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La La Land

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Meraviglioso / 21 Febbraio 2024 in La La Land

Con questo film ho avuto un approccio particolare, non riuscivo a vederlo per uno stupido pregiudizio sul musical, pensavo non mi piacesse, inspiegabile poiché io ho amato diversi musical. Poi un giorno decisi di vederne l’inizio ed è stato amore al primo ciac, soltanto la sequenza iniziale mi lasciò a bocca aperta! Dopo la prima visione, per i giorni a seguire l’ho rivisto altre 6 volte, di cui 3 in lingua originale, perché volevo coglierne ogni sfumatura possibile. Tanto è stato detto su quest’ opera, anche giudizi molto poco rispettosi dell’ enorme lavoro che c’è dietro questo film, per me è semplicemente meraviglioso, la celebrazione diun amore che è sogno, un film per sognatori, un omaggio al mondo del cinema, ai musical. Magistralmente interpretato da due protagonisti che adoro. La storia potrebbe essere una qualsiasi dei giorni nostri, una riflessione sulle scelte che si fanno, sulle rinunce e sul “cosa sarebbe stato se”. La stupenda colonna sonora, i costumi, i colori, le scenografie aspettando settimane perché il cielo fosse della luce giusta, un lavoro che rasenta la perfezione. Visivamente godurioso. Romantico, entusiasmante, e molto malinconico, di quella dolce nostalgia di qualcosa vissuta e lasciata andar via. Per me un vero e proprio capolavoro, ai primi posti nella classifica dei miei film del cuore.

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Poetico / 4 Dicembre 2020 in La La Land

Divertente, colorato, con un fascino leggermente vintage enfatizzato dalla colonna sonora con qualche pezzo jazz, non è mai banale né melenso, ma sognante e con un che di fiabesco che però affonda nella vita di tutti i giorni.
Chi non lo apprezza non ama il genere o dovrebbe mettere da parte il cinismo da intellettuale arroccato sulla torre d’avorio ogni tanto.

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A che prezzo i sogni? / 26 Febbraio 2018 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Diciamolo fin da subito: “La La land” è la classica storia d’amore piena di romanticismo a fiumi che abbiamo visto e rivisto tantissime volte. Mia (Emma Stone) è una giovane cameriera di Los Angeles che sogna di sfondare nel mondo del cinema, senza però essere mai presa in seria considerazione nei provini. Sebastian (Ryan Gosling) è un jazzista altrettanto ambizioso che suona in un misero piano bar specializzato in tapas e desideroso di aprire un locale tutto suo. Complice la volontà di voler vedere realizzati i propri desideri, i due ragazzi si innamorano e attraversano un rapporto fatto di alti e bassi, dove presto capiscono che il prezzo da pagare per i propri sogni non è tanto basso..

A livello di trama, come si è detto, “La La land” è la classica storia d’amore ambientata nella “City of stars” (citando una delle canzoni del film) che abbiamo visto tantissime volte sullo schermo (mi vengono in mente titoli come “A star is born”, “The Artist”. “Cantando sotto la pioggia”). L’originalità, a parer mio, di Damien Chazelle sta nell’aver sfruttato questo canovaccio tanto antico quanto il mondo per ricavare una pellicola che risulta essere prima di tutto una dichiarazione d’amore nei confronti di un tipo di cinema, quello “classico” degli anni ’50. Per essere precisi, come si vede dall’incredibile long take all’inizio, è una dichiarazione al musical di quegli anni che viene “rimodernizzato” ai giorni nostri. Il tributo non si limita ad un citazionismo sfarzoso e autocompiacente (la proiezione di “Gioventù Bruciata” di Nicolas Ray in un cinema o i continui echi di “Cantando sotto la pioggia” di Gene Keley), ma si espande anche al modo di girare .Mi vengono in mente le dissolvenze incrociate, usate come dei flashforward e ai titoli di testa e di coda, che richiamano a quell’atmosfera da spettacolo colorato e luccicante.

Dopo aver sviscerato il piano formale e tecnico del film, mi soffermo su un particolare che forse ne è anche la chiave di lettura. Almeno nella locandina italiana del film il sottotitolo recita “dedicato ai folli e ai sognatori”: nulla di più adatto e veritiero. Infatti “La La land” è un film sui sogni e sulla difficoltà di vederli concretizzati, un messaggio filtrato sotto la lente di una commedia musicale colorata e scintillante. Ma è anche un film sul cinema come desiderio, come macchina capace di rendere veritiero quello che non possiamo (e non osiamo) realizzare. E non posso a questo punto ricollegarmi al finale: dopo un paio di anni Mia è riuscita a diventare un’attrice affermata, con un marito e una figlia. Sebastian ha finalmente aperto il proprio agognato locale di musica jazz. Il destino vuole che una sera Mia e suo marito entrino nel locale di Sebastian il quale, avendo visto il suo vecchio amore, fa partire nella sua mente un vero e proprio “what if” che ripercorre in pochi minuti tutto il film visto da una prospettiva diversa che risponde alla domanda: “cosa sarebbe successo, se avessi fatto delle scelte diverse?”.

Questo è il punto cruciale che rende “La la land” un film spettacolare e meraviglioso, che risveglia l’empatia nascosta nell’anima dello spettatore. Anche noi siamo dei Sebastian e delle Mia, che lottano contro ogni avversità pronta ad infrangere i nostri sogni e in cerca di qualche sognatore altrettanto folle quanto noi disposto a condividere i rischi e il coraggio che scaturiscono da quei sogni. E quale mezzo capace di dar forma ai nostri desideri reconditi è più adatto al compito, se non il cinema?

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Due film in uno / 27 Maggio 2017 in La La Land

Il film, curiosamente, consiste di due metà piuttosto diverse, quasi due film in uno: la prima leggera, umoristica, appena venata di nostalgia (il jazz di una volta che muore, i vecchi cinema che chiudono – e in fondo lo stesso musical è un genere nostalgico), in una Los Angeles da cartolina; la seconda più drammatica, piena di rimpianti, di occasioni perdute, di tradimenti delle proprie vocazioni. Il passaggio è abbastanza brusco, e lascia un poco spiazzati; ma contribuisce a rendere più vivace il film – anche se questo rimane nel complesso ancorato a formule molto collaudate e prevedibili. Nel finale i due film si ricompongono, e vediamo in un certo senso cosa sarebbe successo se la prima parte fosse arrivata fino in fondo (il che ci fa apprezzare di più la seconda).
Stone e l’impassibile Gosling sono più bravi a danzare che a cantare, ma lo sforzo rimane encomiabile.

