10 Luglio 2014
Dopo “La ragazza che saltava nel tempo” e “Summer Wars”, Mamoru Hosoda si arma di un soggetto auto redatto per raccontare una storia incantevole, dimostrando finalmente di essere un grande regista, cosa che con i film precedenti non gli è proprio riuscita.
Una storia che affonda le sue origini in un amore giovanile, che si è trasformato in quello di una vita. Quello che si incontra solo una volta e che poi è per sempre. Un amore pieno di gioia e pienezza nel viverlo e che in due piccole e nuove creature ha trovato il massimo della sua espressione. Un legame che già dal principio ha saputo dimostrarsi forte e indissolubile, superando le diversità genetiche, i segreti e gli ostacoli indotti dalla società.
Ma è sulla difficile crescita dei due bambini lupo, nati da questo amore incontrastabile, che è incentrata tutta la carica emotiva di Wolf children.
Due vite curate dall’amore devoto di una madre che ha saputo come proteggerli e crescerli come si deve, nonostante le avversità del quotidiano e quel segreto da difendere.
Due evoluzioni difficili, in continua indecisione tra l’esprimere o il reprimere quella parte di codice genetico lasciatogli in eredità dal padre. Ma che con il passare del tempo hanno saputo modellare una propria personalità, scegliendo chi essere. Se esseri umani o esseri lupi.
E’ nel raccontare con così tanta emozione e poesia la complessità dell’evolvere, di crescere, dello svilupparsi di individui autonomi e coscienti, che Wolf children dimostra la sua grandiosità. Che alimentata da un’estetica incantevole, fa più volte vacillare quella lacrima sempre incerta sullo scendere o meno.

Ti dirò: benché il “tono” sia ben diverso, considerando quanto mi ha fatto divertire, preferisco Summer Wars.