Recensione su La Pianista

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Haneke e la cultura dell’ossessione. / 25 Giugno 2012 in La Pianista

“La Pianista”,più che un film di immagini,è un film di suoni.Haneke,grandioso regista provocatorio quasi quanto Lars Von Trier,firma il suo film meno interessante e forse più lagnoso,chiuso nel perverso cinismo dell’iper-realismo cinefilo e chiuso dall’inossidabile stoccata hanekeniana.La morale dell’indagatrice e suadente storia è la solita:Sfuggire alla realtà non vuol dire rifugiarsi,ma solo crederlo.Come in “Funny Games”,Haneke ci mostra l’apparente tranquillità,subito distrutta dalle melodie struggenti che una Huppert,nota positivissima del film,suona con audacia e rigorosa precisione.”La Pianista” è un film scandito da una lenta e inesorabile agonia,anestetizzata attraverso atti intimidatori,come lo scavo interiore dei personaggi.Haneke,afflitto dalla sua solita sindrome di preveggenza sul futuro,ambienta in luoghi che richiamano il “Decalogo” di Kieslowski un dramma umano e civile,che riflette sulla condizione dell’uomo e della donna,in un mondo che sembra apparentemente vuoto.Erika insegna pianoforte a Vienna,ma è oppressa da una madre padrona.Per sfuggirle dà libero sfogo alla sua sessualità repressa frequentando sale porno e peep show e praticando sadomasochismi e vouyerismi vari.L’incontro con il suo allievo Walter,lei cerca solo un amore sessuale,mentre il ragazzo vuole vivere una vita normale.La violenterà dopo un rifiuto d’amore,malmenandola più volte.Quando Erika trova Walter qualcosa in lei cambia.Non sente più il desiderio di andare in porno sale e in peep show,ma tenta di instaurare un rapporto di sesso con il ragazzo.In un meccanismo di colpi bassi e ossessioni psichiche,Haneke si trova a suo agio.Meno gli spetattori,che attenti e scrutatori,trovano vari difetti nell’opera,fino ora inattaccabile.Primo:Lo stile macchiettistico del regista si disperde per tutto il film e si nota in alcune scene,povere di altro.Secondo:Il film vorrebbe farci sentire sporchi,ma è in realtà un inossidabile formato della vita,strano e irrecevibile che non dà emozioni nè sussulti.Terzo:L’ambientazione fredda e scostante.La seduzione diventa simbolo di dominio e simbolo di potere,con la violenza come unico reclamo dall’omologazione alla civiltà e all’omologazione dal potere.Anche le storie d’amore normali non possono esistere.Un altro grande difetto del film sta nel calcare troppo la mano su alcuni aspetti tralasciandone altri,anche importanti.Ero intenzionato a dare “Mediocre” a questo film,una vera delusione,per uno che ha amato “Il tempo dei lupi”,”Funny Games” e anche “Il nastro bianco”.Ma il finale di questa opera lo fa arrivare in pieno alla sufficenza.Dopo che Walter(dopo averla violentata) la rifiuta,Erika si accoltella e gira per la città,grondante di sangue.Finale in stile tragedia greca,lontano però dalle costrinzioni da “Medea”,il film non è il capolavoro che dicono,ma conferma nella sua trasgressione assoluta il grande talento del suo regista e la grande possibilità che ha per sfondare in pieno.Il film è tratto dal dimenticabile romanzo di Elfriede Jelinek,omonimo.Rispetto al libro assume più vigore nella figura della protagonista,e assume un senso di distacco dalla realtà ancora più forte.Per concludere,Haneke continua un discorso unitario.Torna e ritorna sulla violenza,sull’ossessione,sul sesso,sulla manipolazione con cadenza quasi annuale,e ogni volta che torna ci sorprende.Stavolta,la sorpresa,è stata in negativo.

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