Recensione su Melancholia

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Fino alla fine del mondo / 27 Gennaio 2014 in Melancholia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A modesto parere di chi scrive, Lars von Trier è il regista più ambizioso, arrogante, sopravvalutato, presuntuoso e antipatico della Storia del Cinema. Per alcuni è un maestro che realizza una meraviglia dietro l’altra, per altri uno sbruffone che invece di sedere dietro la macchina da presa sarebbe meglio se cambiasse mestiere. Come spesso succede in questi casi, la verità, probabilmente, sta nel mezzo: Trier non è un genio, ma non è neppure un incapace. E’ un abile e astuto provocatore che, nel bene e nel male, riesce sempre a far parlare di sé e a far credere a molti di essere più bravo di quanto non sia in realtà.
Uno dei suoi difetti più grandi è quello di dire stupidaggini ogni volta che apre bocca, come quando, tra lo sconcerto dei presenti, durante la conferenza stampa di presentazione di “Melancholia” al Festival di Cannes 2011 rilasciò imbarazzanti e deliranti dichiarazioni antisemite che, giustamente, causarono la sua espulsione dalla manifestazione cannense. A noi, comunque, interessa il Trier regista, ossia quello che gira i film, belli o brutti che siano, non quello che spara caz**te a destra e a sinistra. “Melancholia” è un film diviso in due parti, la prima dedicata a Justine, la seconda a Claire, ovvero le protagoniste dell’opera in questione, che affronta temi impegnativi come la depressione e la fine del mondo. Justine è una ragazza che ha tutto quello che occorre per essere felice: è bella, ha un buon lavoro (da copywriter viene promossa dal suo capo ad art director) e si è appena sposata con un uomo, Michael, che l’ama alla follia.
Ella, però, è afflitta da un disagio psichico che si acuisce in maniera esponenziale proprio nel giorno del suo matrimonio, e il fastoso ricevimento nuziale è inevitabilmente rovinato. Suo marito vorrebbe fare l’amore con lei, ma Justine lo respinge preferendo concedersi a un suo giovane collega che la segue ovunque lei vada. La festa finisce mestamente, e tutti se ne vanno a casa infelici e scontenti, compreso Michael, che da quel momento sparisce dal film per non vedersi mai più (a proposito: ma che fine fa?). Justine sta così male da non riuscire neanche a prendere un taxi da sola, e sua sorella, Claire, che insieme al suo consorte, John, si era fatta in quattro per organizzare il banchetto di nozze, decide di ospitarla nella sua lussuosa casa di campagna per prendersi cura di lei.
Comincia così la seconda parte del film, quella in cui il racconto si focalizza maggiormente su Claire e sull’imminente fine del mondo. C’è, infatti, un misterioso corpo celeste, Melancholia, che si sta avvicinando pericolosamente alla Terra. Se i due pianeti dovessero entrare in collisione, non ci sarà scampo per nessuno. John afferma che non c’è alcun pericolo di impatto, perciò dice ai suoi familiari di stare tranquilli, ma in realtà il primo ad aver paura che Melancholia possa schiantarsi contro la Terra è proprio lui, che quando capisce che ormai non c’è più nulla che si possa fare per evitare la catastrofe si uccide lasciando che la moglie, il figlio, Leo, e Justine affrontino impotenti la sciagura che spazzerà via tutto. Come detto all’inizio, Trier è un regista ambizioso ma dato che non è un genio come Béla Tarr o Terrence Malick non possiede gli strumenti adatti per sobbarcarsi l’ardua impresa di trattare nello stesso film questioni gravose come la depressione e la fine del mondo.
E da una sceneggiatura scritta dallo stesso Trier, infatti, è nato un film squilibrato ma non privo di interesse. Dopo un prologo suggestivo e ipnotico, che in pochi minuti, sulle note del “Tristano e Isotta” di Richard Wagner, riassume quello che ci verrà narrato in seguito (i detrattori del regista de “Le onde del destino” potrebbero dire che non era necessario allungare il brodo fino a superare le due ore), assistiamo a una prima parte abbastanza noiosa caratterizzata da dialoghi scontati e da scene prolisse e superflue, che sarebbe stato meglio tagliare in sede di montaggio, come quella in cui i due sposi, dopo essere convolati a nozze, rimangono bloccati con la limousine su cui viaggiano a causa dell’incapacità dell’autista di condurre il mezzo di trasporto.
Il ritmo sonnolento rischia di far cadere lo spettatore tra le braccia di Morfeo, ma incredibilmente, quando ormai si è quasi rassegnati a dover sorbire un’opera soporifera, nella seconda parte le banalità spariscono e la pellicola diventa intrigante. Trier si concentra su pochi personaggi (John, Claire, Leo e Justine) e riesce a creare un’atmosfera cupa e opprimente che turba e inquieta lo spettatore.
Sul film aleggia l’ombra lunga di Andrej Tarkovskij: i richiami alle opere del maestro russo sono evidenti, a cominciare da “Sacrificio”, di cui “Melancholia”, pur essendo qualitativamente inferiore, condivide il tono apocalittico e la cadenza esistenziale e meditativa, e ci sono anche citazioni pittoriche, come quella de “I cacciatori nella neve” di Pieter Bruegel, che Tarkovskij aveva citato in “Solaris” e “Andrej Rublëv”, che fanno tanto cinema d’autore e che sicuramente manderanno in visibilio gli ammiratori del regista danese.
Nonostante l’evidente squilibrio tra la prima e la seconda parte, il film, bisogna ammetterlo, non lascia indifferenti. I pregi, seppur di poco, superano i difetti. Per quanto riguarda il cast, tra l’affascinante Kirsten Dunst (Justine) e la brava Charlotte Gainsbourg (Claire) convince di più la seconda, mentre Kiefer Sutherland (John) è il solito pesce lesso. Alcuni, esagerando, hanno affermato che “Melancholia” è qualcosa di unico e incredibile; ma è probabile che costoro non abbiano mai visto “Il cavallo di Torino” di Béla Tarr, che, vedere per credere, mette in scena l’Apocalisse con una radicalità visionaria che Lars von Trier nemmeno si sogna.

