Recensione su Equilibrium

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In equilibrio tra set e realtà / 17 Gennaio 2022 in Equilibrium

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Equilibrium” è un film del 2002 scritto e diretto da Kurt Wimmer. Le vicende sono collocate in una società distopica del futuro i cui tetri connotati evocano classici della letteratura come “Fahrenheit 451” (i roghi dei libri), “1984” (lo stato-padrone), “Il mondo nuovo” (la sostanza assunta dagli individui per sopire le emozioni). Le scene sono state girate quasi interamente nello Olympiastadion di Berlino, inaugurato nel 1936 da Adolf Hitler per l’undicesima Olimpiade.

La storia è ambientata a Libria, la capitale di un mondo post-atomico, governata con pugno di ferro dal regime di un carismatico e misterioso dittatore, Il Padre. Infatti, dopo uno rovinoso conflitto nucleare che ha quasi sterminato la razza umana, i pochi superstiti hanno deciso di creare un nuovo ordine e di eliminare la guerra, cominciando dalle radici, le emozioni, per estirpare dall’essere umano l’aggressività e gli istinti distruttivi ad essa collegati. Ogni cittadino è tenuto per legge ad assumere quotidianamente una droga, il Prozium (quasi citazione di un famigerato psicofarmaco) che inibisce le emozioni. I ricordi della civiltà del passato sono ugualmente vietati: libri, vecchi dischi, balocchi, ninnoli, profumi, se scoperti, devono essere immediatamente bruciati. Il loro semplice possesso può essere punito con la pena capitale.

Al fine di preservare il sistema, è stato creato il Tetragrammaton, a metà tra polizia segreta ed ordine monastico, con i suoi micidiali Cleric addestrati alle discipline di combattimento più raffinate, come il letale kata della pistola (Gun kata). John Preston è il più zelante tra i Cleric, ma un giorno, dopo che il suo migliore amico e collega, “contagiato” dalle emozioni, è stato condannato a morte, salta la razione quotidiana di Prozium per scoprire un mondo inesplorato di sensazioni e sentimenti che gli infondono il coraggio di lottare per la libertà.

La produzione cinematografica, pur essendo in parte un mélange di libri già letti e trasposti sul grande schermo, si apprezza, soprattutto per la fotografia contornata da gelide ombre e per le scene di incombente monumentalità. Questi tratti ben rendono l’atmosfera minacciosa, irrespirabile di una società ipercontrollata ed algida. L’unico calore, che si sprigiona in un mondo il cui freddo è marmoreo, è quello funebre della cremazione. I dissidenti, infatti, sono condannati ed essere arsi vivi, dopo un processo sommario. E’ un riferimento ai forni crematori del Terzo Reich, ma sarebbe un’allegoria scontata, se nella pellicola non fossero disseminati altri indizi adombranti scenari storici e mitici assai più nascosti. Il Padre ed il Tetragrammaton (in greco significa “Quattro lettere”) paiono alludere ad una coercizione molto antica. Anche la croce che campeggia sulle facciate degli edifici ricorda qualcosa di ben noto… non lo swastica invertito del nazionalsocialismo.

Il montaggio dell’intreccio spezzato da un paio di analessi memoriali, la compresenza di intimismo ed azione denotano un senso del cinema come narrazione iconica, ormai rara nelle produzioni attuali. “Equilibrium” vuole essere una riflessione sul tema delle emozioni: la domanda se esista un bilanciamento possibile pare implicare una risposta negativa, con buona pace di coloro (tra cui molti filosofi) che accettano le emozioni, solo se temperate. Dov’è, però, il confine tra misura e dismisura e quale il modo per mantenersi in limine, per non oltrepassare la soglia? E’ un po’ come il piacere degli epicurei, “un piacere da moribondi” (G. Perrotta). Si è che le emozioni, in primis l’ira, sono sovente oggetto di biasimo: il regista Wimmer affida ai bravi attori del film – anemotiva quanto basta la recitazione di Christian Bale che interpreta il protagonista, John Preston – il compito di dominare i sentimenti, lasciando affiorare una vena di asettica crudeltà. Così l’eclissi dei sentimenti è sostituita solo dal sadismo programmato dei politici e degli agenti di polizia. La realtà di oggi ci offre innumeri esempi di queste genie, accoppiate in un connubio abominevole: governanti senza alcuna compassione, soldati manciuriani.

Infine la visione del film, attraverso la monocromia di Libria, ci permette di riscoprire il potere ed i colori delle emozioni e sia pure il grigio ferrigno della malinconia (Durer docet) o il nero compatto della disperazione o il rosso effimero, come raggio di sole al tramonto attraverso una fitta coltre di nuvole, dell’amore. Ancora riviviamo il pallido grigio del senso di colpa dilavato, anche se solo per un istante, dal pianto della pioggia, finalmente contemplata dopo anni di oblio.

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