Recensione su La macchinazione

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Ricostruzione attenta / 31 Marzo 2016 in La macchinazione

Attorno alla poco chiara morte di Pier Paolo Pasolini, trovato senza vita agli inizi di novembre 1975 nei pressi dell’Idroscalo, si sono sin da subito accumulate molte voci, per via del suo essere personaggio controverso, intellettuale ma omosessuale (al tempo pesava molto più di adesso), che riusciva a stare negli scaffali delle più importanti biblioteche, come nelle degradate zone di prostituzione di giovani borgatari. Tutto ciò ha sempre alimentato una speculazione riguardo al parlare di lui, sia nel bene che nel male, molto spesso per beneficiare della fama “scandalistica”. Così la pensa David Grieco, collaboratore e amico di Pasolini, che una volta per tutte vuole esporre i fatti nel modo più chiaro e coerente possibile, tramite un film che è frutto di anni di conoscenza ravvicinata con il noto autore, ma anche di approfondite ricerche riguardo a ciò che circondava (anche inconsapevolmente) Pasolini nei tre mesi prima della sua morte.
“La macchinazione” quindi, un titolo da subito forte, deciso negli intenti. Un film che ripercorre passo passo e con coerenza logica le varie dinamiche di potere attorno all’ultimo film di Pasolini (“Salò o le 120 Giornate di Sodoma”) ma anche, e forse soprattutto, intorno ai suoi scritti, in particolare “Petrolio”, un ibrido tra saggio e romanzo sulle trame della corruzione politica, nello specifico parlando di Eugenio Cefis, potente uomo nell’ombra della Montedison, ENI, e della loggia massonica Propaganda 2 (meglio conosciuta come P2). Ne esce un prodotto filmico prezioso perché realmente vicino al più grande intellettuale italiano del secondo novecento, e attento ad una ricostruzione dei fatti basata su prove e documenti ma lungi dall’essere un documentario, ricrea il clima e il vissuto di un uomo che intravedeva ben al di là della sua morte, e che coraggiosamente anteponeva l’onestà intellettuale ai giochi di potere. Il regista David Grieco , che coscrive la sceneggiatura insieme a Guido Bulla, gestisce impeccabilmente attori come Massimo Ranieri (lo stesso Pasolini rifletté sulla loro somiglianza) o Libero De Rienzo e Matteo Taranto, che riescono a dare spessore e sensibilità non solo ai loro personaggi ma anche e soprattutto al contesto romano malavitoso e sgangherato. “La macchinazione” è un film da vedere, se non altro per la ricerca di veridicità felicemente incanalata attraverso una regia solida e bella anche da vedere.

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