7 commenti

  1. alex10 / 28 Gennaio 2014

    Recensione capolavoro, complimenti @schizoidmam !
    Questo non è un film facile è vero, forse, però, questo non è affatto un difetto ma un pregio, considerando l’opera nel suo insieme.
    Credo che von Trier avrebbe dovuto perfezionare alcune parti e forse eliminare alcune cose superflue, le parti da eliminare non tagliate in fase di montaggio sono il frutto, forse, del suo essere antipatico ed a tratti sbruffone, però dobbiamo accettarlo per come è; perché tutto sommato il fatto che sia così com’è ha influito in maniera a tratti positiva ed a tratti negativa sul film. La depressione che ha vissuto è sicuramente un elemento importante che ha contraddistinto la sua vita e ciò riesce a renderlo bene nel film, il personaggio di Justine è molto autobiografico. Quindi, un’opera che rispecchia il suo autore, croce e delizia. La mia opinione sul von Trier artista è quindi assai buona, anche se ho visto solo due suoi film, però non penso che sia un grandissimo, come tu dici rispetto a Bèla Tarr non è un genio (sul fatto che malick lo sia non son d’accordo, ma forse non è ancora giusto che affronti questo discorso, perché di lui ho visto pochissimo, ma non mi vien la voglia di vedere altro) e ciò non è grave ma semplicemente denota che non è un grande artista, non a quei livelli insomma. Sembra che sia molto presuntuoso e che forse si sente a quei livelli, ma a torto.
    Tornando a Melancholia ci terrei a dire che l’unico tema che tratta (analizza) sia quello della depressione, non ci importa tanto la fine del mondo esterno, ma la fine del mondo per le due sorelle, la loro fine, quella interiore. Il satellite è solo un pretesto, anche se per di mezzo ci finisce anche il bambino, ed è questo l’aspetto che più mi è piaciuto. Quindi concordo che i pregi superino di poco i difetti, in numero sì, riguardo alla qualità e quindi all’intensità di questi difetti…beh allora penso che quei difetti siano superati in maniera ancor più drastica, per questi motivi ho dato voto 8 al film.
    Poi sono sempre sensazioni personale ed opinioni, che potrebbero anche cambiare, per carità, non mi illudo che rimangano sempre tali, specie su un film del genere. 😉

    • schizoidman / 28 Gennaio 2014

      @alex10 ti ringrazio per i complimenti, sono contento che tu abbia apprezzato la mia recensione 🙂 Secondo me, Lars von Trier è un buon regista che fa bei film, ma, almeno per adesso, sempre a mio modesto parere, non ha ancora realizzato un capolavoro, perciò non lo considero un genio, anche se a volte ha degli sprazzi di originalità, come nel prologo di “Melancholia”, che da solo vale la visione del film. Peccato che dopo di esso segua una prima parte poco convincente; per fortuna la seconda è molto meglio, e il finale è angosciante. “Melancholia” rispecchia appieno lo stile di Trier: dentro, infatti, ci sono tutti i suoi pregi e difetti. Alcuni, vedendolo, sono andati in visibilio, altri si sono irritati, altri ancora hanno apprezzato senza entusiasmarsi troppo. Insomma, è un film che divide, come tutti i lavori del cineasta danese.

      • alex10 / 28 Gennaio 2014

        Sisì è vero, divide tantissimo !! 😀
        ed è bravo a fare i prologhi perché in Antichrist il prologo è ancora più forte e sensorialmente sconvolgente di questo,
        (SPOILER !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! SPOILER)
        con i due coniugi che fanno sesso mentre il loro bambino muore, tecnicamente perfetto ! @schizoidman

  2. schizoidman / 29 Gennaio 2014

    @alex10 “Antichrist” non l’ho ancora visto, ma, da quello che ho letto in giro, mi sa che è un film che divide ancora di più di “Melancholia”. Sono curioso di vederlo!

  3. alex10 / 30 Gennaio 2014

    OKOK ! 😉 a me è piaciuto abbastanza !
    spero solo di non averti spoilerato, allora. 🙁
    @schizoidman

    • schizoidman / 30 Gennaio 2014

      @alex10 tranquillo, nessuno spoiler. Anche se non l’ho visto, “Antichrist”, so già cosa succede nel prologo. Lo so perché, quando il film è uscito, dato che quella scena ha fatto molto discutere, alcuni hanno raccontato ciò che avviene in quei minuti.

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