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Un film che trasuda passione e inventiva / 10 Marzo 2017 in La La Land

Era dai tempi di Titanic che non si vedeva un consenso così unanime, coinvolgente, trascinante per una pellicola. Damien Chazelle forse non eguaglia o supera la precisione tecnica di quella meraviglia quale è Whiplash, ma va ben oltre, mostrando estro, padronanza del mezzo, unito ad una cultura ed enorme passione per la settima arte che fanno di La La Land un film visionario, coraggioso e fantasioso come non se ne vedeva da tempo. La pellicola riesce a comunicare tutta quella passione e amore verso un’arte e un tipo di cinema che ormai appartiene al passato, riportando in auge un genere come il musical, attingendo dal cinema degli anni d’oro, senza però fermarsi al sentimento della nostalgia, ma rimanendo ben ancorato alla realtà contemporanea, con un mix perfetto di musiche – meravigliose – e una coppia che funziona sin dalle prime scene. La chimica tra Gosling e Stone è unica, vera, al punto da non avere nulla da invidiare a quella dei mitici Roger e Astaire, o Kelly e Reynolds. I due attori sembrano davvero due divi, che si scontrano, incontrano e si amano in questa magica, sognante e colorata “City of Stars”, cantata con tale trasporto da farti venir voglio di ballare e cantare insieme a loro.
Citando i grandi musical che hanno fatto la storia del cinema, da Cantando sotto la pioggia a Moulin Rouge, Chazelle riesce, con virtuosismi registici mirabolanti e precisissimi, a raccontare una storia convenzionale eppure estremamente innovativa, senza perdere quel tocco autoriale che si sente fin dalla ormai mitica sequenza di apertura. L’unica pecca potrebbe essere solo una. Tutto questo amore nel fare un film, a cui si vede tiene moltissimo, potrebbe avegli fatto perdere un po’ le redini nella seconda parte, dove il regista sembra si sia lasciato trascinare troppo dall’entusiasmo. Dall’altra parte, però, la stessa passione e inventiva è anche la grande forza di La La Land, che riesce ad arrivare dritto allo spettatore, che esce dalla sala sognante e con un pizzico di malinconia, ma entusiasta da tanta bellezza.
Il finale, velato di romantica tristezza, ricorda proprio quello di Cameron in Titanic, evitando in maniera furba il cliché del lieto fine che vorrebbe il cinema di genere, e allo stesso tempo, riprendendo e continuando con coerenza il discorso già iniziato con Whiplash.
La La Land è dunque un film pieno di ottimismo, un inno e tributo ai folli sognatori, che però mantiene comunque i piedi per terra: sogno e realtà si fondono magistralmente in una pellicola che trasuda passione e inventiva.

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Niente di eccezionale. / 20 Febbraio 2017 in La La Land

Un musical dove tra una canzone ed l’altra si intrecciano sogni e realtà di due artisti. Sinceramente visto le grandi critiche e i premi vinti mi aspettavo molto molto di più….alla fine la cosa che mi è piaciuta di più è stato il finale che non è stato così scontato.

Veramente bello / 19 Febbraio 2017 in La La Land

Non farò troppe chiacchiere sulla trama del film, tanto semplice ad un primo sguardo quanto intrigante e coinvolgente. Sono convinto che questo film sia veramente un capolavoro, capace di riportare alla grande e di omaggiare allo stesso tempo un tipo di cinema che non c’è più (e che, personalmente, neanche amo, anzi). Eppure ti prende tantissimo. Dall’ottima regia di Chazelle, alle fantastiche performance dei due protagonisti, alla straordinaria realizzazione tecnica, c’è praticamente tutto in questo film. Devo dire anche che mi aspettavo una quantità maggiore di canzoni e la cosa un po’ mi preoccupava, e invece sono al punto giusto, non stuccano e non danno fastidio, come mi capita di solito, anzi! Sono convinto che questo film se lo può guardare chiunque, è splendido! Chazelle, dopo Whiplash, si conferma ancora un mostro (anche se, nota personale, preferisco il primo, ma siamo comunque su livelli di eccellenza elevatissimi anche qui). Penso proprio che agli Oscar questo film farà incetta di premi un po’ in stile Mad Max lo scorso anno, senza limitarsi però al comparto tecnico e basta, per così dire.

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La La Land: un vortice di colori e musica. / 11 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dallo stesso regista di Whiplash , film del 2014 interpretato da Miles Teller e J. K. Simmons e vincitore di tre Premi Oscar nel 2015 (miglior attore non protagonista a J. K. Simmons, miglior montaggio e miglior sonoro), il 26 gennaio 2017 è arrivato nelle sale italiane un altro film in cui l’argomento “musica” ha un ruolo fondamentale.

La La Land racconta un’intensa e burrascosa storia d’amore tra l’aspirante attrice Mia (Emma Stone) ed il musicista jazz Sebastian (Ryan Gosling), che si sono appena trasferiti a Los Angeles in cerca di fortuna.

Mia, tra un provino e l’altro, serve cappuccini alle star del cinema.
Sebastian sbarca il lunario suonando nei piano bar.
Dopo alcuni incontri casuali, fra Mia e Sebastian esplode una travolgente passione nutrita dalla condivisione di aspirazioni comuni, da sogni intrecciati e da una complicità fatta di incoraggiamento e sostegno reciproco.
Ma quando iniziano ad arrivare i primi successi, i due si dovranno confrontare con delle scelte che metteranno in discussione il loro rapporto.
La minaccia più grande sarà rappresentata proprio dai sogni che condividono e dalle loro ambizioni professionali.

Si oscilla continuamente tra il fascino coinvolgente delle canzoni di Justin Hurwitz (musiche) e Benj Pasek e Justin Paul (parole) e le incomprensioni o i fallimenti che incrinano le vite reali.
La La Land è il musical contemporaneo che vuole omaggiare la Hollywood degli anni ’50 e avvicinare il giovane pubblico a quel mondo meraviglioso e lontano, e ci riesce benissimo riproponendone le atmosfere allegre e sognanti, che ben si armonizzano con i personaggi principali: due romantici sognatori.

Film di inaugurazione della Mostra di Venezia, calorosamente applaudito dal pubblico, arriva nelle sale italiane dopo il trionfo ai Golden Globe vincendo tutto quello che poteva vincere e portando a casa sette premi su sette candidature: miglior film, migliori attori protagonisti, migliore sceneggiatura, miglior regia, migliore colonna sonora e migliore canzone (City of Stars), diventando così il film con il maggior numero di premi vinti in tutta la storia dei Golden Globe.
Insomma, un simile successo sicuramente pone La La Land tra i favoriti per gli Oscar 2017.

Ma cos’è che colpisce e che piace così tanto in questo film?

La prima cosa che si nota sono i colori.
La La Land è un caleidoscopio di colori: rosso, giallo, verde, blu, viola e bianco che si sovrappongono vertiginosamente nelle coreografie.
I forti contrasti cromatici, soprattutto degli abiti degli attori con lo sfondo, caratterizzano fortemente questa pellicola, dandole quel tocco di stile che contribuisce a renderne piacevole la visione.
Questa caratteristica è strettamente collegata con l’evoluzione della trama, perché con la crescita e la maturazione dei personaggi (soprattutto di Mia), i colori degli abiti si fanno più sobri ed eleganti, quasi a voler sottolineare la graduale presa di coscienza che la vita non è sempre allegra, spensierata e felice.

Molto particolare anche è la regia: una telecamera sempre in movimento e che quasi si unisce alle coreografie, dando una fluida dinamicità alle scene e coinvolgendo maggiormente lo spettatore, che viene così posto al centro dell’azione.

Ma è la colonna sonora è la vera anima di questo film, molto più della trama che è semplice e lineare.
Motivetti orecchiabili che vanno dall’energica e allegra Another Day of Summer alla malinconica e speranzosa City of Stars, la musica di La La Land sa trasmettere la magia del musical classico fin dalla prima scena.
Molto presente è il pianoforte che spesso si lascia andare su accordi jazz unendosi alla tromba, al sax, alle percussioni e al contrabbasso, ma troviamo anche brani con l’intera orchestra da cui si affacciano gli acuti trilli di due flauti che si rincorrono, o ancora brani in cui si trova tutto questo, come in A Lovely Night.

