Recensione su Duel

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8 Febbraio 2015

Duel è la dimostrazione di come si possano fare dei bellissimi film, emotivamente coinvolgenti, con una tensione che non molla di un centimetro per tutta la durata della pellicola, partendo da idee tutto sommato semplici, se non propriamente banali.
Questo road-thriller dei primi anni Settanta (che invecchia peraltro benissimo, a differenza di altri film di quegli anni) racconta la storia del californiano medio (un ottimo Dennis Weaver), che un bel giorno deve recarsi fuori città per affari. È uno di quelli che ascolta le radio commerciali commentando tra sé le chiamate dei radioascoltatori, tanto per capirci.
D’un tratto si trova invischiato in un mortale e folle gioco stradale con un’autocisterna che trasporta materiale infiammabile e che comincia a inseguirlo e speronarlo a tutta velocità.
Il film è tutto qui e lo si può interpretare come si vuole: la lotta dell’uomo contro la macchina (dato che l’autista del camion non si vede mai), o più semplicemente e ragionevolmente, senza farsi troppe seghe mentali, l’imprevedibile follia dell’uomo.
Un’idea quasi banale, dicevamo.
Che messa in mano ad un regista ispirato diventa qualcosa di memorabile, diventa un cult.
Spielberg aveva soltanto 24 anni quando girò questo suo primo lungometraggio, nato come film per la tv e solo dieci anni dopo proiettato nei cinema.
Eppure si vede benissimo che aveva le idee fin troppo chiare su come si usa in modo efficace la macchina da presa.
I primi minuti introduttivi, con la mdp a livello stradale, le scene dell’inseguimento, l’epilogo da giostra medievale.
Duel è l’imperdibile opera prima di un grandissimo di Hollywood.

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