Recensione su La La Land

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A che prezzo i sogni? / 26 Febbraio 2018 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Diciamolo fin da subito: “La La land” è la classica storia d’amore piena di romanticismo a fiumi che abbiamo visto e rivisto tantissime volte. Mia (Emma Stone) è una giovane cameriera di Los Angeles che sogna di sfondare nel mondo del cinema, senza però essere mai presa in seria considerazione nei provini. Sebastian (Ryan Gosling) è un jazzista altrettanto ambizioso che suona in un misero piano bar specializzato in tapas e desideroso di aprire un locale tutto suo. Complice la volontà di voler vedere realizzati i propri desideri, i due ragazzi si innamorano e attraversano un rapporto fatto di alti e bassi, dove presto capiscono che il prezzo da pagare per i propri sogni non è tanto basso..

A livello di trama, come si è detto, “La La land” è la classica storia d’amore ambientata nella “City of stars” (citando una delle canzoni del film) che abbiamo visto tantissime volte sullo schermo (mi vengono in mente titoli come “A star is born”, “The Artist”. “Cantando sotto la pioggia”). L’originalità, a parer mio, di Damien Chazelle sta nell’aver sfruttato questo canovaccio tanto antico quanto il mondo per ricavare una pellicola che risulta essere prima di tutto una dichiarazione d’amore nei confronti di un tipo di cinema, quello “classico” degli anni ’50. Per essere precisi, come si vede dall’incredibile long take all’inizio, è una dichiarazione al musical di quegli anni che viene “rimodernizzato” ai giorni nostri. Il tributo non si limita ad un citazionismo sfarzoso e autocompiacente (la proiezione di “Gioventù Bruciata” di Nicolas Ray in un cinema o i continui echi di “Cantando sotto la pioggia” di Gene Keley), ma si espande anche al modo di girare .Mi vengono in mente le dissolvenze incrociate, usate come dei flashforward e ai titoli di testa e di coda, che richiamano a quell’atmosfera da spettacolo colorato e luccicante.

Dopo aver sviscerato il piano formale e tecnico del film, mi soffermo su un particolare che forse ne è anche la chiave di lettura. Almeno nella locandina italiana del film il sottotitolo recita “dedicato ai folli e ai sognatori”: nulla di più adatto e veritiero. Infatti “La La land” è un film sui sogni e sulla difficoltà di vederli concretizzati, un messaggio filtrato sotto la lente di una commedia musicale colorata e scintillante. Ma è anche un film sul cinema come desiderio, come macchina capace di rendere veritiero quello che non possiamo (e non osiamo) realizzare. E non posso a questo punto ricollegarmi al finale: dopo un paio di anni Mia è riuscita a diventare un’attrice affermata, con un marito e una figlia. Sebastian ha finalmente aperto il proprio agognato locale di musica jazz. Il destino vuole che una sera Mia e suo marito entrino nel locale di Sebastian il quale, avendo visto il suo vecchio amore, fa partire nella sua mente un vero e proprio “what if” che ripercorre in pochi minuti tutto il film visto da una prospettiva diversa che risponde alla domanda: “cosa sarebbe successo, se avessi fatto delle scelte diverse?”.

Questo è il punto cruciale che rende “La la land” un film spettacolare e meraviglioso, che risveglia l’empatia nascosta nell’anima dello spettatore. Anche noi siamo dei Sebastian e delle Mia, che lottano contro ogni avversità pronta ad infrangere i nostri sogni e in cerca di qualche sognatore altrettanto folle quanto noi disposto a condividere i rischi e il coraggio che scaturiscono da quei sogni. E quale mezzo capace di dar forma ai nostri desideri reconditi è più adatto al compito, se non il cinema?

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