Altro aspetto che ho molto apprezzato di La La Land è l’evoluzione a cui vanno incontro Mia e Sebastian e la loro storia, e con loro matura l’intero film: dalla trama ai dialoghi, dalla musica alla fotografia.
E’ come se il mondo dei due protagonisti maturi e cresca con loro, trasmettendo allo spettatore questo lento cambiamento graduale che diventa veramente evidente solo alla fine.

Insomma, avrete ormai capito che ho apprezzato molto la visione di questo film dalla trama semplice, ma complesso e articolato in tutto ciò che le ruota intorno.
La La Land vi resterà sicuramente impresso, perché è uno di quei film che si fa ricordare: ha dentro tutto un mondo da mostrare e da raccontare allo spettatore, ovvero il mondo di una Hollywood che oramai non c’è più.
E per questo motivo che vi consiglio caldamente di vederlo: per scoprire (o per riscoprire) la magia del musical degli anni d’oro.

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It’s love Yes, all we’re looking for is love / 11 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La la land parla dell’amore vero,non inteso come relazione,ma come quello di legame.
Pensavo di andare a vedere un musical invece mi sono ritrovata tutt’altro,la musica è una protagonista,un personaggio del film, quasi silenziosa,si mescola alla trama e non la sovrasta,eppure è ciò che rende tutto magico.
Come detto prima questo film parla dell’amore più puro che si possa provare(non quello a cui ci abituano i soliti film) : quello che conta davvero è vedere la persona a cui si tiene felice,anche a costo di separarsene.
Non solo,questo film è il manifesto dell’amore per le arti, che in realtà è il vero tema centrale,un amore fatto di fallimenti più che di vittorie,e che va di pari passo con la storia d’amore dei due protagonisti.
Quasi alla fine si può pensare che il film non ha dà darti più niente, mentre è la scena finale che racchiude tutto il significato,tutte le intenzioni che aveva già dall’inizio,ti senti il peso di tutte le vicende ma anche una malinconica leggerezza. Grazie La la land

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La La Maybe / 9 Febbraio 2017 in La La Land

Ultimamente vado contro corrente, ma in questo caso probabilmente erano le mie aspettative ad essere troppo alte.
Il film mi ha deluso molto, nonostante si tratti in ogni caso di un prodotto assolutamente godibile e visivamente perfetto.
Purtroppo, per quanto l’uso dei colori, la fotografia, il montaggio, e l’alternanza fra recitato e cantato siano equilibrati, per me la trama sarà sempre più importante dell’aspetto tecnico.
E qui la trama è eccessivamente semplificata e la caratterizzazione superficiale, rispetto a quello che avrebbe potuto essere.
In più, non mi trovo totalmente in linea col messaggio del film sul “non smettere di sognare o abbandonare le tue passioni che tanto prima o poi ci arrivi”. Perchè d’altronde non è così che funziona, se vuoi qualcosa lavori duro e te lo prendi, per citare La ricerca della felicità.
Attenzione, non intendo dire che i personaggi non facciano nulla per raggiungere ciascuno i propri obiettivi, ma credo che il focus del film sia stato orientato diversamente.
Perciò sì, credo sia stato eccessivamente sopravvalutato e che sia uno di quei film facili da premiare, ma si sa che all’Academy piace andare sul sicuro (o a questo giro potrebbe sorprendermi e premiare letteralmente qualsiasi altro dei film nominati).
Detto questo, ripeto che nel complesso è un film piacevole e impacchettato per piacere: molto bella “City of stars”, buona la recitazione, e devo ancora decidere se mi sia piaciuto il finale dolceamaro.
Mi dispiace che Chazelle abbia osato meno che in Whiplash, e forse quello di cui ho bisogno è solo una seconda visione.

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Una lettura parziale / 8 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La la land, ovvero come capire che in fondo anche tu volevi fare l’attore, o che comunque lo show business non risparmia neanche te.
Per la preminenza che Emma Stone ha saputo guadagnarsi, sullo schermo e nella mia memoria a breve termine, laddove non bastasse un po’ di semplice bon ton, partiamo subito da lei, e segnaliamo a Mia Dolan un interessante antecedente cui prendere spunto per il suo “monologo da camera”: il “Voyage autour de ma chambre” di Xavier De Maistre, 1794 (e, diremmo, il “sequel”, “Expédition nocturne autour de ma chambre”). L’intuizione dunque è corredata da precedenti di successo e ciò a Hollywood, che che ne dicano, è il primo requisito essenziale. Vedi il jazz, ma ci arriveremo.
Qual è l’altra filosofia di Hollywood? “If it ain’t broke, don’t fix it”… (forse questa veniva dalla Casa Bianca, ma insomma, resta un’affinità che rende i confini quanto mai confusi), ed ecco anche il musical. Ma senza Broadway, perché qui è il cinema che vince.
Lala land è fatto per piacere, e del resto non dovevano avere altre intenzioni i genitori di Emma e Ryan quando li hanno concepiti; e infatti piace. E chi lo nega vada a cercare nel Convivio di quale male soffre, io opterei per vanagloria. Ok, andatelo a cercare in qualche film di Woody Allen o chiedete a Tom Wolfe, vi dirà: “snob”.
In ogni caso decine di premi, ultimi i sette Golden Globes e il SAG Award, stanno preparando al film una pista verso gli Oscar, il che in fondo è ragionevole da svariati punti di vista: magari non è il film che ci meritiamo (o sì, e sarebbe terribile) ma è sicuramente quello di cui Hollywood ha bisogno adesso, una sfavillante composizione manieristica in due ore di autocompiacimento.
A conti fatti non manca niente all’appello: il sogno americano di una barista che dispensa caffè nella fabbrica dei sogni perché sua zia era attrice – e infatti fa la barista, ma lavora a Hollywood –, di teatro – e infatti lavora a Hollywood, ma fa la barista; il lavoro part-time dietro al bancone per potervi entrare, un giorno, da cliente; l’amore al primo sguardo – “a prima udita” – per un musicista appassionato e appassionante che farebbe amare la musica anche alla platea di Sanremo (questa era un po’ à la Selvaggia Lucarelli, chiedo venia); i compromessi con la modernità per poter essere poi autarchicamente nostalgici; momenti onirici; il tip tap; la musica, tanta ottima musica.
Insomma, l’industria rassicura: siamo in attivo e produciamo a pieno regime! Per di più, se non inserissimo un intoppo nella vicenda rosea dei protagonisti, non solo credereste che qui vadano sempre così le cose, ma un colpo apoplettico finirebbe per fulminarvi lì nel cinema al pensiero che tutto ciò vi è già irrimediabilmente precluso, se solo prolungassimo ancora questa nostra joie ne verreste sopraffatti!
Benché i nostri ormoni continuino a sbandare tra Stone e Gosling offrendo importante materiale tassonomico alla teoria gender, in effetti la fiaba finisce, proprio quando lei entra finalmente nel mondo agognato, con la rassicurazione del libero arbitrio (vedi film sperimentale senza copione), e lui ne resta fuori, ma almeno la catarsi degli spettatori può dirsi tutelata.
Diremmo tra parentesi, se fosse una lettura perseguibile e non invece eccessiva in questa sede, che in fondo entrambi si realizzano nella tecnica (quella di Benjamin, non quella del campetto) senza precludersi alcun atto creativo: la recita a soggetto per lei, la musica d’improvvisazione per lui. Entrambi vivono dell’opera d’arte ma la presumibile libertà di agirvi li tiene ancora al riparo dalla banalità, dalla non-autenticità; quello che però resta è ciò che rappresentano in quanto personaggi di intrattenitori inscenati da attori/intrattenitori: nulla meno che il rischio della “distrazione”, il presupposto di quella famosa “estetizzazione della vita politica” che in parole povere lavora ad alimentare l’assuefazione massiva, precisamente al modello propugnato da Hollywood.
Che è poi un po’ la perdita dell’aura che Sebastian stesso lamenta, le persone che uccidono il jazz parlandoci sopra senza ascoltarlo e senza “guardarlo”.
“C’eravamo tanto amati”, per tornare alla storia, ma, dopo cinque anni durante i quali i due hanno di fatto deciso di dover rinunciare l’uno all’altra per spirito di sacrificio, lei ha marito, figlio e baby-sitter.
Questo, ad ogni modo, è il punto in cui si gioca tutto il finale del film.
Pur volendo limitare interpretazioni troppo žižekiane, resta vero che il jolly del figlio piccolo rappresenta subito un’allettante incognita per gli scettici e una terribile premonizione per i romantici: come lo sfrutteranno? Perché è chiaro che Mia e Sebastian si rivedranno e in fondo è auspicabile per l’intera armonia del cosmo che tornino a conoscersi in senso biblico. Ma lei abbandonerà figlio e marito (e insomma quel nucleo familiare che si è voluta costruire in così breve tempo)? Orrore, svalutazione di ogni principio etico! E allora disconoscerà i suoi sentimenti, preservando il ruolo sociale che si è ormai attribuita? Orrore, non è giusto, non è così che deve andare! Forse non c’era più tempo per far morire il marito e dare il figlio in affidamento, forse – ma è abbastanza lapalissiano – i due continueranno a vedersi al di fuori della pellicola, evitando a una parte cospicua del pubblico il dilemma morale di sperare che lei tradisca o rassegnarsi ad una storia d’amore andata male.
Quel che è certo e che anche la postmodernità ci ha finalmente insegnato è che non tutto deve andare bene, perché non tutto, forse niente, ha un suo modo specifico di andare. Con buona pace delle storie a lieto fine.
Ah, non ve l’aveva detto, contiene spoiler. Inspiegabilmente! – nel vero senso della parola – una riflessione su un’opera non può esimersi dal citare l’opera. Buona seconda visione.

