Recensione su Florence

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L’importanza dell’attore / 21 Dicembre 2016 in Florence

Florence Foster Jenkins, passata alla storia come una delle cantanti peggiori mai esposte al grande pubblico. Metà del ‘900, battute finali della seconda guerra mondiale. Florence ha una grande passione per la musica, è una ricca ereditiera, e arrivata alle soglie della terza età vuole spingersi ad essere interprete principale in una performance canora lirica, mettendosi in gioco cantando alla prestigiosa Carnagie Hall. Ha un marito che la ama profondamente, e che le terrà nascosta la realtà, aiutandola invece ad esibirsi prima per il suo circolo d’alta borghesia, poi, viste le intenzioni della moglie, anche lì dove la figuraccia sarà inevitabile e di dominio pubblico.
Florence è un perfetto esempio di come il livello attoriale possa influire sul prodotto finale: Maryl Streep dà vita ad un personaggio che si ciba di musica, e lo fa a discapito della realtà: sempre trasognante, ispirata a dispetto dei risultati. Il vero passo in avanti del film lo dobbiamo però a Hugh Grant, un marito premuroso ma altrettanto complesso, che sa amare in più modi e non sempre la stessa persona, un personaggio di grande spessore psicologico e morale, meravigliosamente espresso dagli occhi e dalla fisicità di Grant.
La trama, di per sé curiosa ma non certo intricata, è dispiegata in un crescendo di emozioni, che va di pari passo al rischio (sempre più imminente) che corre Florence di andare incontro alla figuraccia pubblica, ed è impreziosita da momenti comici riusciti, ben girati e ancora una volta ben recitati. Sarà semplice farsi trasportare nel divertente gioco tra Florence, così sicura di sé, e i personaggi di contorno, consapevoli dell’incapacità canora della Nostra, ma convinti nel non volerla ferire in nessun modo, e di dover alimentare la passione di una persona buona, che ha sparso del bene investendo nella cultura cittadina forse più di chiunque altro.

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