La pazza gioia

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La pazza gioia

Beatrice e Donatella sono due donne profondamente diverse, ospitate nella stessa struttura per pazienti con problemi psicologici. Le due fuggono all'improvviso dalla clinica.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: La pazza gioia
Attori principali: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Sergio Albelli, Luisanna Pandolfi, Francesco Lagi, Giada Parlanti, Paolo Vivaldi, Alice Terranova, Chiara Arrighi, Fabrizio Brandi, Maria Grazia Bon, Mimma Pirré, Vladimiro Cecconi, Enrico Nigiotti, Lucio Tirinnanzi, Beatrice Schiros, Francesca Turrini, Elena Guerrini, Jana Daniela Caso, Elena Lietti, Elisa Bongiovanni, Patricia Zanco, Marcia Angeli, Monica Anzidei, Natascia Battaglia, Maria Chiara Bonora, Christiane Grass, Cecilia Ianett, Isabella Dei, Anna Maria Mariani, Valentina Tinelli, Graziano Salvadori, Anaide Castellani, Marco Conte, Michele Crestacci, Giorgio Algranti, Robert Tiso, Giusi Merli, Anna Galiena, Emiliano Buttaroni, Ivano Picciallo, Lamberto Giannini, Marco Messeri, Bob Messini, Silvia De Grandi, Francesca Della Ragione, Emanuele Barresi, Federico Fazioli, Stefano Scherini, Maria Silvia Briozzo, Roberto Rondelli, Luisa Paradiso, Marisa Borini, Simone Lenzi, Isabella Cecchi, Emanuele Galleri, Monica Brachini, Eleonora Zacchi, Claudio Marmugi, Mostra tutti

Regia: Paolo Virzì
Sceneggiatura/Autore: Paolo Virzì, Francesca Archibugi
Colonna sonora: Carlo Virzì
Fotografia: Vladan Radović
Costumi: Katia Dottori
Produttore: Marco Belardi
Produzione: Francia, Italia
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 116 minuti

Dove vedere in streaming La pazza gioia

Il voto sarebbe un 6.5 / 15 Gennaio 2018 in La pazza gioia

Discreto film di Paolo Virzì pluripremiato agli ultimi David di Donatello.
Villa Biondi, in Toscana, è una comunità per donne affette da disturbi mentali; qui troviamo le due protagoniste del film.
Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi) è una donna che si atteggia a gran signora, con molte conoscenze famose e capitata lì quasi per caso; Donatella (Micaela Ramazzotti) è appena arrivata, col passato oscuro e dal carattere più introverso e diffidente. Nonostante le differenze caratteriali, le due daranno inizio a una strana amicizia con le loro turbe mentali (legate al passato) a tormentarla e ostacolarla.
Il film è interessante, con i gesti del passato di Donatella che affliggono sia il rapporto tra le due che lo spettatore; ogni tanto Beatrice è troppo logorroica iniziando a dare un po’ (tanto) sui nervi. Qualche scena divertente e simpatica aiuta a stemperare ogni tanto la tensione, il mix tra commedia e dramma funziona comunque abbastanza bene.
Nel resto del cast da citare Valentina Carnelutti nei panni di un’infermiera della Villa, Marco Messeri è il padre di Donatella che l’ha lasciata da piccola, Anna Galiena è la mamma di Donatella.

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Ti distrugge l’anima, accarezzandoti. / 16 Settembre 2017 in La pazza gioia

La bionda e la mora.
Una parla sempre, l’altra mai.
Una tutta colorata e vivace, l’altra cupa e silenziosa.
Due donne apparentemente completamente diverse, ma in realtà uguali.
Virzì ci racconta un mondo sporco, in cui i più folli sono le persone “normali”.
Dirige due attrici non bravissime, di più.
Valeria Bruni Tedeschi, la miglior attrice Italiana in circolazione in questo momento.
Una sceneggiatura violenta, ma delicata. Il finale sulle note del capolavoro di Gino Paoli, con Beatrice alla finestra è uno dei più emozionanti degli ultimi anni.

