Recensione su Dentro l'inferno

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16 Settembre 2023

C’è una frase sul finale del lungometraggio che riassume non solo il senso di tutta l’operazione, ma della visione del mondo di Herzog: “C’è un fuoco che vuole esplodere e che non si cura minimamente di ciò che facciamo quassù. Questa massa incandescente è completamente indifferente alle blatte frenetiche, agli stupidi rettili e agli insulsi umani”. Nonostante ciò, Herzog non si è mai stancato di guardare dentro quel fuoco, per indagare, se non il segreto della natura, almeno il segreto dell’uomo che la guarda meravigliato e spaventato, cercandone un senso e tentando di tenerla sotto controllo, attraverso la scienza o attraverso la magia, oppure ancora cercando di appropriarcene simbolicamente attraverso il potere politico-religioso. Lo sguardo del regista si pone in ascolto sia del linguaggio logico-scientifico che di quello magico-simbolico, partendo dalla bocca del vulcano per poi allontanarsi da esso e trasportare lo spettatore da una parte all’altra del pianeta, con una libertà che può disorientare, in un viaggio che indaga tutte le regioni dell’animo umano. Dopotutto Herzog ha sempre sottolineato che coi suoi documentari non ha mai voluto far emergere l’aspetto fattuale o estetico della realtà, bensì la sua verità estatica: il mistero che sta oltre l’apparenza dell’oggetto guardato, il mistero che sta dietro al nostro sguardo. E intanto che noi ci affanniamo alla ricerca di un senso, il fuoco sotto di noi continua a fremere; perché “Madre Natura non chiama, non ti parla, sebbene, a volte, un vulcano possa scoreggiare” (Herzog, parafrasando la “Dichiarazione del Minnesota”).

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