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La La Land: quando il capitalismo incontra l’amore / 8 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

La La Land è un film di notevole pregio estetico. Ha una qualità scenografica e narrativa in grado di poter appassionare ogni spettatore, ed è l’unico nella storia ad aver vinto 7 Golden Globe. Senza contare le 14 nomination agli Oscar, un record che poco meno di dieci anni fa era stato raggiunto da Titanic. Dieci anni che segnano indiscutibilmente il passaggio da un periodo di benessere ad uno di crisi economica. E non è un caso che alla presentazione del film al festival di Venezia, l’attrice protagonista Emma Stone si sia soffermata sulla situazione attuale dei giovani, tacciandoli di eccessivo cinismo. Secondo lei, nel film verrebbe illustrato il rimedio a questa situazione. Mi fermo e penso: l’amore. Sbagliato. Sognare? Ancora fuori strada. La risposta è: “work hard”. Lavorare duro, un motto degno di un accanito yuppie newyorkese. Ma allora siamo così sicuri che La La Land sia un film romantico? Una volta usciti dalla sala, ci verrà davvero voglia di brindare ai sognatori?

Torniamo a Emma Stone. Luminosa e cangiante nella sua semplicità colma di vitalità, è riuscita a trascinare tutto il film, nonché a mettere in ombra il povero Ryan Gosling, forse un po’ troppo impacciato nel ruolo del musicista impacciato. I due attori interpretano rispettivamente il ruolo di Mia, una barista con la passione del cinema, e Sebastian, un musicista jazz in cerca di successo. Come nelle più classiche storie d’amore, si incontrano casualmente in diverse occasioni. Si frequentano, si innamorano e vanno a vivere insieme. Entrambi hanno un sogno: la prima vuol fare carriera a Hollywood, il secondo spera di aprire un locale in cui si suoni solo ed esclusivamente puro jazz.

Ed è qui che si apre la riflessione sulla forte etica capitalistica di cui è permeato il film. Difatti, l’unico indizio che abbiamo per capire se il sogno dei due protagonisti si sia avverato o meno sono i soldi. Come se senza di quelli nessun sogno possa dirsi realizzato. I soldi sono il segno che ci si è elevati, che si è un gradino sopra gli altri.
Prendiamo Mia, un’aspirante attrice con evidente talento, ma che non riesce a farsi strada nel mondo del cinema. Ciononostante, con molto impegno e passione, scrive un monologo e lo porta a teatro in uno spettacolo autoprodotto. Possiamo immaginare che reciti egregiamente, tanto più che poi verrà richiamata da una produttrice casualmente presente tra il pubblico.
Tuttavia, il primo commento di Mia disperata e in lacrime riguarda l’affluenza: “non è venuta un’anima, non posso nemmeno ripagare la sala” singhiozza. Se ci concentriamo un attimo sull’illogicità della pretesa di avere una sala di teatro piena pur essendo del tutto sconosciuta, capiamo che in quella delusione c’è la grande aspirazione del capitalista. Essere il migliore, e dimostrarlo facendo tanti soldi. Lo spettacolo è andato male non perché Mia si è accorta di aver recitato al di sotto delle sue potenzialità, ma perché non ha guadagnato abbastanza. Il suo sogno di recitare, nonostante sia riuscita a mettere in scena uno spettacolo che lei stessa ha scritto, è un sogno non realizzato. Il fallimento la porta addirittura a decidere di lasciar perdere con il cinema, e solo casualmente sarà convocata per il provino che poi risulterà decisivo.

A questo punto il sogno sembra realizzato, ma del suo futuro come attrice di cinema, cosa ci viene mostrato? Assolutamente nulla. Dentro di noi pensiamo “ce l’ha fatta” solo ed esclusivamente in base ad un parametro: i soldi. La nuova Mia entra nel bar dove lavorava da giovane, ordina due caffè freddi, e si ritrova protagonista di uno scambio di battute identico ad uno avvenuto quando lei era dell’altra parte del bancone. Il proprietario prova ad offrirle i caffè, ma lei rifiuta: “no grazie, vorrei pagare”. Poi torna a casa e trova una tavola finemente apparecchiata, con frutta fresca, brioches, e persino un grande bicchiere colmo di champagne o vino bianco, abbandonato lì tra gli avanzi. La telecamera la segue fino all’incontro con suo marito, un uomo stempiato e incolore, ma probabilmente ricco, per poi mostrarci la figlia che di lì a poco verrà lasciata alla tata. Di lei come attrice non sappiamo nulla. Vediamo di sfuggita che il suo ultimo film si chiama Eleanor, ma non ne conosciamo né la trama, né il genere. Non sappiamo se è diventata davvero brava, se ha interpretato ruoli che le piacevano, se adesso si sente stritolata dallo show business. Sappiamo che è ricca, e tanto ci deve bastare per capire che ce l’ha fatta. Il lavoro duro ti premia sempre, e La La Land canta l’importanza del lavoro, del pragmatismo, la necessità di superare i competitori: in definitiva è un inno al capitalismo.

