifiutato la proposta di annunciare e consegnare personalmente la statuetta a Kazan, nel corso della cerimonia (l’incombenza venne poi affidata a Scorsese e De Niro).
      https://www.youtube.com/watch?v=3YziNNCZeNs
      Onestamente, mi mancano mooolti film di Kazan, ma, se non l’hai ancora visto, mi permetto di consigliarti La valle dell’Eden con Jimmy Dean. Dovrei rivedere sicuramente Splendore nell’erba. E, poi, vedere almeno una volta tutti gli altri, in primis Fango sulle stelle con Montgomery Clift e Un volto nella folla. Purparlé, mi piacerebbe tanto che canali tematici free come Rai Movie (ma, per dire, anche Rete 4, che dedica, da sempre, la programmazione del pomeriggio ai classici) facessero qualche retrospettiva sui vecchi registi di Hollywood, questi film sono sempre difficili da recuperare.

      • Nadja / 30 Agosto 2020

        Concordo sulla retrospettiva. Ecco si non mi stupisce la reazione di Brando. Fronte del porto fu girato proprio durante/dopo questi fatti. Potrebbe essere nato come sublimazione della sua colpa o giustificazione. Effettivamente il protagonista è uno che tradisce i suoi amici, parla di tradimento, sogni infranti. Lo trovo coerente con quello che gli è accaduto. Poi è solito degli artisti o scrittori mistificare con le loro opere la realtà, in questo senso mi viene in mente Seneca che predicava l’ostilità a qualsiasi forma di politica, poi era stato il mentore/consigliere di Nerone. Forse nella stessa maniera Kazan ha cercato di aggiustare con l’arte il tradimento fatto nella vita. Poi diciamo che anche lui ne è stato colpito, perchè a breve arriverà anche la sua disfatta. L’unica cosa che mi dispiace che lui e Brando non collaborarono più, perchè è evidente che i migliori film della prima parte della carriera di Brando sono quelli con il regista.
        Poi ho visto la valle dell’eden, molto bello ma preferisco questi due. Trovo Kazan un regista hollywoodiano ma allo stesso tempo anti-hollywodiano, e in questo senso ha anticipato la rivoluzione del ’68, poi riguardo al tradimento nulla da dire, una cosa orribile data dalla paura e dai soldi probabilmente. Ma i suoi film rimangono bellissimi, e mi spiace che tra quelli della mia età non si conoscano.

        • Stefania / 30 Agosto 2020

          @elisa1996: eh, la carriera di Brando è stata complicata anche dagli “umori” dell’attore. Indubbiamente, Kazan sapeva sfruttarne alla grande talento, presenza e carisma.
          A proposito delle “retrospettive”, un tempo (parlo della fine degli anni Ottanta, primi anni Novanta), Rai 1, soprattutto d’estate, programmava vecchi film americani, intorno alle 14. Senza esserne troppo cosciente, all’epoca feci certe scorpacciate di noir e film romantici che levati 🙂
          Ogni tanto, Fuori Orario su Rai 3 ci prova, ma è sempre più raro (ricordo quella di -forse- un paio di anni fa, su Jacques Tourneur).
          Non so se ricevi il canale (io, non più, da anni), ma su ReteCapri/Capristore (canale 122 del dtt), i film delle h.21 sono sempre vecchi classici, soprattutto della “grande Hollywood”: vengono spesso ripetuti, ma… meglio di niente 😉 https://www.nientepopcorn.it/film-in-tv-oggi/rete-capri/

    • Nadja / 31 Agosto 2020

      Bellissimo l’articolo su Brando

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