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Recupero della gioia / 3 Giugno 2016 in La pazza gioia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Applaudiamo Virzì e il suo cinema, che è il “nostro” cinema italiano che piace, che sa essere propositivo anche nelle convenzioni che gli appartengono da anni. E non è facile. “La pazza gioia” riesce a muovere le due sensazioni basilari e primarie della fruizione cinematografica: commuovere e far ridere. E lo fa con un equilibrio mai semplice, ma fortemente ricercato, in questo caso, da Virzì, anche in sede di sceneggiatura con la Archibugi, e dalle attrici, e infine trovato. E quando piangendo ti ci scappa da ridere, o ridendo pensi al dramma che si nasconde dietro quella risata, è ovvio, vuol dire che stai riflettendo: e “La pazza gioia” riesce anche in questo.
Il titolo racconta già molto delle tematiche e dello stile del film: quella inscenata è a tutti gli effetti la storia di un recupero della gioia da parte di due “pazze” donne, l’una molto diversa dall’altra, l’una con il suo trascorso del tutto personale, ma pieno di vuoti, lacerazioni, violenze (soprattutto interiori) e scelte sbagliate. A riportarle sul grande schermo sono due attrici che confezionano due prove straordinarie per intensità drammatica, improvvisazione, agio e naturalezza nel ruolo: Valeria Bruni Tedeschi è Beatrice, la chiacchierona che sa tutto e governa le situazioni, e Micaela Ramazzotti, la giovane e fragile Donatella, che si lascia guidare, in questo rapporto a due simbiotico e complementare. In cura presso Villa Biondi, una comunità terapeutica per soggetti affetti da disturbi mentali nei pressi di Pistoia, le due, durante un’uscita, riescono a scappare, e a concedersi giorni di piena libertà.
La fuga diventerà per entrambe un viaggio di formazione, cementificherà alla base un rapporto di amicizia nato quasi per caso e per bisogno, esaltandone l’importanza e la bellezza. Per Beatrice il viaggio significherà affrontare il proprio passato, misurarsi di nuovo con i suoi abissi interiori, ma trovare un appiglio per non precipitarvi: in Donatella, sicuramente, ma anche nella consapevolezza della sua condizione. Per Donatella invece la meta sarà quel figlio strappato, ma comprenderà di non averla raggiunta vedendolo o giocando con lui tra le onde del mare, bensì che sia qualcosa di possibile, che esiste (e già è una grande consolazione) e che si trova solo un po’ più in là e più avanti, dentro una volontà che è esclusivamente sua.
Virzì le accompagna nel viaggio e si diverte con loro, si commuove con loro. Si lascia andare alla loro imprevedibilità: così i registri, in un ordine formale preciso e mai stravagante, si mescolano e amalgamo, attuando processi creativi multipli, sia tecnici (su tutti la fotografia di Radovic) che artistici, stimolanti. La commedia diventa dramma, la tragedia lascia il passo all’ironia, la risata contagiosa al silenzio viscerale, compassionevole. Se le due protagoniste spesso, in un rovesciamento logicamente ironico dei ruoli, additano altri come pazzi, noi spettatori è quello che pensiamo di loro quasi per l’intero film, scoprendo poi, in congiunture precise della loro storia, di non essere così lontani invece: o a volte, paradossalmente, di volerlo essere un po’ “pazzi” come Beatrice e Donatella. Per darsi alla pazza gioia, senza le afflizioni prodotte da una mente che funziona regolarmente.
Con un film che a volte si perde in scivoloni da sceneggiatura “propriamente” italiana, soprattutto nella didascalia fastidiosa di certi dialoghi, e forse anche da eccessiva durata, Virzì ragiona quindi sul tema della diversità, non solo e non tanto dicendoci che esiste il diverso, ma, come sostenuto anche da altri autori nella storia del cinema, che “diverso” è meglio: che lo sia poi il soggetto che sta dentro una comunità, o quello che sta fuori, non fa differenza.

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Impatto con un tir pieno di altalene emotive / 23 Maggio 2016 in La pazza gioia

Virzì dirige con mano capace una coppia di attrici che per predisposizione fisica e interpretativa veste con grande bravura i difficili ruoli assegnati, dando vita ad un film che sbatacchia ripetutamente lo spettatore tra il pianto e il sorriso, investendolo -letteralmente- con un tir di altalene emotive: non indulge nel pietismo, ma mette in scena con onestà drammi umani affatto infrequenti, riassumendo nelle vicende di Beatrice (la Bruni Tedeschi) e Donatella (la Ramazzotti) non solo le difficoltà di individui afflitti da problemi psicologici, ma, soprattutto, di esseri umani sfruttati ed offesi in molte maniere da chiunque, negli anni, abbia ritenuto fosse in suo potere farlo.
Le due donne “ribelli” non sono accomunate solo dal sesso di appartenenza e dal disagio psicologico, ma soprattutto dal fatto di essere creature incomprese e di essere state ripetutamente violentate intimamente: genitori assenti o distratti in primis, compagni profittatori in saecundis, burocrazia rigida ad libitum.

Nonostante alcune imperfezioni (per esempio, la scena sulla spiaggia è, a mio parere, estremamente dolce ma troppo didascalica) la pellicola fila come un treno, appagando il desiderio di buon cinema (italiano, che non guasta affatto), grazie anche ad un buon supporto tecnico, come la fotografia di Radovic.

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