Certo, all’inizio della storia d’amore, Mia fugge da un ragazzo con un conto in banca piuttosto florido per gettarsi fra le braccia dello squattrinato Sebastian. Siamo portati a credere di essere di fronte ad una storia d’amore di quelle in cui amor vincit omnia. Invece Chazelle porta al cinema il disincanto dei nostri tempi. Ci suggerisce che la vita e l’amore sono come il tempo e le stagioni, dopo l’estate arriverà l’autunno che ci farà tornare coi piedi per terra. I piedi per terra, appunto. Il primo bacio dopo un ballo tra le stelle e poco dopo l’inizio della fine: la chiamata di Mia con sua madre in cui l’oggetto della discussione sono, guarda caso, i soldi. E in cui Mia – incredibile! – non oppone le ragioni dell’amore all’apprensione della madre, ma la rassicura dicendo che alla fine lui ce la farà. Ovvero diventerà ricco.

Già, perché In La La Land tutto ha un prezzo. Anche l’umiliazione può essere funzionale a raggiungere il proprio sogno. Purché sia ben pagata. La morale si piega alla paga: suonare canzoncine di Natale in un ristorante è una mortificazione per un pianista di talento. Ma è anche sbagliato perché poco redditizio: suonare una pianola elettrica in mezzo a ballerine seminude non sarà il massimo, ma è un boccone amaro da mandare giù in vista del successo.
Ecco perché nel film di Chazelle per essere felici non basta “sognare” come sembra alludere Mia durante il provino finale. Bisogna invece risaltare, arrivare primi. È necessario diventare “someone ready to be found”, qualcuno che sarà trovato tra la folla.

La storia d’amore tra i due protagonisti finisce triturata da questa logica. Tutti e due vogliono realizzare il loro sogno, ma realizzare un sogno, in La La Land, non significa fare qualcosa che si ama, magari con chi si ama. Se fosse così Mia e Sebastian potrebbero continuare a vivere insieme. Realizzarsi significa diventare il migliore, una stella che brilla, e il dollaro è l’unica unità di misura. Un musicista o un attore di talento non valgono niente se non hanno accumulato delle ricchezze. Oppure non avevano voglia di lavorare, “work hard”. In questo contesto, l’amore va bene, ma solo finché non diventa un ostacolo alla realizzazione personale.
Arriviamo così al capolavoro finale. Mia e Sebastian si incontrano di nuovo, per caso. Mia entra in un locale con suo marito, e lì scopre che il posto appartiene al suo vecchio amore. E Sebastian è lì sul palco, la nota in mezzo al pubblico. Lei è sempre bellissima, lui la guarda per alcuni interminabili secondi, e poi inizia a suonare la canzone che stava suonando la sera in cui si sono conosciuti. È una scena toccante, mirabilmente girata, in cui assistiamo a come sarebbe stata la loro vita se avessimo davvero assistito a un film romantico.

È a questo punto che vengono alla mente le parole con cui Mia aveva salutato Sebastian: “ti amerò per sempre”. E noi vogliamo crederci, in fondo cinque anni non sono tanti. Siamo sicuri che lei lo ama ancora. Desiderosi di sapere come finirà, arriviamo all’ultima scena. Ecco che Mia sorride a Sebastian durante un nuovo scambio di sguardi. Sì lo ama ancora! Niente è perduto! Adesso finalmente correrà da lui. Ma i veri sognatori siamo noi. Mia è sposata. Per giunta con un uomo tanto simile al ragazzo da cui era fuggita all’inizio. La sola differenza è che ora Mia non è più una barista aspirante attrice. Adesso è diventata qualcuno. Così non fa altro che immolarsi alla morale borghese. Sorride all’uomo che ama, e va via con quello che ha sposato.

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Tesina di Fine Anno / 7 Febbraio 2017 in La La Land

Per un omaggio agli arrampicatori sociali dello showbiz intriso nella retromania, niente di meglio che mettere in moto la macchina hollywoodiana e giustamente i tromboni dell’Accademy hanno spruzzato davanti a questa patinata, seppur simpatica, operazione.

Meraviglioso / 6 Febbraio 2017 in La La Land

La La Land è un atto d’amore nei confronti del cinema. I protagonisti si innamorano durante il film mentre noi ci innamoriamo del film e di loro. Uno spettacolo visivo eccezionale! Regia, fotografia, costumi, attori, scenografia e non per ultima la colonna sonora da Oscar. E infatti si merita tutte le nomination e anche di più. Non ho un preferito tra i due protagonisti che ritengo entrambi magnifici ed emozionanti. Ovviamente le musiche vi entreranno in testa per non andarsene più e la prima cosa che penserete all’uscita dalla sala sarà che dovrete procurarvi l’album della colonna sonora. Tra l’altro il film è un musical moderno, in cui numeri musicali non sono strettamente legati alla trama, ma la arricchiscono di particolari che ti fanno amare il film ancora di più. E a proposito di particolari: ogni scena è pienissima di dettagli e citazioni. Penso di aver detto tutto, un film da vedere e rivedere. Da “amare per sempre”.

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Balla che ti passa / 6 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Per due ore Chazelle prende la rincorsa per poterti assestare una decisa, lunga e straziante mazzata negli ultimi dieci minuti. ll tutto accompagnato da musiche fantastiche che rimarranno nella storia

Magico e Magnetico / 5 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(7 e mezzo) Non amo particolarmente i musical, però già l’intro con l’ingorgo sull’autostrada di Los Angeles è un gran pezzo di bravura registica.
Poi il jazz, Hollywood, i lampioni, i viali alberati, i muri, i locali sotterranei, le sale cinematografiche, tutto ha un sapore vintage che ti fa tornare al cinema di un tempo.
Un film che tecnicamente è ineccepibile, certi piani sequenza sono una gioia per gli occhi, Chazelle dimostra la sua bravura dietro la macchina da presa e l’esordio di “Whiplash” non è stato un caso unico.
Forse è discutibile la sceneggiatura in alcune cose tipo
il litigio “telefonato” e prevedibile a tre quarti di film tra i due protagonisti
oppure il finto happy ending, già visto in altri film, tipo “La 25a Ora”, che ho rivisto ultimamente.
“La La Land” può risultare un po’ artificioso, talvolta sembra un cartone animato, si vede che è un film che palesemente punta alla vittoria degli Oscar, dato che l’Academy premia spesso i musical e Chazelle lo sa.
Sbancherà di premi quella notte, alcuni saranno meritati, altri non so (anche perchè non ho visto gli altri film in gara, a parte “Hell or High Water”, bel film ma non mi sembra un tipo di pellicola che piace troppo a l’Academy), detto questo è un film che va visto sicuramente.
Molto bravi Ryan Gosling ed Emma Stone, che dimostrano un ottimo affiatamento, belle anche le musiche, mai troppo invasive, utilizzate il giusto, anche per questo fanno di “La La Land” un musical atipico, che però non scontenterà i fan del genere.

