Recensione su I colori della passione

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16 Dicembre 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Oh my god! Un film assolutamente… impossibile da spiegare. Sul serio. Cioè che finisce e… boh. Perché non è proprio lineare. É più una serie di personaggi e pennellate ed eventi e scene di vita quotidiane giustapposte su di uno sfondo comune. Insomma, hai capito, boh no?
L’intenzione del regista è quella di dipingere un film. Anzi no, di filmare un quadro. Beh, da quelle parti. Il punto di partenza è il quadro dal titolo La salita al calvario, di Brueghel il vecchio. Allora, come dire. Tutto questo, nel film, c’è. Non dico che saprei raccontarvi la storia di ogni personaggio. Però cazzo, quasi. Nel film c’è Brueghel che sta preparandosi a dipingere il suo quadro, e dispone tutti i personaggi nella scena iniziale in una sorta di posa. E poi lui continua i preparativi, ma intanto le storie di tutti scorrono sullo schermo, ed è una seconda passione di un Cristo fiammingo, perché quella era una passione nelle Fiandre con gli spagnoli che davano la caccia agli eretici riformisti. Per cui ci sarà un Cristo in croce, una Madonna (che è Charlotte Gainsbourg), Brueghel spiega gli equilibri e le prospettive su cui si basa il quadro, i soldati spagnoli appendono la gente in giro, più altre mille e una scene di vita quotidiana nelle Fiandre del 1500. E il mulino, possenti numi, quel mulino sull’alto della rupe, dovreste vedere quanta potenza ha e quanto in alto si trova, perché nel quadro il mulino sta dove di solito è posto Dio. Ed è wow, è quello che produce il pane, è il principio di vita. Non so, avete capito? Perché io serio, l’ho trovata una cine-esperienza grandiosa ma piuttosto improbabile da raccontare. Lentissimo eh, sia chiaro, ma tutte queste cose le immagini lo spiegano, le parole mica tanto.

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