Recensione su Elemental

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Elemental
Regia:

Film fiaccante / 21 Settembre 2023 in Elemental

Non so: a questo punto, mi sa che non mi piace “il tocco” alla regia di Peter Sohn. Perché, mettendolo un passo indietro perfino al suo lungometraggio precedente, Il viaggio di Arlo (2015), finora, Elemental è – per me, beninteso -il peggior film Disney e Pixar tra quelli visti finora.

Non discuto sulla ricchezza tecnica del film. Per esempio, banalmente, credo che l’acqua non sia mai stata rappresentata così bene in un film Pixar.
Piuttosto, sono rimasta molto delusa dallo sviluppo narrativo (anche se si basa su riferimenti autobiografici del regista, nato a New York da genitori coreani): il fatto che Elemental parli di temi interessanti e d’attualità come l’integrazione culturale non giustifica la grande noia che mi ha provocato vedere questo film.
Da qualche lungometraggio a questa parte, la Disney e, ora, anche la Pixar, sembrano incatenate al concetto del “debito con la famiglia”.
Un tempo, il viaggio dell’eroe disneyano era pura avventura e divertimento, anche se, per sua natura, comprendeva anche quell’altro elemento. Ora, i film di The Walt Disney Company sono stati sfrondati dell’aspetto ludico del racconto e sembrano averne mantenuto solo quello edipico (o “elettrico”), in forma di metafora.
Dopo Red (in cui avevo tollerato questa deriva, perché, secondo me, proponeva alcune novità), che noia. Davvero, che noia.

Lo sviluppo della trama è di un prevedibile che levati. Si intuisce qualsiasi piega della storia prima ancora che succeda. Non c’è una variazione neanche minima su nessuno dei filoni narrativi che imbocca (rapporto genitori-figli; crescere in una minoranza culturale ed etnica; affermazione di sé). L’uso degli stereotipi (positivi, peraltro) è fiaccante. Il conflitto è rappresentato dall’odioso (e abusato) senso di colpa e/o da accidenti alla Paw Patrol.
Dov’è finita la maturità di lavori come Toy Story 3, Inside Out o Coco, dove si parla con piglio adulto e consapevole anche di morte, sentimenti negativi, abbandoni (cioè, per riassumere, di crescita)?
Io boh.

Però, ho apprezzato la “sensibilità” senza filtri del personaggio di Wade, che propone con timidezza un nuovo modello maschile, verrebbe da dire fluido (e, nel suo caso, ah ah, è il minimo), se non fosse che mi sembra di parlare per frasi fatte.

In definitiva, film bocciato su tutta la linea. Perché anche i virtuosismi tecnici, a un certo punto, non si reggono in piedi da soli e sembrano concepiti per dimostrare “solo” di avere dei computer ultrapotenti e bravissimimissimi animatori. Ok, applausi, ma questo, per me, è puro onanismo allo specchio, dai.

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