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Semplice e leggero / 4 Febbraio 2017 in La La Land

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Voto: 7+
Dopo una notte di riflessione, con la sicurezza data dall’aver ancora in mente le melodie, i volti, le parole, ma altresì con la dovuta calma, posso ben capire il motivo per cui il pubblico, alla visione di La La Land, si sia diviso a metà: il film è/non è un musical convenzionale, è/non è una commedia romantica, è/non è un capolavoro assoluto, ma sicuramente è un film necessario.
Questo è il secondo film del giovanissimo Damien Chazelle, giovanissimo regista già fattosi notare ai più per Whiplash (2014), dal quale possiamo già individuare temi comuni e contrastanti: l’evidente amore per la musica, quella viva quale è il jazz, la passione e la determinazione, sono corde che sempre più ricorsivamente Chazelle sfiora nei suoi film; ma se con Whiplash i toni erano più opprimenti, frenetici, crudi, rappresentati bene da quell’aria chiusa e stressante che si respirava in conservatorio per colpa del tiranno direttore d’orchestra (interpretato magistralmente da J.K. Simmons, vincitore tra l’altro di un Oscar e presente in un simpatico cameo in La La Land), con il suo ultimo film non è così.
La leggerezza che ci si porta dentro, una volta usciti dal cinema, la si deve in primis alla trama lineare e vivace, forse però un po’ frivola, per la quale appunto perde punti.
L’evoluzione della storia segue dapprima un andamento ciclico, scandito dalle stagioni che si passano il testimone: nella prima parte, inverno, veniamo a conoscenza dei due protagonisti: Mia (interpretata da Emma Stone), un’attrice in cerca di fortuna e Sebastian (interpretato da Ryan Gosling)., un pianista con le sue (discutibili, a mio modesto parere) idee di jazz. Il clima rigido e freddo dell’inverno è coerentemente rappresentato dall’umore dei due protagonisti: abbattuti dalle difficoltà della vita ma non sconfitti totalmente, conservano nel loro animo la speranza di poter un giorno veder realizzati i propri sogni.
La primavera rende loro possibile incontrarsi e conoscersi, non dopo alcune difficoltà: il carattere chiuso e ostinato di Sebastian non facilita l’interesse che Mia fin da subito dimostra. Ma le aspirazioni affini porteranno i due ad amarsi intensamente ed a lavorare assieme per realizzare i loro progetti.
In estate Mia e Sebastian vivono e accrescono il proprio amore, incontrando via via soddisfazioni: Mia inizia a scrivere uno spettacolo con lei stessa unica attrice, Sebastian entra a far parte di un gruppo non esattamente jazz, previo invito e insistenza del vecchio amico Keith (interpretato da John Legend), portandolo al successo.
Queste strade inizialmente sembrano portare felicità nella vita dei due; in realtà, come si scopre in autunno, convergeranno ad un punto di non ritorno. L’idillio vissuto in estate ormai è passato, bisogna affrontare le pesanti responsabilità, i frenetici ritmi di vita, le immancabili delusioni che i sogni comportano, causando così la rottura tra i due.
Separarsi, per concentrarsi sui propri obiettivi; attendere, senza vivere… attendersi, senza viversi.
Passano gli anni, ognuno ha seguito il proprio percorso: lei trova la fama come attrice e ha una famiglia, lui riesce ad aprire il locale dove poter suonare il suo jazz; ed è proprio in questo locale che i due si incontrano nuovamente, divenendo limbo dove le emozioni e i sentimenti sono confuse, dove non c’è dialogo, solo sguardi e note nostalgiche, eterni attimi di malinconia.
Il finale lascia un po’ l’amaro in bocca, i presupposti per un ritorno di fiamma c’erano tutti, ma Chazelle non è nuovo a ciò (vedi il finale di Whiplash), dimostrando nonostante alcune lacune unicamente storiografici, di saper gestire gli equilibri tra le vivaci forze messe in gioco.
Si perché se da una parte abbiamo Mia, con il suo carattere vivace, sognatore ma insicuro, dall’altra abbiamo un Sebastian intraprendente, testardo e a tratti pieno di sé. L’efficiente caratterizzazione dei personaggi, unita alla riuscita interpretazione da parte di Ryan Gosling ma soprattutto Emma Stone (son di parte), permettono una resa empatica notevole: un dovuto accento alle inquadrature strette, usate quando servivano, hanno permesso una maggiore immedesimazione nei momenti di dialogo emotivamente più forti.
Chazelle inoltre fa un uso, senza troppi complimenti, di piano sequenza, rendendo la visione più attiva e leggera; la scenografia colorata, le luci vivide, le inquadrature, i costumi son tutti un rimando al cinema e al musical hollywoodiano. Le musiche son orecchiabili, perfettamente calzanti con i vari stati d’animo.
Concludendo il film convince sotto l’aspetto tecnico e interpretativo, fa storcere il muso la storia e le scelte (più in generale le idee) di Sebastian; nella sua spensieratezza e leggerezza, offre molti spunti su cui riflettere, senza risultare scontato.

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Perfetto / 4 Febbraio 2017 in La La Land

Tutto bene: trama, innovatività, musiche, recitazione, tecnicismi.
Notevole la scena iniziale senza stacchi di scena.
Bello anche il finale.
Credo che anche chi non è proprio appassionato di musical possa apprezzarlo: non è tutto cantato!

Un filo di irresistibile goffaggine / 3 Febbraio 2017 in La La Land

Come si fa a non amare Ryan Gosling con quel suo piglio un po’ arrogante, il profilo affilato e gibboso, e il suo personaggio, lo scontroso pianista Sebastian che ama solo il vecchio jazz classico, da vinile, senza contaminazioni elettroniche.
Come si fa a non amare la splendida Emma Stone con quegli enormi occhi da ranocchio, tenera e tremendamente chic, e il suo personaggio Mia Dolan (piccolo cadeau di Chazelle all’ altro enfant prodige del cinema?), sognatrice come la Farrow de La rosa purpurea del Cairo, un mega poster di Ingrid Bergman in camera, adoratrice del cinema classico di cui è imbevuta e con il quale nutre la sua ambizione di diventare un’attrice?
Come si fa a non amare la magica mano di Damien Chazelle, il quale dimostra ancora una volta di avere la musica nel sangue e l’inquadratura perfetta sempre nella testa, superando il semplice omaggio ai grandi musical hollywoodiani e puntando dritto all’impresa di riportare il genere tra le vette assolute del panorama cinematografico contemporaneo?
La La Land è un film energico e fiammeggiante fin dalla prima sequenza, in cui ballerini escono dalle macchine incolonnate nel traffico tra colori sgargianti e figure acrobatiche degne del miglior Minnelli, nonché un piccolo gioiello del romance fin dal primo incontro/scontro tra Mia e Sebastian. Emerge il talento cristallino del compositore Justin Hurwitz, già efficacemente rodato in Whiplash, con pezzi cantabili di grande impatto tra cui il trasognato Mia & Sebastian’s theme e il languido City of Stars, in abbinata con il tandem Pasek and Paul alla scrittura dei testi. Azzeccata la scelta di affidare i costumi a Mary Zophres, fresca delle consonanti atmosfere di Ave, Cesare!, la musical comedy dei Coen. Sfavillanti infine la decorazione del set, opera di Sandy Reynolds e del marito David Wasco collaboratori di lungo corso di Tarantino, con l’uso (molto vintage) di fondali di sospirosa bellezza, e la magnetica, luminescente fotografia pop di Linus Sandgren.
Il musical è una complessa orchestrazione di talenti e la squadra di produzione ha saputo centrare pienamente il colpo, meritando ampiamente l’incetta di premi e nominations.
La storia d’amore è molto genuina e riesce a rimanere autentica pur dentro la sua bolla di sapone. E’ un amore che dura un pugno di stagioni, giusto il tempo di tirarsi su a vicenda dai propri fallimenti; una parabola fragile ed effimera eppure – anzi, forse proprio per questo – bellissima. Chazelle gioca con la scintilla dell’innamoramento facendo della scena clou – il classico rapimento estatico di lei dalla suadente musica di lui – il perno da cui dirottare due possibili evoluzioni. Ma il sogno si infrange nell’unico finale possibile, in cui la realtà prende piede sfuggente e dolorosa, indossando un paio di sorrisi di circostanza, forse indegni a coronare un così intenso percorso anche se intimamente sinceri.
Numerosi e stupendi i piani sequenza, che hanno costato non poca fatica ai due protagonisti nel provare e riprovare le coreografie. Tra questi forse il più bello è quello del primo appuntamento “improvvisato” mentre Mia sta cercando la sua auto in un parcheggio che serpeggia su su per una collina fino a un piazzale con vista mozzafiato su Los Angeles. Qui i due danno vita a un duetto teneramente imperfetto, quello incorniciato nella locandina del film e illuminato dal classico lampione, dimostrando che la bravura di un attore può trarre massimo profitto anche da un filo di goffaggine.

