Recensione su Boyhood

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We can whisper things, secrets from our American dreams. / 31 Ottobre 2014 in Boyhood

Boyhood è un film che non è solo un film, ma una vera e propria esperienza.

Mi siedo sulla poltrona del cinema e incontro un bambino di sei anni di nome Mason, sua sorella ed i suoi genitori. È la classica famiglia americana che fa cose da famiglia americana, come andare alle partite di baseball e piantare cartelli con scritto “Vote Obama” nei giardini del quartiere. Il film procede, il tempo passa. E passa per davvero, lasciando i suoi segni sui protagonisti senza bisogno di trucco o effetti speciali. I personaggi (e gli attori che li interpretano) crescono, maturano, invecchiano, fanno esperienze, sbagliano, ricominciano da zero, soffrono, gioiscono, ed io vedo la loro vita scorrermi davanti agli occhi, ne divento partecipe, soffro e gioisco con loro. Mi immedesimo nelle loro esperienze, e non solo perché bene o male sono esperienze che tutti noi facciamo durante la crescita, ma anche per la sincerità e delicatezza con cui sono narrate, grazie ad una particolare attenzione per i momenti di vita quotidiana che non annoia né scade nel didascalico. Mi alzo dalla poltrona del cinema quasi tre ore dopo e sono stupita dal fatto che sia passato così poco tempo, perché in quelle tre ore sono condensati ben dodici anni di vita e di storia. Il bambino di prima è ormai adulto, io stessa l’ho visto crescere, e quasi mi rattrista non sapere che ne sarà di lui dopo i titoli di coda. Un po’ come quando termini un bel libro e “vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira” (Holden Caulfield docet). In sintesi, Boyhood è un esperimento a mio parere perfettamente riuscito, nonché una delle pellicole di finzione più vicine ad uno spaccato di vita vissuta che io abbia visto finora. Ho apprezzato molto anche la capacità di Linklater di mostrare, attraverso la storia di una singola famiglia, l’evoluzione dell’intera società americana nell’ultima decade.
Menzione speciale per la bravura degli attori protagonisti e per la splendida e ricca colonna sonora che spazia da Bob Dylan agli Arcade Fire. “Hero” dei Family of the Year sul finale, poi, è talmente azzeccata che sfido chiunque a trattenere la lacrimuccia di commozione.

Boyhood è un’esperienza che vi consiglio di fare.

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