Recensione su Mariti

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Pseudo cinéma verité / 26 Gennaio 2015 in Mariti

Con Cassavetes tutto appare reale, ma tutto è ricodificato. C’è la “sensazione del reale”, tutto risuona di primo acchito come un filmino amatoriale dove prevalgono i primi piani e i dialoghi sembrano srotolarsi lì, sul momento, senza finzione scenica. Ma c’è al contempo una esasperazione, un parossismo di questa realtà, quello che Roger Ebert definì pseudo-cinéma-verité (il mio critico preferito, con il quale difficilmente mi sono trovato in disaccordo; qui io sono più generoso di lui nella valutazione, ad esempio). Il trio di protagonisti è d’altissimo livello – e qui non nego la mia personale predilezione per Peter Falk – ed oltre a questo c’è sempre qualcosa di incantevole in questo cinema; un esempio, la sbronza collettiva con gara di canto al pub dopo il funerale (tutto ciò ricorda un po’ l’Ulisse di Joyce).
L’aria risulta un po’ appesantita dalla visione virocentrica di quegli anni, con un episodio di piccola violenza famigliare che rende davvero fastidioso il personaggio di Ben Gazzara.

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