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. / 30 Gennaio 2017 in La La Land

L’amore per il cinema che c’è dentro La La Land è visibile fin dalla briosa scena d’apertura, che dice già tutto del film. Perizia tecnica di un giovanissimo regista, ritmo, colori e fotografia splendidi, costumi sgargianti e un grande storia emozionante, ricca di omaggi ai classici. La La Land è la semplice favola di tue tipi che nell’innamorarsi l’uno dell’altra scoprono, spronandosi a vicenda, i propri sogni e le proprie capacità. In due ore mai noiose, puntellate da canzoni mai irritanti (e non amo i musical), seguiamo qualche anno nella vita di Mia e Sebastian, interpretati da Emma Stone e Ryan Gosling, una più perfetto dell’altro. Lei, con gli occhi grandi e l’aria tenera è la perfetta casting choice e dà davvero qualcosa di più al personaggio, lasciando leggere in viso ogni scintilla e insicurezza di un ruolo ben scritto; lui, manco a dirlo, è per l’ennesima volta una conferma di bravura paurosa, canta balla suona, presenza scenica e fascino da vendere per un attore che merita ogni lode. Non si può rimanere poi impassibili di fronte all’evoluzione naturale, spontanea, bella e realistica di un rapporto sentimentale tanto tenero e coinvolgente, fino ad un finale che – apice grandioso di tutta una trama che mai davvero perde colpi – mi ha sinceramente portata alla commozione per la sua bellezza pungente e la grazia della messa in scena. Tanto di cappello di fronte a opere d’arte così ispirate.

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Arte pervasiva / 30 Gennaio 2017 in La La Land

(Sette stelline e mezza)

Se con Whiplash Chazelle ha mostrato (anche) il lato oscuro dell’ambizione artistica, con La La Land il giovane cineasta di Providence usa i sogni di gloria come fotonica cornice in Technicolor per inquadrare una parabola di vita e d’amore dal sapore universale, ma meno angosciosa del suo lavoro precedente, in cui si riversano temi come l’affermazione del sé, la presa di coscienza dei propri meriti e limiti, il sacrificio fisico ed emotivo.

Tecnicamente ineccepibile (e si tratta solo del secondo film di Chazelle…), con un montaggio mozzafiato e un uso virtuosistico ma non troppo lezioso dei piani sequenza (guardate con attenzione quello del party in piscina, al momento del salto del ballerino in acqua: letteralmente, un ottovolante), caratterizzato da una fotografia pop vivacissima eppure carezzevole, specie nel caso delle altrimenti fredde cromie notturne, La La Land trascende la definizione stessa di musical, grazie a un uso ponderato delle parti cantate e/o ballate.
Partendo dall’assunto che, volenti o nolenti, la musica fa parte integrante della vita di chiunque, vuoi sottoforma di fischiatina, di vinile, di suoneria del cellulare o (in maniera cacofonica) di clacson delle automobili, sembra estremamente normale che determinate situazioni possano essere rappresentate “musicalmente”.
In questo caso, gli intermezzi musicali non sono da considerarsi tali: balli e canti sono parte integrante e costitutiva del racconto, che non avrebbe ragion d’essere senza di essi, non perché si tratta di un film inscrivibile nel genere “musical”, ma perché ne costituiscono la ragion d’essere. La musica (l’Arte) ci pervade, emozionandoci, talvolta palesemente, in altri casi in maniera quasi inconscia, ed è impossibile immaginare una vita senza che essa ne faccia parte. Perciò, relegare il film di Chazelle al mero musical è un assunto quantomai sbagliato: in questo senso (e non per via dei numerosi omaggi ai classici del genere), La La Land è un film e basta, è un vero omaggio alla magia del cinema, inteso come strumento atto in primis a titillare le emozioni del pubblico.

Se proprio devo trovare un difetto al lavoro di Chazelle (ed ecco il motivo del voto “a metà”), esso risiede nella storia, per quanto ne abbia apprezzato l’universalità: ovviamente, sa di già visto e stravisto, era praticamente necessario che fosse pensata per incontrare immediatamente le simpatie della platea, perciò, dal punto di vista della caratterizzazione, osa molto poco. In questo senso, sarei stata curiosa di vedere personaggi più “cattivi”, con maggiori ombre caratteriali ed emotive.

Una nota sugli interpreti, credibili e molto affiatati: Gosling non avrà la dinamicità e la potenza di Gene Kelly o l’impareggiabile eleganza filiforme di Fred Astaire e la Stone non è Debbie Reynolds (ed è giusto che sia così!), ma entrambi si sono dimostrati molto bravi, empatici, artisticamente molto preparati e contemporaneamente ironici, senza mai essere stucchevoli nell’alveo dei rispettivi cliché narrativi.

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Meraviglia musicale / 29 Gennaio 2017 in La La Land

Attraverso una trama ordinata ma non noiosa, Damien Chazelle racconta una storia fatta di sogno e speranza, che vede protagonisti due giovani innamorati che cercano di far fronte a varie difficoltà legate alle loro ambizioni artistiche.

Il tutto ammantato di un’alone musicale efficace perché gestito in modo consequenziale: non si assiste a stacchi danzerecci fuori contesto o spuntati dal nulla, ma ogni canzone o balletto si inserisce nella storia come diretto passaggio successivo al segmento parlato precedente.

I numeri musicali sono ottimamente orchestrati ed hanno il grande merito di conferire alla pellicola una costante idea di gioia e movimento, a cominciare dalla canzone di apertura eseguita in piano sequenza.
“La La Land” non è un film statico, in cui si assiste alla costruzione monolitica della narrazione, ma un’opera estremamente cinetica, in cui anche nella sequenza più banale ed ordinaria si percepisce un costante movimento (della camera, dei personaggi, della storia stessa).
Il film quindi non annoia, e scorre costante senza battute a vuoto.

Sapiente anche la fusione tra il sempiterno fascino rétro delle coreografie (oltre ai numerosi rimandi a cinema, musica e ricordi) e la modernità tecnologica conseguente all’ambientazione odierna: va quindi a crearsi un crogiolo il cui sapore ricorda quasi una sorta di opposto estetico dello steampunk, in cui viceversa elementi moderni sono inseriti in ambientazione storica.

Unendo passato e presente alla proiezione nel futuro dei due protagonisti, che inseguono sogni, speranze e progetti, La La Land nonostante contenga precisi riferimenti temporali risulta paradossalmente acronico: conseguenza di tale scelta è che la storia vada infatti a trascendere i limiti del tempo, sdoganandosi da una normale costrizione cronologica ed assumendo una connotazione temporale molto più fluida.

Detto che le musiche sono azzeccatissime e si integrano ottimamente alla trama, in una love story vestono un’importanza fondamentale gli attori.

Ryan Gosling ed Emma Stone affiatatissimi (alla terza collaborazione in cinque anni dopo “Crazy, Stupid Love” e “Gangster Squad”), la loro chimica contribuisce enormemente al realismo della pellicola, facendo loro perdere lo status di giovani e famosissimi attori per diventare Sebastian e Mia, aspiranti artisti squattrinati nella città d’oro dell’intrattenimento statunitense.

Gosling (che per prepararsi alla parte ha imparato a suonare il piano in soli tre mesi) grazie alla sua interpretazione dell’appassionato jazzista riesce a far trasparire l’ardore del musicista che crede fermamente nel potere della musica e nelle emozioni che essa veicola.
Sovente in completo, la sua eleganza vestiaria diventa quella del cavaliere galante, che nel mondo delle attuali cafonaggini si trova a medievaleggiare attraverso uno stile musicale da lui stesso definito “morente”, ma che adora in maniera viscerale tanto quanto ama la propria donna.

Emma Stone è qui di una carineria infinita, ornata di frizzanti abitini monocromatici che risaltano la sua struttura esile.
Tanto dolce ed un po’ svanita quanto determinata a diventare una grande attrice, la rappresentazione dei suoi fallimenti è fonte di grande empatia da parte del pubblico, che la prende quindi facilmente in simpatia.
Sorprendente la maturazione artistica di questa interprete.

“La La Land” è un film veramente ottimo sotto ogni punto di vista, che contribuisce a rinverdire un genere abbastanza stantio con un’iniezione endovenosa di brio e classe.

Sognante ma non ingenuo, canterino ma non a sproposito, romantico ma non sciropposo.

Consigliato a tutti.

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Senza parole / 28 Gennaio 2017 in La La Land

Sto ancora cercando di capire come possa essere stato girato un film così perfetto. Non mi stupirei se vincesse tutti e 14 gli Oscar. Anche se dovrebbe valere di più

Galanteria cinematografica. / 25 Gennaio 2017 in La La Land

Difficile non restare colpiti dall’ultimo di lavoro di Chazelle, nonostante le miriadi di consuetudini camuffate da omaggi. Difficile, quasi impossibile, non lasciarsi incantare dalle sue atmosfere, estatiche e mordaci, in bilico fra un presente avaro di occasioni e un passato difficile da dimenticare.
Eppure non si tratta di un semplice ‘’cadeau’’ al cinema classico e patinato degli anni d’oro. La La Land punta ad un linguaggio unico, universale, che parla direttamente al cuore, e lo fa a colpi di Tap dance e Jazz.
Il dolce contrasto tra musica leggera e popolare, tra l’esemplare e il moderno, non confonde lo spettatore o ne estrania il paesaggio, una Los Angeles temuta e sognata. E sono i propri i sogni a intessere i fili di un ricamo saturo di colori, e di sfumature attente a definirne gli spazi.
La La Land ti entra dentro, con il suo carico emotivo, e con le sue aspirazioni, fra ondeggianti note e cangianti eclissi musicali.
L’occhio, in quanto a meraviglia, sta al passo con l’orecchio, e la trama, pur rimanendo una serie concatenata di eventi forse già prestabiliti, riesce a coinvolgere e a sorprendere, proprio per la sua ingenua semplicità.
Una galanteria cinematografica d’altri tempi; un’elegia al sogno lucido e all’amore, senza che necessariamente, i due, si appartengano.

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Innamorarsi della vita / 19 Gennaio 2017 in La La Land

Qualche tempo fa un regista francese tentò, riuscendoci, di omaggiare la storia del cinema fondendo uno stile in bianco e nero, muto, con una storia d’amore. Era The Artist, di Michel Hazanavicius.
A qualche anno di distanza Chezelle tenta un’operazione dalla filosofia simile, ma che si declina in tutt’altra maniera, attingendo al cinema degli anni ’50 ma senza caderci dentro, preferendo collocare spaziotemporalmente la vicenda ai giorni nostri, nella Los Angel delle grandi passioni.

Sebastian (Rayan Gosling) e Mia (Emma Stone) sono due ragazzi carichi di sogni, che cercano di riuscire a vivere delle loro passioni (il jazz e la recitazione) mentre fanno i conti con una realtà che li vede suonare musichette di natale in locali in cui a nessuno frega niente della musica, o servire cappuccini accanto agli studios cinematografici. Si incontreranno, e poi ancora e ancora, mischiando i propri sogni al sentimento.

Con la carica del musical fatta di colori sgargianti, messaggi in musica e balli tra il tip-tap e lo swing, La La Land incrocia un’estetica retrò (elegante ed energizzante allo stesso tempo) con tematiche contemporanee, dove è indagato il rapporto tra amore per l’arte e amore per l’altro: quanto pesano i nostri sogni, e come facciamo a coniugarli con le relazioni umane? È il futuro che ci ruba il presente o il presente che ci ruba il futuro? E in ultimo: esiste un compromesso accettabile tra l’individuo e la coppia?
Il modo in cui il film s’interseca con queste domande ha dell’incredibile, perché travalica i generi (La La Land non è solo un musical, o forse non lo è compiutamente) e dona l’importanza dovuta allo sviluppo di una trama profonda, complessa nelle sue dinamiche talvolta delicate, che usa canti e coreografie come veicolo diretto verso i sentimenti dello spettatore, centrandoli in pieno, deliziando e straziando come certo grande cinema sa fare.
E se un sorriso uscirà dalla vostra bocca mentre lascerete la sala, sarà un misto di leggerezza e nostalgia, passione e angoscia; un sorriso carico di un’emozione stratificata, che si sedimenta nei giorni successivi e vi lascerà la voglia di innamorarvi di qualcuno o di qualcosa, o, più probabilmente, della vita.

SPOILER
Siamo sicuri che se non si fossero lasciati sarebbero stati felici? E se uno dei due non fosse riuscito a realizzarsi (perché più che successo si tratta di realizzazione). Dunque hanno preferito la carriera? Non so, forse è più complesso di così, più sottile, forse si amano ancora o forse no, è solo tremenda nostalgia, è questo che fa male allo spettatore, non sapere, non avere certezze su come stanno le cose e su come sarebbero state se.. o forse si amano proprio perché l’un per l’altra sono stati la molla per la realizzazione e non un sacrificio? E se fossero rimasti insieme ora si amerebbero, o invece si odierebbero per il motivo opposto? L’amore è per forza starsi accanto qualunque cosa succeda? Quante domande di apparentemente facile risposta, che questo film riesce a restituire nella loro struggente complessità.

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La perfezione. / 17 Gennaio 2017 in La La Land

Storia leggera e pigra. Per il resto, la perfezione.

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